Roma, Teatro Argentina, fino al 27 gennaio 2013
“Tutto per bene”. Il titolo si addice all’interpretazione di Gabriele Lavia, che a un anno di distanza ha riproposto al teatro Argentina l’opera di Pirandello, di cui ha firmato la regia. Tutto più che bene, verrebbe da dire; il suo Martino Lori fa partecipare alle vicende che lo riguardano e versare pure qualche lacrima, eppure non si tratta di un’opera ‘pesante’, come a volte vengono definite dal pubblico quelle messe in scena da Lavia. Una considerazione sbagliata, che non rende giustizia alla bravura e alla professionalità di un regista e attore teatrale, cinematografico e televisivo, che le ha acquisite e costruite attraverso un’opera di cesello che dura da anni e che sfocia in un’interpretazione magistrale, questa come tante altre. E’ perfettamente credibile, Lavia, nei panni di Martino, il modesto funzionario che ha costruito la sua vita su una serie di illusioni e il cui triste, amaro risveglio viene fatto ad opera di una figlia. Generata da lui nella realtà, creduta sua discendente nella finzione, perché Palma-Lucia Lavia è figlia di Gabriele e di Monica Guerritore e in “Tutto per bene” è invece figlia della moglie del protagonista, Silvia, e del capo di lui, il senatore Manfroni, uomo politico potente che tanto si è prodigato per la famiglia del suo timido sottoposto. Ogni dettaglio acquista allora un senso, per Martino Lori, e i tasselli tornano al proprio posto.
La scoperta che più fa soffrire il protagonista, al di là del tradimento della donna amata – cui ha dedicato tutto il tempo e l’amore, perfino dopo la morte – è il fatto che Palma, la figlia pensata tale, lo abbia creduto per anni consapevole della situazione e tanto vigliacco da tacere, per non perdere prerogative e benefici.
Alla fine tutto si aggiusta, tutto torna a posto, in un gioco in cui le carte si mescolano, dove l’essere e l’apparire si confondono, secondo un tema caro a Pirandello. Belle le scenografie, interessante la trovata registica di tipo cinematografico, che vede di tanto in tanto i personaggi camminare a ritroso lentamente, quasi al ralenti. In certi momenti il tempo sembra effettivamente rallentare la sua corsa e il pubblico viene invitato in tal modo ad approfittarne, per riflettere su sensazioni e accadimenti.
recensione di Daniela Delli Noci