Roma, Teatro Arcobaleno, 23 – 24 – 25 novembre 2012
Merletti, cappelli e piume, abiti rigorosamente bianchi. Cornici in scena, per immortalare l’attimo fuggente. “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello, per la regia di Nicasio Anzelmo, in scena al Teatro Arcobaleno di Roma fino a domenica 25 novembre, ha mostrato ancora una volta la sua modernità, grazie ai temi universali che tratta e ad una messa in scena apprezzabile. I personaggi animano i quadri, che si compongono e scompongono nel moto incalzante delle battute e della freschezza di un classico che non dimostra i suoi cento anni di vita. Buona la recitazione – tra gli interpreti Liliana Randi, Sergio Smorfa, Gioietta Gentile, Roberto Carrubba – ottima la trovata scenografica, enormi cornici che, analogamente a quanto avviene nella vita quotidiana, mettono in evidenza situazioni e sentimenti, debolezze e miserie umane: gelosia, rabbia, ricatto, desiderio di adattare la verità alle proprie esigenze, fino ad arrivare ad una pazzia simulata. In tal modo la protagonista, Beatrice, moglie divorata da una folle gelosia per tradimenti veri o presunti del marito, da carnefice si trasforma in vittima, secondo un copione che, almeno dal punto di vista femminile, è sempre di stretta attualità. Beatrice si sente tradita e vuole punire i traditori, il marito e la moglie fedifraga di Ciampa. Non deve trarre in inganno l’atteggiamento dimesso e servizievole di quest’ultimo, perché la sua rabbia e l’orgoglio ferito lo indurranno a ricattare Beatrice, con il benestare dei parenti di lei, e a costringerla a trasformarsi da persona vendicativa a preda della situazione. La via d’uscita dallo scandalo, infatti, sarà la finzione, su suggerimento ricattatorio di Ciampa; la vittima finale sarà ancora una volta una donna e non a caso, forse, la rappresentazione è terminata nella Giornata internazionale dell’eliminazione della violenza contro le donne, il 25 novembre.
recensione di Daniela Delli Noci
foto di Marco Cecilia