Ago 132015
 

Buon ascolto e buone vacanze a tutti!!
La redazione di Slowcult.

Susanna Ruffini consiglia:

Bella Ciao – Riccardo Tesi direzione musicale, con Lucilla Galeazzi, Elena Ledda, Ginevra Di Marco, Alessio Lega, Andrea Salvadori, Gigi Biolcati  (Materiali Sonori 2015)

Bella ciao 007Il 2015 è un anno di anniversari, anni tondi e  grandi ricordi e allo scoccare dei suoi 50 anni  viene festeggiato con un disco ed il riallestimento uno dei più grandi ed importanti spettacoli del folk italiano di tutti i tempi:  Bella Ciao, spettacolo di musica folk a cura di Roberto Leydi e Filippo Crivelli.

Era il giugno del 1964 e al Festival dei Due Mondi di Spoleto, festival internazionale di musica, arte, cultura e spettacolo, per la prima volta veniva proposto uno spettacolo di canti popolari di tutt’Italia eseguiti in una forma non commerciale, non cabarettistica o da osteria, ma frutto di studio e ricerca, raccolti sul campo con criteri scientifici o cantati direttamente dalla voce di una ex mondina, Giovanna Daffini. Un’operazione di grande avanguardia all’epoca e non priva di rischi e di  incognite. I protagonisti di quell’avventura erano Giovanna Marini, Giovanna Daffini, Caterina Bueno,  Sandra Mantovani, il Gruppo di Piadena, Fausto Amodei, Michele Straniero, Ivan della Mea, tutti protagonisti anche del Nuovo Canzoniere Italiano, gruppo  in quegli anni molto attivo. Quello fu lo spettacolo che consacrò  Bella Ciao come la canzone più importante della Resistenza,  benché non fosse stata scritta e cantata durante la Resistenza ma subito dopo, ma soprattutto quello spettacolo si ricorderà per un episodio che scatenò infuocate polemiche e grande scandalo: durante l’esecuzione di O Gorizia, tu sei maledetta, canzone di trincea della Grande Guerra, quando furono cantate le parole “Traditori signori ufficiali, voi la guerra l’avete voluta, scannatori di carne venduta e rovina della gioventù” dal pubblico aristocratico, snob e conservatore si levò un coro di proteste indignate con tutti gli ufficiali dell’esercito presenti in sala che abbandonarono rumorosamente la platea. Il risultato però fu che, nonostante le denunce per  vilipendio alle forze armate italiane a Michele Straniero e ai responsabili della manifestazione, le polemiche suscitate e tutto il dibattito culturale politico seguente (erano quasi gli anni ’70, chissà se oggi seguirebbe la stessa riflessione a un episodio analogo….) portarono grande successo e quindi grande fama intorno allo spettacolo, che da allora riscosse una grandissima  attenzione. Da un’intervista a Roberto Leydi: “Ciò che aveva determinato il risentimento del pubblico di Spoleto non era stata Gorizia e gli ufficiali traditori, le parole avevano al massimo funzionato da innesco, era TUTTO lo spettacolo sgradito! TUTTO lo spettacolo non andava bene. Turbava, anche quando erano canzoni d’amore, anche quando si parlava dell’Uva fogarina, era un spettacolo che dava fastidio.

Nel giugno 2014 Riccardo Tesi in collaborazione con Franco Fabbri pensa al riallestimento dello spettacolo alla Camera del Lavoro di Milano cercando di riproporre esattamente la stessa scaletta del famoso spettacolo del 21 giugno 1964 al Festival di Spoleto. Nel corso del 2015 poi grazie ad una riuscita campagna di crowdfunding  lo spettacolo di oggi è diventato anche un disco che è un sommario della canzone popolare italiana di tutti i tempi, almeno per quanto riguarda il repertorio  dei canti di lotta, di lavoro, di sfruttamento e contro la guerra. Chi non conosce (e ogni tanto canticchia, di nascosto) Bella Ciao, Maremma Amara, Cade l’uliva (cioè Amara terra mia, nella più nota versione di Domenico Modugno…..)? Perché come dicono gli stessi protagonisti “da allora la musica popolare è entrata nella case della gente, nelle piazze, è stata suonata e cantata dappertutto”.

