Roma, Init, 18 Ottobre 2009
L’ingresso dei Current 93 viene preceduto da un inquietante video in cui Robert Englund ci parla dei sogni dal giardino della sua casa in California, attorniato da contorni violacei, sin quando all’improvviso sullo schermo appare il guanto ad artiglio della saga Nightmare: quasi un omaggio al sottotitolo del Festival “Vieni, ti mostrerò dove vanno i sogni quando muoiono”. Subito dopo, a seguito del commosso saluto che Giulio Di Mauro dà al pubblico ed a tutti i musicisti presenti a questo grande happening, arriva David Tibet mentre tutti i membri dei Current 93 sono già ai loro posti; l’eccellente formazione è quella già annunciata: Andrew Liles, Baby Dee, Keith Wood, James Blackshaw e Alex Neilson; la sala è stipata all’inverosimile, piena di fumo e si stenta a respirare.
Tibet si lancia subito in un canto arcano, nervoso, fortemente coinvolgente; egli esprime una forza ed un magnetismo che lasciano letteralmente senza fiato: una performance che doveva durare 45 minuti si trasforma in un concerto di oltre 90 minuti nel quale, anche per affinità tematiche, vengono privilegiati l’ep “Birth Canal Blues” e quasi interamente l’ultimo album “Aleph at the Hallucinatory Mountain”.
L’aspro suono folk industrial e le prodezze pianistiche di Baby Dee rendono la performance di Tibet unica, spasmodica ed appassionante: il pubblico rimane quasi in stato di trance, molti accompagnano i brani muovendo le labbra: sembra di assistere ad una cerimonia, ad un rito sciamanico. La parabola di Alex ed il suo viaggio alla ricerca del suo io interiore vengono narrati con grande drammaticità e senso di pathos, citando spesso la Bibbia, sottolineando ancora una volta, con ambientazioni mistiche, il percorso religioso da tempo intrapreso dal grande vocalist.
Ad un certo punto Tibet piange, sopraffatto dall’emozione, mentre esegue “Not Because The Fox Barks”. Stenta a riprendere il concerto, viene assistito dal chitarrista James Blackshaw che si china su di lui. Come un vero Poeta Romantico assetato di luce riprende il suo canto stralunato ed intenso, la sua predicazione visionaria ed allucinatoria; per il Musicista post Romantico Arte e Vita si intrecciano sino a confondersi. Usciamo dal concerto appagati, consapevoli di aver avuto il privilegio di assistere a qualcosa di simile ad un rito iniziatico misterioso, che eclissa tutti i concerti cui abbiamo assistito nella kermesse dell’Init Club, peraltro molto validi, compiacendoci di avere partecipato ad un vero evento, una delle rare volte in cui Musica e Cultura realizzano un fecondo incontro. Un volume corredato di un video immortalerà, il prossimo anno, le esperienze derivanti da Post Romantic Empire nelle sue varie sessioni tenutesi negli ultimi anni.
Recensione e foto di Dark Rider
[…] del marito condannato a morte- la splendida Cecilia, che su CD ospita il canto inconfondibile di David Tibet- che ci riporta ad atmosfere più vicine al primo album. La volontà di allargare il proprio […]
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[…] album il loro capolavoro: fortemente influenzati dall’Apocalyptic Folk dei Death in June e dei Current 93, ma anche dalle sonorità elettroniche dei Depeche Mode, hanno come punti di riferimento culturali […]