Roma, Auditorium Parco della Musica, Sala Santa Cecilia, 30 settembre 2009
Un amplesso di oltre due ore, ecco cos’è un concerto di Myra Ellen Amos, Tori per il pubblico. Si insinua sul palco, elegantissima e minuta dea dell’amore, sensuale prostituta delle sette note. Il tempo di raggiungere la classica posizione a centro palco tra pianoforte classico ed elettrico e si rivolge a gambe aperte ed ammiccante alla platea, numerosa ed entusiasta. Difficile rimanere indifferenti a questa donna che per ventuno canzoni non si concederà praticamente alcuna pausa se non per raccontare della figlia Natashya e del suo amore per la Capitale. Voce eterea, talvolta troppo caricata da riverberi ridondanti, tocco sul pianoforte sensazionale, due valide spalle (Matt Chamberlain batteria, una furia e Jon Evans basso, contrabbasso e chitarre) che aggiungono pepe bilanciando la dolcezza della protagonista e l’equilibrio è perfetto Paladina delle donne, dei loro diritti e, soprattutto, delle loro sofferenze fisiche e morali che descrive in storie durissime ma nella loro durezza commoventi e dolcissime, la perdizione di Cornflake Girl, i contrasti religiosi di Crucify, l’isteria di Hotel, l’aborto subito personalmente di Spark, le contraddizioni e le suppliche di Playboy Mommy, l’intimismo voce e piano dell’intermezzo voce e piano di Gold Dust e Cool on Your Island, la storia d’amore di Pretty Good Year (per chi scrive il momento più alto della serata) e poi sempre più a salire, fino a sfociare in un finale quasi punk con il classico Precious Thing e l’estenuante Strong Black Vine che hanno fatto molto ricordare un altro che vive di pane e pianoforte e che è passato all’Auditorium (quasi) recentemente, Joe Jackson. .
Il tempo di una rapida fuga dal palco, con tacco almeno 15 decisamente poco agevole da gestire, ed i bis concludono un signor concerto. Che altro aggiungere? Sicuramente meglio un concerto in questa versione (e sede) piuttosto dell’esibizione interamente piano-solo di qualche anno fa a Capannelle che risultò troppo pesante da digerire. Decisamente migliore anche la scelta della scaletta, con il suo splendido alternarsi tra passato e presente. Ottima scelta dei musicisti accompagnatori anche se credo che con un chitarrista fisso in più sarebbe potuto essere uno spettacolo ancora più variegato e completo.
Adesso l’attesa è per il disco di canzoni natalizie che ha annunciato licenzierà entro novembre. Magari troveremo qualche altra sorpresa sotto l’albero.
Recensione di Attilio
Le foto di Monica Iorio
Scaletta:
Give
Pancake
Cornflake Girl
Crucify
Beauty of speed
Jamaica Inn
Concertina
Your cloud
Fire to your plain
Hotel
Spark
Playboy mommy
Gold dust (piano solo)
Cool on your island (piano solo)
Pretty good year
Siren
Fast horse
Precious things
Strong black vine
Raspberry swirl
Big wheel
Sono d’accordo con te..il concerto di quest’anno ha avuto una marcia ritmica in più, specialmente se raffrontato, non solo alle esibizioni solo piano che tu hai citato, ma anche ai concerti del 2007 per l’American Doll Posse tour.
Devo dire che forse in me ha destato un po’ di stupore la chiusura con Big Wheel…ne ha risentito il mio attaccamento a finali più dolci, come avveniva con Hey Jupiter ad esempio
Ora noi tutti restiamo in attesa non solo dell’album con brani natalizi ma anche il usical che la vede recentemente impegnata in termini di scrittura, ancora una volta trattando con note e parole dell’universo femminile, in questo caso dei disturbi alimentari, così come mi è capitato di leggere.
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