Roma, Sala Umberto, 26 ottobre 2009
Che cos’è di destra, cos’è di sinistra? Comincia così, con un omaggio al teatro canzone di Giorgio Gaber il recital dell’incursore citofonico Andrea Rivera, che rivisitando una delle ultime canzoni del compianto artista milanese non risparmia niente e nessuno iniziando così la serie delle sue invettive che per più di due ore e mezza lo vedranno protagonista sul palco della Sala Umberto nel giorno di riposo settimanale del teatro. Imbracciando furiosamente la sua chitarra come Orlando la sua Durlindana, Rivera affonda i suoi attacchi al vetriolo, pescando a piene mani nell’attualità politica più recente (basti pensare ad una versione improvvisata della Guerra di Piero dedicata a Marrazzo), sparando bordate contro Ratzinger ed il suo segretario ‘particolare’ don George, contro la guerra ed i suoi paladini in Italia spesso cogliendo nel segno (La Russa ai funerali dei soldati morti in Afghanistan non sapeva cosa fare al momento di scambiarsi un segno di pace…) talvolta andando un po’ a vuoto nell’esasperato e gratuito utilizzo del linguaggio sboccato che vorrebbe sbalordire ma al massimo fa sorridere.
Questo Lanny Bruce all’amatriciana, questo Rino Gaetano di questi cazzo di anni zero (citando un recente libretto pubblicato da Vasco Brondi, alias Le Luci della centrale elettrica, artista che a detta di Rivera istigherebbe al suicidio) basa il suo show sull’improvvisazione e l’interazione col pubblico, modificando la scaletta a seconda delle reazioni della platea, confermando le sue innate capacità di rilevatore degli umori del popolo col quale sembra saper stabilire una particolare sintonia.
Questo è il grande pregio ma anche il grande limite di Rivera, troppo incline alla battuta greve, che si lascia spesso ingolosire dal tupiloquio di facile presa perdendo di efficacia corrosiva. Un’altra domanda che sorge spontanea è quale futuro potrà avere questo performer dall’indubbio ed innato talento, una volta esaurita questa formula, efficace ma un po’ trita, del menestrello/giullare sempre uguale a se stesso.
La sincerità e l’onestà intellettuale restano comunque intatte ed al momento incorruttibili, le bordate sono sparate senza pietà e senza facile partigianeria, che si tratti di criticare ferocemente Veltroni (graziosa la canzoncina ‘Vorrei apparì come a Paris’) o prendere le difese dei carabinieri morti a Nassirya. Sostenuto dai puntuali contrappunti chitarristici di Matteo D’Incà, lo spettacolo ha il merito di scorrere veloce: si arriva senza fatica e tutto sommato piacevolmente ad un passo dalla mezzanotte con un paio di generosi bis che ci riportano al One man show da Speaker’s corner che ce lo fece conoscere ed apprezzare ormai cinque anni or sono fuori dal teatro delle Vittorie. Per le eventuali repliche, controllate sul sito della sala Umberto, sono probabili altre serate a richiesta, sempre di lunedì.
recensione e foto di Fabrizio
[…] mancherà di sorprendere il pubblico del teatro Vascello: il ‘citofonista’ di Raitre Andrea Rivera incontra il cantautore livornese Bobo Rondelli. Di sicuro ne vedremo e ne sentiremo delle belle, da […]