Agorà, regia di Alejandro Amenàbar. Con Rachel Weisz, Max Minghella, Oscar Isaac, Ashraf Barhoum, Michael Lonsdale, Rupert Evans, Homayoun Ershadi, Sami Samir, Richard Durden, Clint Dyer. Durata 127 min. – Spagna. USA 2009
Con ben sei mesi di ritardo esce finalmente in Italia l’atteso, nuovo film di Amenabar. Molteplici voci si erano alzate per la possibile mancata distribuzione della pellicola nella nostra penisola, dovute in gran parte a diverse proteste in ambienti cattolici ortodossi. Per fortuna ciò non è avvenuto e dunque in questi giorni potremo assistere alla proiezione del film del regista spagnolo.
Alessandria d’Egitto V secolo dopo Cristo, lotta di potere tra il Vescovo Cirillo e il prefetto Romano, Oreste. La città è ancora un grande centro culturale e religioso con una grande biblioteca, dove sono archiviati millenni di studi filosofici e scientifici. Ipazia, filosofa ed astronoma, che insegna alla biblioteca ha una grande reputazione presso il popolo ed anche presso gli amministratori della città. Per questo motivo diviene il bersaglio dei cristiani nella lotta con il Prefetto.
Amenabar ci racconta La fine della civiltà (siamo all’ultimo secolo di un Impero Romano in disfacimento), con una ricostruzione storica molto corretta. Ci descrive la fine della tolleranza multietnica e religiosa ma anche la fine della libera filosofia e di tutti quelle dissertazioni che tentavano di dare spiegazione ai meccanismi dell’Universo. Chi spera di trovare nel film l’Amenabar con lo spessore de “Il Mare Dentro” oppure l’incredibile montaggio de “The Others” resterà molto deluso. Il film non ha grandi slanci, corre via abbastanza liscio. Unica scena all’altezza delle capacità del regista spagnolo è quella relativa alla profanazione della biblioteca da parte dei cristiani con pergamene che lentamente volano da tutte le parti. Anche se poi la mediocrità della scena della dichiarazione d’amore in pubblico di un giovane Oreste verso Ipazia riequilibra in negativo le valutazioni sul film. Curiosa ci è apparsa la contrapposizione tra il Vescovo d’Alessandria, Cirillo, presentato in veste nera (il cattivo) e il Vescovo di Cirene, nonché ex allievo di Ipazia, Sinesio, in Veste Bianca (buono, ma non troppo).
La sola forza del film, anche se incredibilmente importante ed affascinante, è proprio la storia di Ipazia, una vera e propria apologia della donna libera. Libera di pensare e di esprimere il proprio pensiero, di studiare e sperimentare, di non credere in Cristo ma neanche in nessun’altra religione, di non “essere sottomessa in silenzio all’uomo” come scritto da Paolo di Tarso nella Prima lettera a Timoteo e come sostengono sia il Vescovo Nero sia il Bianco.
Estremamente importante dunque è stato raccontare la storia di Ipazia, primo agnello sacrificale sull’altare dell’imminente età oscura, che vedrà schiacciare indebitamente sotto il peso del crocefisso ogni donna che liberamente oserà alzare il proprio sguardo oltre i confini stabiliti.
Certo, sarebbe stato di maggior pregio accompagnare tale bellissima storia da un estro registico degno di Amenabar.
Recensione by Magister
[…] pellicola della settimana: 5-11 maggio 2010 Agorà, regia di Alejandro Amenàbar Amenabar ci racconta La fine della civiltà (siamo all’ultimo secolo di un Impero Romano in […]
Penso che il maggior pregio del film sia di riuscire a fondere con successo più tematiche intrecciate intorno alla vita di Ipazia. Affascinante la scelta dell’episodio storico, che permette di centrare l’attenzione su questi grandi cambiamenti e metterli sotto la luce narrativa. Peccato che il film riesca solo ad accarezzarne le problematiche e sia modesto dal punto di vista puramente emotivo, considerando soprattutto l’alta drammaticità degli eventi trattati.