Roma, Circolo Arci Fanfulla. 26 febbraio 2017
Solchi sperimentali Fest, evento itinerante creato da Antonello Cresti, saggista e scrittore, volto a promuovere nella penisola tutti gli ambiti delle musiche “altre”, ha fatto nuovamente tappa a Roma, per la seconda edizione.
Lo scrittore ha investito in questo progetto notevoli energie ed intelligenze: già autore di volumi fondamentali, che descrivono in maniera appassionata e molto esaustiva le musiche e le culture “altre”, già con il volume “Solchi Sperimentali” apriva le porte della percezione verso territori sconosciuti ai più, andando ad investigare nel mondo delle musiche senza confini. Ma con “Solchi Sperimentali Italia”, egli ha aperto la strada alla conoscenza di un mondo presente nel nostro paese, che rimane, tranne rarissimi casi, totalmente ignorato, in particolare al “mainstream”, e che racchiude gemme preziose di sconfinato splendore, che per la loro stupefacente bellezza, sono destinate a rimanere patrimonio di pochi, e che nulla hanno da invidiare alle più titolate scene “alternative” degli altri paesi..
La passione ha portato l’Autore, insieme a Francesco Paolo Paladino a creare addirittura, avvalendosi di un partecipato crownfunding in tutta la penisola, un dvd ”Solchi Sperimentali Italia-The Movie”, ormai in uscita, che, oltre ad esprimere una trama surreale e divertente, darà voce e visibilità a molte band ed autori sconosciuti, che vivono nell’ombra dell’underground. Operazione inedita per il nostro paese, e profondamente meritoria, che pone le basi per una vera cultura “alternativa” di cui si sente sempre più bisogno.
La scena musicale italiana, infatti, rappresenta un vero scrigno dei segreti, che racchiude centinaia di esperienze effettuate nell’ambito della ricerca sonora e della sperimentazione, spesso molto ammirate anche in paesi stranieri. “Solchi sperimentali Italia” tenta di aprire questo scrigno, di renderlo visibile, e di favorire la conoscenza di numerose eccellenze rivelatesi nell’ambito della espressione musicale altra; una indagine che parte dalla metà degli anni sessanta, quando iniziarono nella penisola esperimenti in ambito elettroacustico e con i primi tentativi di libera psichedelia e che arriva ai giorni nostri, dopo aver attraversato i più varii generi, dal progressive, alla musica etnica, all’ambient, passando per l’industrial, la no wave, il neofolk, sino ad arrivare al black metal e alla elettronica isolazionista.
Ma veniamo alle varie ed articolate performance rappresentate nell’edizione romana del Fanfulla, organizzata insieme a Gatto Alieno:
BREAKING WOOD: La soffusa estasi elettronica
Alessandro Altarocca e Cristiano Petrucci, dopo una pluralità di variegate ed importanti esperienze sonore e visuali, hanno fondato il progetto Breaking Wood, nel 2013, rivolto alla ricerca nell’ambito delle sonorità non convenzionali. In particolare, l’esperienza audiovisiva è stata la caratteristica di precedenti performance, come quella realizzata lo scorso anno, insieme a Walter Paradiso, studioso di musica strumentale, coniugata alla sperimentazione della voce come strumento, in omaggio al pittore Jean Smeon Chardin, autore di pregevolissime nature morte, denominato il “Pittore del Silenzio”, molto ammirato da Van Gogh.
Non a caso,infatti, l’evento è stato denominato efficacemente” Pittura del Silenzio/Il Silenzio dentro la voce” .
La performance dell’ensemble non è priva di una suggestione sottile, certamente anche pittorica, e molto immaginifica: la sua “ambient music” parte da percorsi già esplorati, ma li innova, utilizzando una serie di pedali come looper, delay e distorsori. Un clarinetto insinuante e suggestivo accompagna l’ipnotica realizzazione sonora, e si rivolge a raffigurazioni inconsce ed avvolgenti che determinano quasi una forma di torpore e di rilassatezza nell’ascoltatore. Una qualità del suono limpida, originale ed avvincente. Una poetica dell’inquietudine, un superamento della matrice ambientale tramandataci dal suo creatore Brian Eno e dai suoi imitatori, ma totalmente scevra, altresì, dalle dimensioni apocalittiche che hanno in buona parte segnato il festival.
LYKE WAKE: Rappresentazione del Terrore Cosmico
Una performance straordinaria ci è stata offerta da Lyke Wake, storica “one man band” dell’avanguardia capitolina, composta da Stefano Di Serio. Una vera rivelazione, anche se il progetto “Industrial, esoteric/dark ambient” esiste addirittura dall’81, ed infatti, reminiscenze “noise” anni ottanta sono ben presenti nelle sue sonorità.
