Roma, Teatro Vittoria, 22 ottobre 2013
Il palco del Teatro Vittoria di Roma assomiglia ad una cantina dove si stipano varie cose alla rinfusa per decenni. Aspettando che la prima dell’ultimo spettacolo di Paolo Rossi “L’amore è un cane blu” abbia inizio, gli spettatori possono già ammirare i musicisti del gruppo “I virtuosi del Carso” compiere alcuni atti preparatori: chi si lava i piedi, chi fa un po’ di yoga, chi stende i panni sugli strumenti.
Già da questo inizio si può intuire l’atmosfera caciarona che regnerà nell’ennesimo lavoro di questo artista che solitamente divide la gente: c’è chi lo ama e chi non lo apprezza per niente.
Peccato per questi ultimi perchè “L’amore è un cane blu” con il suo sottotitolo “la conquista dell’Est” è veramente un bello spettacolo, ricco di parole, di musica, di storie divertenti (le storiellette come le chiama lui), di comicità e di spunti di riflessione.
Di fatto è una tessitura narrativa un po’ strampalata che però crea le situazioni adatte per permettere a Paolo Rossi di affabulare il pubblico. La scusa è la preparazione di un film con ambientazione western e ciò che dal palco si racconta sono di fatto degli appunti per la sua stesura. Si parla d’amore e di politica, si omaggia una terra (quella natia dell’attore, il Carso) la cui gente sembra avere il gusto del raccontare storie, si ascolta la musica scritta appositamente dall’ottimo Emanuele dell’Aquila , si ride e se si vuole si riflette anche.
Paolo Rossi è molto bravo, il suo grande amore per la commedia dell’arte si manifesta soprattutto nella mimica corporea, e lo strano titolo del suo lavoro risale appunto a una leggenda carsica che vuole che quando nella vita si incontra un cane blu, in quell’istante e solo in quello, si può vivere l’esperienza di un salto spazio-temporale.
Bravi i ragazzi della band che oltre a saper suonare e cantare hanno anche una notevole presenza scenica che fa da contorno alla performance istrionica di Paolo Rossi. Simpatica anche la trovata di stare in scena in pausa durante l’intervallo, improvvisando un finto casting per il film o preparandosi veramente qualcosa da mangiare.
Spettacolo scanzonato ma, come sempre quando si tratta di questo artista, spettacolo anche di grande professionalità. Paolo Rossi è un guitto nel senso più puro e nobile del termine, e definirlo erede di un altro grande del teatro italiano, Dario Fo, viene assolutamente spontaneo.
recensione di Claudia Pignocchi