Secondo Riccardo Tesi, che ha curato anche la direzione musicale dell’intero progetto, il protagonista di questo genere e di questo disco è soprattutto il canto, le parole cantate, i concetti semplici ma diretti, a volte anche violenti, che irrompono nelle nostre vite  e anche oggi nelle nostre coscienze e per questo lui ha chiamato le tre voci femminili più belle e comunicative oggi presenti nel contesto italiano: Lucilla Galeazzi, Elena Ledda e Ginevra Di Marco. Accanto a loro il moderno menestrello del canto sociale ed anarchico, Alesso Lega, chitarra e voce.

La differenza più sostanziale con le esecuzioni originali degli anni ‘60  la fanno probabilmente i bei  arrangiamenti di Riccardo Tesi e Andrea Salvadori  e la presenza degli  ottimi musicisti come Gigi Biolcati alle percussioni e voce, oltre ai già citati Riccardo Tesi (organetto)  e Andrea Salvadori  (chitarra, tzouras e armonium). Ma è proprio questa la chiave di lettura proposta oggi da questo disco: il folk e la musica popolare in questi anni ha trovato un nuovo modo di essere interpretata e fruita, non si canta più mentre si lavora e non si soffrono più fame e fatica come nel contesto in cui questi canti nacquero e perciò la loro esecuzione deve necessariamente essere diversa da allora, nel rispetto e nel ricordo di com’era la vita di un tempo.  E se questo era vero nel 1964  lo è tanto più oggi che la musica folk  gode di una grande  popolarità in molte sfaccettature, non tutte perfettamente godibili. Scrive Tesi nelle note di copertina “da allora il folk si è evoluto e trasformato, l’approccio interpretativo nei confronti della musica etnica ed i criteri estetici sono cambiati radicalmente e sarebbe stato anacronistico non tenerne conto”.

Ne risulta un disco bello, vivo, moderno e commovente; da portare in vacanza per avere con sé  un piccolo paniere in cui contenere tante canzoni popolari di tutt’Italia, un piccolo compendio per chi non conosce il genere e un inizio per chi vorrebbe proseguire poi ad approfondirlo. Anche perché queste  parole su guerra, emigrazione, sfruttamento  sono quanto mai attuali ancora  oggi!

Lo spettacolo è anche un tour che sta girando tutt’Italia, dopo essere passato anche a Roma il 14 luglio scorso nella rassegna “I concerti nel Parco” a Villa Pamphili.

Andrea Carletti consiglia

Battles – Mirrored (2007, Warp Records)

 

Andrea - BattlesÈ possibile suonare musica sperimentale che non sia noiosa, autoindulgente e dedicata ad un pubblico di pochi addetti ai lavori, ma che al contrario sia colorata, stimolante, nuova e proiettata verso un pubblico vasto ed eterogeneo? Certo che sì, per fortuna, e i Battles, stupefacente incontro newyorkese di musicisti dal passato importante, lo sanno fare molto bene: Dave Konopka (basso/chitarra), Ian Williams (chitarra/tastiere, già negli splendidi Don Caballero), John Stanier (batteria, già nei devastanti Helmet e con i Tomahawk di Mike Patton e Duane Denison) e Tyondai Braxton (chitarra/tastiere/voci, geniale figlio di geniale papà Anthony Braxton) iniziano a suonare insieme nel 2002. Dopo due eccellenti EP l’esordio sulla lunga distanza avviene con questo magnifico “Mirrored”, uscito nel 2007 per Warp Records (sì, proprio la label per eccellenza della musica elettronica, casa di Aphex Twin, LFO e Boards Of Canada).

La formula di base prende le mosse da un math rock di cui Ian Williams aveva già dato ottimi esempi nei Don Caballero, ma il sound grezzo e massiccio di questi ultimi si evolve negli infiniti colori e nei ritmi serrati e leggeri dei Battles: il continuo e fittissimo botta e risposta delle chitarre e delle tastiere che si insinuano le une nelle pause delle altre, gli innumerevoli microloop e campioni e la voce manipolata di Tyondai Braxton sono sostenuti dall’impressionante groove delle partiture John Stanier, sempre ridotte all’osso ma originali, ossessive e trascinanti. L’esempio ovvio da fare è quello del singolo “Atlas”, una marcia incalzante e irresistibile, su cui balla la filastrocca cantata da Tyondai Braxton, ma anche gli svolazzi e le evoluzioni dell’iniziale “Race: In”, la frenesia cantabile di “Tij”, il groove di “Tonto” e le rincorse e le improvvise sterzate ai confini del prog di “Rainbow”.

