Piers Faccini, I Dreamed An Island (2016 Beating Drum/Ponderosa Music & Art, distribuzione Master Music)
Sin dal 2009 Slowcult segue con attenzione la carriera di Piers Faccini, e l’interesse viene nuovamente ripagato con quest’album, di certo tra i migliori della produzione del cantautore italo-anglo-francese, uscito lo scorso autunno. Il passo in avanti si deve all’aggiunta di atmosfere mediorentiali al meltin’ pot a cui ci aveva abituato, con una miscela ben calibrata di Americana, blues Africano alla Tinariwen e songwriting di originali folk ballads. Oggi aggiunge la tradizione provenzale (Oiseau) e canti ispirati al folklore del sud Italia (Anima), con insistiti passaggi per il vicino oriente (Judith, Beloved). Dieci brani, piccole perle di uno scrigno che sa di spezie, the, sabbia e salsedine. Un chiaro invito allo scambio di culture, all’apertura ed alla tolleranza. Concetti basilari che oggi appaiono di difficile condivisione. Manifesto di questo intento è la convincente Bring Down The Wall, trascinante blues in varie lingue che si alternano tra strofa e ritornello. Arrangiamenti ben calibrati, essenziali ma ricchi di suggestioni. Su tutto, una voce lieve ma intensa, che nei suoi pasaggi più delicati ricorda il grande Antony. Colori caldi, intensi, atmosfere avvolgenti che non manchemo di riapprezzare dal vivo nell’imminente tour italiano (22 febbraio Firenze, poi 23 Roma, 25 Leguzzano per finire a Milano il 26).
recensione di Fabrizio Forno