Soloshow, Roma, Teatro Sistina 6 Aprile 2009
Venghino si’ori venghinooo. Il circo Capossela è giunto in città. Accorrete gente, accorrete numerosi. Non spinga, su. E lei non faccia troppa confusione. Da bravi, mettetevi seduti, si spengano le luci, prego, lo spettacolo sta per iniziare.
E mentre un clown sui trampoli attraversa la platea, i bislacchi personaggi di questo buffo circo si dispongono sul palco e il signor Capossela s’appresta a dare inizio al suo strabiliante SoloShow. Non ci si lasci però trarre in inganno, chè Vinicio non è solo, affatto, affiancato anzi da uomini lupo e bambini prodigio, soldatini di piombo travestiti da trombettisti, acrobati mascherati da batteristi, circondato da strumenti dell’assurdo.
E così alle prime scoppiettanti note ecco che, tra la folla che popola la sala, quasi pare di poter scorgere anche loro: ‘Il Gigante e il Mago’ e come d’incanto si viene catapultati in un mondo di colori, una ‘sfera di meraviglia.. pieni di magia, magia magia’. Poi le luci si attenuano un poco e la briosa atmosfera da circo si fa più malinconica quando protagonista è il pianoforte a coda. ‘Qualcuno mi protegga da quello che desidero o almeno mi liberi da quello che vorrei’, melodia in apparenza spensierata che ti ritrovi a fischiettare non volendo ‘In Clandestinità’; ma un sorriso ingenuo diventa smorfia di dolore quando ci si sofferma poi sulle parole. Per empatia, forse, una certa sofferenza permane mentre una delicata e struggente ‘Parla Piano’ scivola via tra gli sguardi attenti e commossi del pubblico. Così presto ci si accorge che il primo atto di questo spettacolo prevede l’esecuzione, nell’ordine, di tutti i brani dell’ultimo lavoro ‘Da solo’ (Warner, 2008), come conferma la successiva esilarante ‘Una Giornata Perfetta’. Un riproduzione fedele dell’album, insomma, ma con tanto di impagabile coreografia: pannelli da circo d’altri tempi e sapienti giochi di luci sul palco del Sistina, trasformatosi per l’occasione in uno straordinario luna park. In un crescendo di tensione, brano dopo brano, si dipana il filo di tanta aggrovigliata emozione. ‘A volte non vedo nel cielo che nuvole gonfie e mistero’, in chiusura di questo primo atto ‘Non c’è disaccordo nel cielo’, con tanto di organo hammond da chiesa ed un salvifico raggio di luce ad illuminarlo dall’alto. Vinicio domatore di leoni, o solo domatore di se stesso. Chè i leoni in fondo ce li portiamo dentro, belve feroci la menzogna, avidità, paura, solitudine, passione. Fiere da domare: fieri di domarle. O almeno di provarci, perché quasi mai i risultati sono quelli sperati. Questo Vinicio, dal cuore gonfio e maltrattato e gli occhi un poco lucidi, ringrazia e scompare oltre il sipario.
Tra lanci di coltelli e palloncini trascorrono i quindici minuti d’intervallo che dividono la prima dalla seconda parte dello show, in compagnia del mago Cristopher Wonder e della Elastic Lady Jessica Love. Un profumo di pop corn si diffonde intanto nell’aria. Tanto vociare, larghi sorrisi; è quasi impossibile non tornare bambini.
Ciascuno ai propri posti, lo spettacolo riprende. E torna sul palco l’altro Vinicio, quello energico e frizzante, quello folle e scatenato, a cui il primo –più introspettivo e riflessivo- ha ceduto la corona, o –meglio- il cilindro. Vinicio re di Roma, per una notte re incendiario ed invasato. Tanta incontenibile energia è però presto racchiusa in una gabbia: quattro pareti di sbarre imprigionano l’artista e l’effetto scenico è notevole. Certo serve ben altro a frenare l’impeto di sì tanto genio. ‘Maraja’ ‘Canzoni a manovella’ ‘L’uomo vivo’ ‘Brucia Troia’ sono solo alcuni dei pezzi sui quali si perde il controllo e ci si lascia andare al Caos. Come in una sala degli specchi, lo stesso Vinicio fatica a starsi dietro, rincorrere affannato i tasti sul pianoforte in un delirio di theramin ed ottoni. Frenesia è la parola chiave di questo grandioso secondo atto che trova pace solo alla fine, quando tutto piano si rallenta sino a fermarsi, cristallizzarsi in una dimensione senza spazio e senza tempo: ‘Ho sassi nelle scarpe e polvere sul cuore/freddo nel sole e non bastan le parole’. E con un’intensa quanto commuovente esortazione ad abbracciarsi si conclude la splendida ‘Ovunque proteggi’. Si avvia alla conclusione questo sorprendente Soloshow proprio così com’era cominciato: ‘I tamburi stanno zitti e la grancassa tace.. chiudi gli occhi e ti ritrovi col gigante e il mago’. E il cerchio –o il circo- si chiude. Nell’intimo provati, spossati dalle emozioni, si riemerge al mondo, vomitati bruscamente in una via del centro e la magia del luna park, i coriandoli, i palloncini colorati non restano che un incantevole vivido sogno.
Recensione e foto by Rosa Rosae