Una musica futuristica, complessa, intensa, elaborata, ma al tempo stesso catchy e quasi ballabile, suonata in maniera sopraffina e travolgente anche dal vivo, dove mostra ancora di più l’imprescindibile elemento umano, soprattutto nell’incredibile forza propulsiva della batteria di John Stanier.

Dopo “Mirrored” i Battles hanno perso per strada Tyondai Braxton (che ha pubblicato in proprio l’ottimo “Central Market”), e con lui un po’ della geniale follia melodica e sonora dell’album d’esordio, ma hanno comunque proseguito in trio rilasciando l’ottimo “Gloss Drop” nel 2011 (con alla voce ospiti come Gary Numan, Kazu Makino dei Blonde Redhead e Yamantaka Eye dei Boredoms e dei Naked City di John Zorn) e sono in procinto di tornare in pista il prossimo settembre con il terzo album “La Di Da Di”. Visti i precedenti le aspettative non possono che essere alte, e non c’è modo migliore di ingannare l’attesa, e di colorare questa calda estate, recuperando questo spettacolare album d’esordio.

Daniele Borghi consiglia:

Bruce Springsteen with the Sessions Band: Live in Dublin (Columbia records 2007)

live in dublinDi Bruce Springsteen si possono scrivere moltissime cose diverse e lo si può osservare da infiniti punti di vista, forse la sua rilevanza nel panorama  musicale mondiale risiede proprio in questo.

Se ne è scritto talmente tanto che, nel provare a farlo di nuovo, si avverte la sensazione di riscaldare una vecchia minestra dimenticata in frigo o essere alle prese con un “painting by numbers” perché si può star certi che anche l’idea più balzana o l’aspetto più marginale che può venire in mente sono stati già esplorati e approfonditi.

Si possono attraversare quasi quarant’anni di musica, partendo dagli incerti esordi al successo planetario e arrivare alle ultime proposte discografiche a dir poco scipite, ma tra tutto ciò che si può scrivere di Springsteen, la cosa che non si può negare è la sua grandezza di performer, credo che questo non sia riuscito a farlo neppure il più accanito dei suoi detrattori.

In questo doppio cd (triplo per chi acquista la versione con il dvd) che risale al tour delle Seeger session, Springsteen ci offre il meglio di sé. Fortemente sostenuto da un folto gruppo (17 elementi) passa dal ruggito al sussurro, dal tono soave a quello aggressivo con una disinvoltura, una convinzione e una capacità interpretativa che non hanno rivali. E questo se si vuole parlare soltanto della sua voce, se si vuole ampliare il commento ai brani proposti, il discorso si fa molto più ampio. La scelta delle canzoni (sì, sono canzoni, nulla di più e nulla di meno, chiamarle in altro modo sarebbe ipocrita) che vengono eseguite forma una sorta di compendio della musica nordamericana dell’ultimo secolo: tutte le radici della musica targata USA sono rappresentate, rivisitate, riarrangiate e magistralmente suonate.

Gospel, country, bluegrass, spiritual, antica Irlanda, rock degli albori, swing da Big Band, profumi di rag time e impatti sonori da marching band di New Orleans, suonano nitidi e potenti, dando vita ad una sorta di enciclopedia vibrante dai lemmi esaustivi.

Questo concerto è un punto d’arrivo, il magnifico distillato di tutto ciò che la musica d’oltreoceano ha saputo dare al mondo e solo Springsteen poteva avere il coraggio, la capacità di sintesi, la competenza e l’autorevolezza artistica per portare a termine un compito così arduo senza rimanere schiacciato dalla storia ma, al contrario, riuscendo a far rifulgere questo materiale sonoro come in una nuova folgorante creazione.

Questo cd-concerto è fortemente sconsigliato a chi ama suoni sintetici e speculazioncine intellettual-filologiche-mercantili, è un’opera (per dirla alla Gramsci) fortemente nazional-popolare, ovviamente nell’accezione più nobile. Una vastissima, sterminata cultura musicale è racchiusa in un concerto: chiedere di più ad un artista sarebbe immorale

Fabrizio Fontanelli consiglia:

Damien Rice:  My Favourite Faded Fantasy (Damien Rice Music 2014)

FullSizeRender Non è un disco prettamente estivo, ma è nella miglior tradizione di Damien un disco fuori dal tempo, fuori dal mondo, un ennesima riprova di altissimo songwriting.  8 brani, 8 affreschi, 8 ragioni per non lasciare andare fuori dal vostro lettore questo prezioso dischetto.

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