Essa si svolge per 20 minuti circa, composta di una prima parte tratta dall’ultimo album “Testament of Pain”, caratterizzato da un sinfonismo cupo e solenne, di grande presa emotiva, e di una seconda costituita dal brano inedito “Crawling through the Abyss of Pain”, caratterizzato da un duro rumorismo sperimentale.
La performance è integrata da un eccezionale documento filmico, in bianco nero, che scorre su di uno schermo retrostante, rappresentando un angosciante attacco alieno, con formiche giganti che attaccano delle trincee di soldati, durante la prima guerra mondiale. Raramente un elemento filmico di matrice prettamente classica si è legato così mirabilmente ed angosciosamente a quello sonoro, creando una forte suggestione ed un notevole impatto emotivo.
Lyke Wake realizza, con ben pochi mezzi, uno spettacolo di stupefacente bellezza, che riceve un’ovazione dal pubblico presente in sala; un incubo elettronico, che parte stilisticamente da certa “Kosmische Musik” anni settanta, e coniugandola con le moderne sonorità, realizza un insieme raggelante di profondità spirituale e terrore cosmico, quasi una filosofica astrazione del male. Come l’Autore afferma in calce alle sue creazioni artistiche, “Il disagio di chi si trova in un mondo non suo sapendo che il proprio non esiste”.
Un suono, come ebbe a dire Stefano Di Serio stesso, che negli anni ottanta partiva da sonorità punk ed Industrial, con l’esigenza di superare qualunque limitazione che provenisse da culture accademiche, in nome di una sperimentazione aperta e priva di confini.
Una ricerca interiore, una dark ambient suggestiva ed onirica, ove la differenza tra musica e rumore viene negata in nome di una espressività che si rivolge a mondi sonori del tutto inesplorati, dove la ricerca di un autentico universo interiore rappresenta la via maestra. Isolamento, sofferenza, disagio, è questa la dimensione esistenziale che viene poeticamente descritta, con cascate di suoni impervi eppure così suadenti, vicini, capaci di entrare in una sorta simbiosi emotiva con l’ascoltatore. E questo pervadente, struggente terrore cosmico è realizzato senza ricorrere minimamente alla effettistica del cinema “horror”, ma rimane impalpabile, suggestivo, metafisico, e per questo profondamente inquietante.
SPECTRE (Marcello Fraioli) + DIXIE RAMONE: Un Burlesque psichedelico
Marcello Fraioli è uno dei fondatori della storica band Ain Soph, un’ensemble che fin dagli anni ottanta rappresenta uno dei primi esperimenti (e forse il più riuscito) volti a creare una musica di matrice esoteric ambient, in sintonia con le avanguardie europee che allora si palesavano, come Coil, Psichic T.V., Current 93 (che successivamente diventeranno tra i più insigni inventori del neofolk moderno). Ain Soph esprimeva ed esprime tuttora sonorità in grado di interagire perfettamente con rituali di magia cerimoniale, anzi erano esse stesse di matrice esoterica ed occultista. Egli però, nel corso del tempo, ha partecipato ad altri progetti, come quello dei Circus Joy, un vero punto di riferimento per che ama le invenzioni psichedeliche, e recentemente ha fondato la “one man band” Spectre, in cui propone una sorta di originalissimo neofolk di matrice psichedelica.
Egli si è esibito in un avvolgente performance chitarristica, di matrice psichedelica, avvalendosi della esibizione della bella Dixie Ramone, artista di burlesque, che trae il suo nome dalla sconfinata passione per i Ramones, che data sin dalla sua adolescenza: insieme, nonostante un fastidioso incidente tecnico, hanno realizzato una fascinosa performance, una sorta di “burlesque psichedelico”, dove la performer si è esibita in danze sfrenate, anche con veli, diventando ora fata, ora strega, con molta professionalità, che hanno messo in luce la sua abilità e la sua bellezza, in perfetta sintonia con l’acido chitarrismo di Fraioli. Uno spettacolo originale e molto innovativo, in un contesto molto attento, considerando che nel nostro paese l’ironia e l’intelligenza sottesi agli spettacoli di “burlesque” sono totalmente assenti.
NOISE CLUSTER: Espressionismo Gotico
Il nuovo progetto di Falvio Derbekannte e Arianna Degni Lombardo, già DBPIT & XxeNa, di cui apprezzammo molto Lympha Obscura ci rappresenta, con Noise Cluster uno scenario ancora più cupo, fortemente espressionista; mentre in Lympha Obscura l’indecifrabilità e l’inquietudine erano la via maestra della espressività artistica, nel nuovo progetto la cifra di un immaginario gotico risulta molto più accentuata, ed è determinata ancora dalla sinergia tra l’elemento visuale e quello sonoro che insieme esprimono una aspra e dissonante fascinazione.
