Teatro Vittoria 21 dicembre 2010/ 9 gennaio 2011
Ideato dalla coreografa Giulia Staccioli, fondatrice della compagnia Kataklò, “Love Machines” si ispira al concetto di macchina leonardesca.
L’ultima creazione della coreografa Giulia Staccioli, ex olimpionica di ginnastica artistica, ex danzatrice dei Momix, si chiama “Love Machines” e è andata in scena al Teatro Vittoria in Roma. La compagnia “Kataklò – Athletic Dance Theatre” fondata dalla stessa Staccioli nel 1996, è ormai al suo sesto spettacolo che come gli altri si fonda sulla poetica del movimento atletico al servizio della danza e del teatro. Niente di più naturale considerata la provenienza dell’autrice dal mondo dello sport e il suo aver militato per anni in una delle prime compagnie di danza che ebbero il coraggio di inserire l’idea della performance ginnica all’interno dell’arte tersicorea.
Lo spettacolo ha in sé una vitalità e una freschezza davvero inconsuete per il panorama italiano e supera di gran lunga gli ultimi lavori dei suoi più illustri precursori: i Momix. Gli otto ragazzi in scena, forse a causa della preparazione fisica a cui sono sottoposti, sono molto più riconducibili alla figura dell’atleta che del danzatore. Ciò inteso in senso assolutamente positivo, poiché non hanno quelle movenze affettate e talvolta di maniera dei loro colleghi. Eseguono con grande precisione tutte le evoluzioni delle coreografie e portano in scena il loro corpo, molto giovane, con elegante naturalezza.
“Love Machines” si ispira alle macchine di Leonardo, tant’è che Giulia Staccioli per la sua realizzazione ha collaborato con il Museo leonardesco della Scienza e della Tecnica di Milano. Veramente interessante quello che ne è scaturito, dando vita a sei strutture mobili che a seconda di come vengono unite tra loro, formano spazi e piani obliqui. I corpi dei danzatori vengono così ad acquisire un tipo di movimento che senza l’invenzione della macchina l’uomo non avrebbe avuto la possibilità di conoscere. E così come Leonardo ipotizzava e inventava macchine per volare o per andare negli abissi, i Kataklò con queste attrezzature danzano lungo ripide discese.
Interessantissima questa esplorazione del muoversi in perenne alternanza tra la forza di gravità che fa scivolare verso il basso i corpi degli atleti e la loro abilità muscolare che li riporta repentinamente verso la cima. Più di un’ora di spettacolo in un unico atto che scivola via con gran leggerezza grazie anche alle belle luci progettate da Andrea Mostachetti e all’insolito mix di musiche assemblate dal D.J. Sabba.
Unica pecca dell’intera operazione è la linea narrativa che non si rintraccia facilmente, o meglio si intuisce l’ispirazione al genio di Da Vinci, si vibra con questi corpi in bilico tra l’umano e la macchina, ma tanto simbolismo anche gestuale non riesce ad essere nitido e a passare facilmente dal palco allo spettatore. Ma ciononostante, questo gruppo di artisti con il loro “Love Machines” è veramente efficace e libero da mode, cosa assolutamente apprezzabile.
Recensione di Claudia Pignocchi