Feb 142016
 

DSC_0040La sua biografia la definisce “Cantattrice veneziana, presente sulla scena teatrale, televisiva e musicale con performance dalla particolare personalità. Spesso è ironica, a volte autenticamente passionale”. Ed è proprio la passione, unita alla forza del suo carattere e alla sua grande sensibilità, che mi ha sempre colpito di Rossella. Una passione che la spinge a lottare per i diritti degli animali e a raccontare le storie degli ultimi, in un’epoca che insiste nel premiare e ricercare i cosiddetti “vincenti” solo per consumarli ferocemente nello spazio dei Warholiani quindici minuti.

Rossella, è sempre un piacere incontrarti: ho assistito recentemente allo spettacolo “Cara Milly”, lo scorso 6 dicembre presso l’Auditorium G. Pierluigi di Palestrina e, come sai, l’ho apprezzato molto.

Penso che si possa inserire senza dubbio nella migliore tradizione del Teatro-canzone, forma espressiva resa celebre da Giorgio Gaber – ma che se vogliamo trova le sue radici negli spettacoli di Brecht e Weill, pièces che contenevano canzoni stupende pur affrontando temi molto importanti e forti dal punto di vista sociale.

Partiamo quindi proprio da qui: puoi raccontarci come sei arrivata a creare questo spettacolo così coinvolgente e intenso?

Come racconto nella parte iniziale, il mio incontro con Milly, o meglio, con un suo 33 giri, avvenne tantissimi anni fa, in uno dei luoghi più inquietanti forse della periferia di Roma: Corviale, il cosiddetto “Serpentone”, un’unica grigia palazzina di cemento lunga un chilometro.

Proprio in uno di quegli appartamenti, senza quasi aria da respirare, abitava un collezionista di vinili al quale ero stata indirizzata.

Lo fece suonare da un giradischi quel 33 giri, e la voce di Milly, la sua presenza, in quello scandalo edilizio, arrivò quasi come un riscatto, un dono.

Incuriosita, cominciai a fare delle ricerche e quel che ne uscì fu una donna dalla grande personalità, moderna, emancipata, coraggiosa, versatile… me ne innamorai e decisi da subito di portarla in scena.

Ho scartato molto materiale prima di arrivare al testo di Giuseppe De Grassi: non volevo infatti una semplice biografia dell’artista. Piuttosto cercavo un pretesto per affrontare tematiche ancora, ahimé, molto attuali, come il maschilismo, l’abbandono, l’odio che genera le guerre.

La mia intenzione era quella di restituire dignità non solo alla figura femminile, così mortificata – in questi ultimi anni più che mai – ma all’essere umano in generale. Milly, la sua storia, ciò che era e cantava mi corrispondevano.

Lo spettacolo è nato così, come autoproduzione, grazie anche al prezioso contributo del pianista Giuliano Valori che ha dato moltissimo a questo progetto e che purtroppo è scomparso nell’estate 2014.

 

Carla Mignone, in arte Milly, è un personaggio molto interessante nella storia dello spettacolo italiano, eppure non viene ricordata molto spesso: potrebbe cambiare qualcosa con l’uscita di un libro su di lei, “Milly – la vita e la carriera di Carla Mignone” scritto da Giovanna Castellano ed Eduardo Paola per la Albatros edizioni.

Secondo te qual è la ragione di questa “memoria difettosa” nei suoi confronti?

foto fabioNon ne ho idea: mi sono spesso chiesta come mai. Nulla è stato semplice con lei, a volte ho avuto l’impressione che “volesse” essere dimenticata… o forse, più semplicemente, è stata punita per essere schiva e poco incline agli scandali, all’apparire, badando più alla sostanza.

 

Quali sono i punti in comune tra Rossella e Milly e quali invece le differenze?

 

Punti in comune direi parecchi, a cominciare dall’abbandono del padre, quella ferita che non si risana mai, poi il fatto di non avere un “protettore”, di andare avanti contando solo sulle proprie forze.

La differenza? Probabilmente lei era più determinata e ha avuto la fortuna di vivere in un periodo in cui era più facile imparare.

 

Non è un momento molto facile in Italia per chi fa teatro – e non parliamo solo degli attori e delle compagnie ma anche di chi cerca di gestire spazi teatrali indipendenti. Anche per i musicisti individuare nuovi spazi, possibilmente slegati dalle logiche del puro mercato, è sempre molto difficile. Secondo te si riuscirà prima o poi a creare un circuito realmente alternativo?

 

Me lo auguro!… E’ dura, sì, se non sei in quella maledetta scatola che è la televisione: portare la gente nei teatri è sempre più difficile. Ma la battaglia inizia ancor prima, con i produttori, i distributori, gli impresari: loro sono il vero nemico da combattere: non rischiano, non osano…

 

Sappiamo che hai anche lavorato sul repertorio del grande cantautore livornese Piero Ciampi: vuoi parlarci di questa esperienza?

 

Tutto nacque per caso.

Il regista Alovisi mi chiese di interpretare una delle donne di Piero Ciampi nel film da lui scritto e diretto: “Adius, Piero Ciampi ed altre storie”.

