Roma, Auditorium Parco della Musica-Sala Petrassi, 27 gennaio 2009
Come previsto dal titolo dell’evento, la serata con Greg Dulli e Mark Lanegan ha lasciato i fan Gutteriani a becco asciutto con solo tre pezzi a bagnare la loro lingua arsa dai quasi 12 mesi spesi ad aspettare il ritorno dei loro beniamini. Invece nell’accogliente sala Petrassi dell’Auditorium, accompagnati dall’ottimo chitarrista Dave Rosser, i due musicisti si sono prestati a fare da spalla l’uno all’altro vicendevolmente per reinterpretare i loro pezzi composti quando erano ancora singles. Il dramma dei Gutteriani si consuma tutto al principio del concerto, dove viene calato un bel poker sul panno verde del Petrassi: Tre assi da Saturnalia (The Body, God’s Children, The Stations e uno da Adorata (la splendida We have met before), l’ultima fatica dei Twins (ad oggi ancora disponibile soltanto su supporto digitale).
Tutto il concerto è poi un rincorrersi tra pezzi dei Twilight Singers e di Lanegan. Sembra un partita di tennis, due pezzi di Lanegan due di Dulli, uno di Lanegan due di Dulli, due di Lanegan. Ed in chiusura alcune reinterpretazioni di brani dell’America folk-popolare dei tempi andati. La potenza e l’oscurità dei bassi timbri Laneghiani si fanno sentire nei primi pezzi Gutteriani, dove si complementano perfettamente con le tonalità estremamente più alte di Dulli. Purtroppo l’impianto di amplificazione, evidentemente non ottimizzato a dovere dai fonici, non riesce a stare dietro a Lanegan, dissacrando una delle migliori voci rock del terzo millennio distorcendola in maniera indicibile.
A questo punto è una fortuna che il repertorio Gutteriano si esaurisca per dare spazio a un Lanegan meno oscuro che ritrova slanci più baritonali, non offuscati dall’impianto acustico. La scelta dei suoi sei pezzi non mi trova pienamente d’accordo, visto che tralascia del tutto un grande album come Scraps at Midnight per dare spazio al più modesto Field Songs. È pur vero che la meravigliosa interpretazione di Resurrection Song in parte attenua questo piccolo dispiacere. Bisogna dire che le vene intimiste dei brani Laneghiani trovano in questa esibizione una loro quasi naturale collocazione, al contrario dei pezzi targati Twilight Singers, un po’ sviliti dalla performance acustica. Ne fanno le spese brani come lo splendido The Lure Would Prove Too Much che alla fine risulta costretto, quasi mutilato nella sua ampiezza, nonostante la voce appassionata di Greg Dulli lo sostenga fino allo stremo. O come nel caso di The Twilite Kid, in cui le due chitarre suonano piattamente ed eccessivamente all’unisono per quasi tutto il brano, se si esclude una breve variante nel mezzo del pezzo. Una piacevole eccezione è invece King Only, uno di quei classici brani che in live si trasformano uscendo dall’anonimato della versione in studio, per fiorire in un pezzo di grande carattere, plasmato dalla sempre emotiva vocalità di Dulli. Unico pezzo degli Afghan Whigs, peraltro non snaturato dall’esibizione acustica e suonato per concedere forse un po’ di nostaglia in più, è Summer’s Kiss. Un mistero avvolge invece il brano Sunset Machine, che sia una probabile nuova produzione Gutteriana non ancora registrata in studio?
Nel bis i due lasciano poi spazio alla ottima voce di Dave Rosser in Tenessee Waltz, dove durante il brano Dulli fa il buffone, prende in giro Rosser tanto da far ridere anche Lanegan. Il concerto si chiude con un classico di Cole Porter, un magnifico brano che apre alcuni nostri interrogativi. È stato un buon concerto. Dulli in stato di Grazia come al solito e un Lanegan che oltre a non sbagliare mai, stavolta si è lasciato anche quasi andare e per alcuni momenti ha abbandonato la sua proverbiale impassibilità per accennare mezzi sorrisi, comprensivi di inarcamento di sopracciglia. Non si capisce però la scelta dei due artisti nel voler impostare un tour di questo tipo: un po’ di Gutter, un po’ di Lanegan, un po’ di Dulli e quattro cover abbastanza discutibili a chiudere. Non ci si può esimere dal confronto con il precedente tour che i due, con tanto di band al seguito, hanno compiuto meno di un anno fa. Sarà perché ho ancora impressa l’immagine di un Dulli maledetto, sudato, con la sua millesima sigaretta che rischia di cadergli dalla bocca ogni volta che ondeggia o salta. Sarà perché dal buio emerge la voce profonda di un Lanegan statuario. Sarà perché suonano dei brani creati assieme e che quando li suonano dal vivo, li suonano due volte, li vivono. Beh che altro dire? Tutt’altro concerto quello dei Gutter Twins all’Alphues di Roma, che preferiamo all’esibizione palliativa di stasera.
Recensione by Magister
Scaletta (Setilist)
Un dato interessante può riguardare la quasi immutabilità della scaletta (setlist) delle altre esibizioni tenute nei vari paesi d’Europa. Da quelle sin’ora pubblicate, si evince che tutte sono iniziate con i 4 brani dei Gutter Twins per poi proseguire al 95% con i brani eseguiti a Roma. Per avere una panoramica di questo tour, a Londra, Ancienne e Galway sono stati suonati gli stessi brani di Roma. A Glasgow solo 18 pezzi con una variante, Hard Time Killing Floor. A Dublino a quanto pare solo 16. Le foto inserite nel nostro articolo si riferiscono all’esibizione dei Gutter Twins all’Alpheus di Roma nel 2008.
The Body GT
God’s Children GT
The Stations GT
We Have Met Before (Adorata) GT
Creeping Coastline of lights (I’ll Take Care of You) ML
Resurrection Song (Field Songs) ML
The Twilite Kid (Twilight as Played by the Twilight Singers) TS
The Lure Would Prove Too Much (A Stitch in Time) TS
Kimiko dream’s house (Field Songs) ML
Summer’s Kiss (Black Love) AW
King Only (Twilight as Played by the Twilight Singers) TS
Sunrise (Whiskey for the Holy Ghost) ML
River Rise (Whiskey for the Holy Ghost) ML
Sunset Machine GT?
I Am in the Heavenly Way (Bukka White)
Candy Cane Crawl (Powder Burns) TS
One hundred days (Bubblegum) ML
Tennessee Waltz Country (Stewart/King)
All I have to Do is Dream (Everly Brothers)
I Get a Kick Out of You (Cole Porter)
[…] quasi per incanto, di immagini di gotici castelli mediovali. Alla voce cupa ed avvolgente di Mark Lanegan dobbiamo la goticheggiante “Roses in the Snow”, da “The Marble Index”, con sottofondo di […]