Roma, Teatro Brancaccio, 17 e 18 novembre 2015
Metti una sera a teatro con tantissimi amici, metti che lo spettacolo in questione è uno spettacolo di danza e metti che alcuni di questi non abbiano mai visto un balletto. Quante possibilità ci sono che lo spettacolo piaccia a tutta la comitiva?
Poche sicuramente. E invece con l’ultimo lavoro della compagnia BJM (Le ballet Jazz de Montreal) andato in scena il 17 e il 18 novembre al teatro Brancaccio di Roma, il miracolo si è compiuto. Tutti ma proprio tutti hanno apprezzato lo spettacolo ed alcuni erano veramente estasiati soprattutto chi si intendeva parecchio di arte tersicorea.
Tre coreografie per tre coreografi diversi, tra i migliori e più quotati del panorama contemporaneo. Tre stili e modi di concepire la danza distanti che però hanno dato vita ad uno spettacolo perfetto che presenta lavori di altissimo livello.
La prima coreografia – Mono Lisa – firmata dall’israeliano Itzik Galili è la più canonica: un bellissimo pas de deux post moderno dove al posto delle musiche di Chopin o Mozart ci sono suoni graffianti e ingigantiti di macchine da scrivere. Danzato magnificamente da due danzatori della compagnia con tanto di scarpe da punta per quel che riguarda la donna, è giocato sulla tecnica classica-jazz senza risultare minimamente datato.
Per quanto riguarda il secondo pezzo dal titolo Kosmos e coreografato dal greco Andonis Foniadakis, si può dire che sia il più interessante dal punto di vista del movimento. Su musiche originali di Julien Tarride si articola su numerosi quadri diversi in cui si alternano momenti di danza corale, assoli e pas de deux tutti caratterizzati da un ritmo incalzante senza soluzione di continuità, neanche al rallentare della musica. La bravura dei ragazzi della compagnia è assoluta, tutti molto giovani ma tutti già grandi professionisti.
Dopo una piccola pausa ecco il turno della terza coreografia denominata Harry dal forte sapor di teatro danza, dove alcuni artisti si sono anche cimentati in piccoli momenti di recitazione in italiano. Ad opera di Barak Marshall anche qui il lavoro è organizzato in diversi momenti narrativi dove si raccontano i dolori e gli amore dell’uomo in tono scherzoso e a tratti un po’ grottesco. Bellissima la scelta dei brani musicali che spaziano tra gli altri da Taraf Ionel Budisteanu a Balkan Beat Box, o da Goran Bregovic a Maria Callas, il tutto ambientato come suggerivano i bellissimi costumi di Anne Marie Veevaete negli anni anni ’50.
Danza, danza e ancora danza. Uno spettacolo pulito e onesto che senza alcuna gigioneria volta ad affascinare il pubblico, lo cattura e lo esalta unicamente grazie alla grandissima qualità che porta in scena.
recensione di Claudia Pignocchi