Roma, Villa Ada, 15 Luglio 2010
Yann chi? Dai, Tiersen, il compositore delle musiche de “Il favoloso mondo di Amèlie”. Aaaah, ecco, proprio lui. Bene, perché no, allora andiamolo a sentire. Villa Ada, Roma, 15 di luglio. Devono averlo pensato in molti, probabilmente in troppi: clamoroso sold out e lunghe code di gente che ancora sperava di rimediare un biglietto al botteghino. Ma lì “quello d’Ameliè” non c’era. In cinque sul palco, a suonare qualcosa di lontanissimo da fisarmoniche e pianoforte, qualcosa di diametralmente opposto ai valzer nostalgici, infinitamente romantici, messi in conto per la serata. Lontanissimo dall’immaginario collettivo di atmosfere parigine, Montmartre, fiori profumati e nanetti da giardino. C’era invece, con sorpresa dei più, dilagante sperimentazione, chitarre elettriche e campionatori, luci soffuse, bassissime, su un fondo insistente di batteria, quella di Dave Collingwood. Elettronica e violino, un accostamento inusuale quanto coinvolgente ed ipnotico. Un theremin, a farla da padrone, e una clavietta. Steph Bouvier diviso tra basso e clarinetto. Lionel Laquerrière ai tasti bianconeri e al sintetizzatore e Robin Alexander, chitarra e cori. Tutto in chiave talmente visionaria da lasciare a tratti stupefatti. Yann Tiersen, polistrumentista a sfidare convenzioni, si spinge un poco oltre e si scrolla di dosso -una volta per tutte- l’etichetta di compositore di colonne sonore. Quello sì, ma non solo. Quello, è vero, ma ben altro anche. Si sfila così di dosso le vesti di ricercato pianista parigino e si mette a nudo, come nude e minimaliste si fanno le sue composizioni. Dal 1995, anno di pubblicazione del primo album (La Valse Des Monstres, EMI) ne ha fatta di strada, disseminando lungo il cammino una decina di lavori, sino ad arrivare all’ultima fatica, Dust Lane, la cui uscita è prevista per il prossimo ottobre 2010. Fuori dai canoni, fuori dalle righe, dunque, per rimettersi in gioco in chiave nuova, come dire, in vesti alternative, come la musica che adesso ci propone: alternative rock, piuttosto che electro sperimentale, fate vobis. Certo non rappresenta, questa, una sovversione assoluta nel genere dell’artista, non una novità, quanto una diversione; basti pensare alla più datata collaborazione con Shannon Wright, (Yann Tiersen & Shannon Wright, Ici D'ailleurs, 2005) per ritrovare la stessa tensione, laceranti sonorità elettriche, di corde stridenti e tastiere, sino a stordire. Così adesso tra violino, batteria e moog, Yann Tiersen porta in giro per il mondo questo suo pathos elettrificato, essenziale e scarno. ‘Palestine’ è il singolo che –testa d’ariete- sfonda (o almeno ci prova) le alte e salde mura d’aspettative, tirate su con cemento armato e cura. Un brano, questo, reinterpretato poi da altri artisti della stessa Ici d’Ailleurs, del calibro di Matt Elliott, Chapelier Fou e Deadverse, in un EP di quattro tracce. Un pezzo dal testo poco profondo, è vero (lo spelling della parola ‘Palestina’ si ripropone per tutto il tempo, that’s all), inversamente proporzionale però alla profondità di quel che rappresenta: una testimonianza, un cenno di presenza in nome di un Occidente troppo spesso distratto e disattento. Da solo, a Gaza, Tiersen si è esibito in vesti di padrino ad un festival del cinema palestinese, come ad un appello a rispondere ‘presente’. S’aspetta adesso l’album intero, come una scommessa, come un premio da regalarsi, in fundo. E la band intanto va, senza sosta, da un continente all’altro, mentre la gente continua a domandarsi: Yann chi? Dai, Tiersen, quello dai violini visionari.. altro che Amèlie.
Recensione e foto di
Rosa Paolicelli
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