Mario Castelnuovo, con cui stavo lavorando in quel periodo, mi consigliò, essendo io una cantattrice, di mantenere quel ruolo anche nel film in questione. Lo proposi dunque ad Alovisi e nacque così quella versione recitata/cantata de “L’amore è tutto qui”, diretta dal Maestro Lilli Greco che nel film mi accompagna al piano.

Da lì, la collaborazione con Gianni Marchetti, e l’EP “E il tempo se ne va”, da lui arrangiato e suonato dall’Orchestra di Roma, che contiene tre editi e l’inedito “E il tempo se ne va”, per il quale mi assegnarono il Premio Ciampi Speciale 2008, assieme a Nada e Capossela.

Non ho avuto la fortuna di conoscerlo, Piero, se non attraverso i racconti dei suoi amici, che son diventati strada facendo i miei: Pavone, Marchetti, Micci…

Mi ricorda molto quel padre che non ho avuto. Ironizzando, sostengo che in fondo è la figura maschile più presente nella mia vita: amico, fratello, padre, amante, figlio, chissà…

Pino Pavone dice che gli sarei piaciuta molto. E io ne sono lusingata, ovvio.

 

Sei molto attiva sul fronte dell’impegno sociale, in particolar modo per quanto riguarda la difesa dei diritti degli animali. Vuoi raccontarci della tua canzone dedicata agli Orsi della Luna e delle altre attività che porti avanti in questo senso?

 

La canzone Luna su di me di Fiorucci – Germini mette a conoscenza della tragica sorte che tocca agli orsi asiatici, chiamati “Orsi della Luna” per via della macchia bianca a forma di luna che hanno disegnata sul petto: vengono catturati e costretti per la durata della loro vita in piccolissime gabbie, che a malapena riescono a contenerli, con lo scopo di utilizzare la loro bile, che è considerata elemento prezioso nella medicina tradizionale orientale. Vengono “munti” più volte al giorno attraverso cateteri spesso arrugginiti, conficcati nella loro cistifellea. Il dolore che subiscono è così tremendo da spingerli a tentare addirittura il suicidio. Per impedirglielo vengono loro segati i denti e strappati gli artigli, lasciando a questi poveri esseri solo la possibilità di impazzire. Non potevo certo rimanere indifferente, così come non può lasciarmi indifferente l’orrore che mi circonda, quello degli allevamenti intensivi, per esempio.

Siamo l’unica specie che distrugge l’ambiente in cui vive, che uccide per piacere, che tortura esseri viventi per lucro. A questo proposito, c’è in giro un breve cartone animato straordinario, Man, di Steve Cutts, che sottolinea l’imbecillità dell’uomo. Vi consiglio senz’altro di vederlo.

Come non capire che siamo un unico fiato? Che dovremmo portare rispetto alla nostra Madre Terra?

Io faccio quel che posso, come posso.

Ora ad esempio sto lavorando ad un altro progetto che prenderà ancora una volta la difesa dei più fragili, di chi non ha voce: gli outsider, quelli che siedono dalla parte sbagliata, quella del cuore.

Mi capita a volte di incontrare giovani artiste all’inizio della loro carriera e mi fa sempre molto piacere incoraggiarle: allo stesso tempo, però, sono consapevole delle difficoltà che, specialmente in questo paese, una giovane donna deve affrontare nel campo della musica e dell’arte in generale. A te capita che giovani attrici o musiciste ti chiedano consigli? Quali sono i suggerimenti che daresti?

 

Prendetemi come esempio e fate esattamente il contrario! (Ride) Ironia a parte, ciò che manca sono i contenuti. Il consiglio migliore che possa dare è quello di leggere, informarsi, ribellarsi al sistema.

 

 

Come lavori su un testo teatrale? Ti piace essere autrice o ti senti più interprete?

 

foto 7L’idea parte quasi sempre da me: dico agli autori quali argomenti vorrei affrontare e mi affido a loro.

 

Se potessi chiedere a un autore contemporaneo di scrivere una canzone per te, a chi ti rivolgeresti?

 

Stanno scrivendo per me Passante e Germini e poi c’è il progetto con Giovanni Nuti che sta prendendo forma… Non potrei chiedere di meglio!

 

Veniamo al futuro prossimo. Sappiamo che “Cara Milly” tornerà presto sul palcoscenico: puoi dirci qualcosa sulle prossime date e sui tuoi progetti per il 2016?

 

Il calendario si sta via via definendo. i nuovi progetti sono quelli di cui ti parlavo prima, sempre di teatro canzone, o prosa cantata, con Germini e Passante sugli outsider e con Nuti sui… gatti! C’è davvero molto da imparare dagli animali.

 

Non possiamo che essere d’accordo e congratularci con te per tutto quello che fai. Ti facciamo un grande “in bocca al lupo” (al quale risponderai sicuramente “Viva il lupo”!) e rimandiamo i lettori alle tue prossime date in teatro e sui palchi di tutta Italia.

per maggiori info, ecco la pagina facebook di Rossella Seno

Intervista di Ludovica Valori

 

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