“The Planet of the Lost Dolls” è pura allegoria, descrizione visiva dell’inferno vivente, in cui la sinergia tra l’elemento visuale e le sonorità elettroniche forse un po’ convenzionali, per la matrice “dark ambient” da cui provengono, determina uno spettacolo nel complesso estremamente efficace.
L’uccisione di una bimba in un pianeta sconosciuto, la cui anima trasmigra in una bambola, diviene l’essenza e la rappresentazione plastica del Male, e la sua propagazione in altre bambole il definitivo trionfo delle forze infernali. La vita è un inferno, questo il messaggio di Noise Cluster, allucinatorio, devastante, che scorre in immagini oniriche di grande fascinazione, dove le bambole (vive/ morte) vengono rappresentate fluttuanti nel vuoto, in una specie di allucinatoria danza macabra, mentre un tappeto di suoni aspri ed ipnotici crea un senso di sgomento e di totale irrimediabilità. Si pensa alla visualità estrema di Tsukamoto, alla contaminazione della materia inanimata con la materia vivente, alle lugubri visioni mortuarie di Buttgereit, all’espressionismo tedesco dei primi anni venti. Una performance dura, raggelante, visualmente onirica, decisamente originale, assolutamente insolita, che trova la migliore espressione in questi cupi, drammatici versi, quasi manifesto creativo e poetico epitaffio di Noise Cluster:
Questa vita è un inferno
fiumi di fuoco spazzano i sogni
mari di rifiuti le nostre speranze
le lacrime son piogge acide
di tradimento, infamia e morte.”
[cit. Noise Cluster – A Living Hell].
NEW PROCESSEAN ORDER: Ritualità Esoteriche
Verso la metà degli anni sessanta dello scorso secolo il pensiero di Carl Gustav Jung rifulgeva del massimo splendore. In particolare, la concezione espressa circa la Crocifissione dell’Ego richiamava l’immagine alchemica della Trinità, che nel pensiero del grande filosofo e psicoanalista, diventava quaternità: “Pater, Filius, Diabolus, Spiritus Sanctus”. Jung recuperava il lato oscuro di noi stessi, e valorizzava la figura del Demonio, oggetto di molteplici analisi nella Psicologia del Profondo, rendendo questa figura costitutiva dell’io, attraverso una rielaborazione psichica e filosofica della Trinità Cristiana.
A recuperare questo pensiero, ed a tentare di dare ad esso un impianto non solamente teorico, si sentirono chiamati i coniugi inglesi Mary Ann Maclean e Robert De Grimston Moore, fuoriusciti da Scientology, che fondarono “The Process Church of the Final Judgement”, che presto si arricchì di numerosi adepti, oltre che in Inghilterra, anche negli Stati Uniti ed in Canada.
Le loro attività attirarono l’attenzione di alcune celebrità della musica e dello spettacolo, come Mick Jagger e la sua compagna di allora, la musa dei Rolling Stones, Marianne Faithfull, che concessero una lunga intervista alla patinata rivista curata dall’organizzazione.
Negli Stati Uniti il Movimento religioso diventerà parte, in particolare a S. Francisco, dei fermenti controculturali dell’epoca, tra alterne e controverse vicende, ponendo infine la sua sede a New Orleans.
Ed è al citato passo di Carl Gustav Jung che si richiama l’ensemble “New Processean Order”, che ha titolato l’ultimo album CrucifEgo, avvalendosi della partecipazione di tutta la scena “Industrial Esoteric Ambient” romana, e di diversi altri soggetti. Hanno partecipato al progetto di Alessandro Papa, infatti, la consorte Giona Bazzocchi, Marcello Fraioli e ClauDEDI di Ain Soph, mentre Simon Balestrazzi ha fornito i suoi “electronics”, e sono anche intervenuti Corrado Altieri (Uncodified, one man band rumorista) e Marco Delpiano (Wertham, una band di power electronic), nonché l’intera band emiliana Dolpo (ritual electronic band).
L’ensemble ha animato, stavolta in forma di duo, con una suggestiva performance il Solchi Sperimentali Fest. Essa ama definirsi un progetto spirituale, musicale ed artistico basato sul rinnovamento degli insegnamenti di Robert De Grimston, maestro di The Process. Indubbiamente le tematiche sincretistiche, per come vengono espresse a livello musicale, possono ricordare Psichic T.V. o le raggelanti evoluzioni elettroniche dei Coil, od i primi Current 93, quelli del periodo “Industrial”..
La band, formata da Alessandro Papa ha realizzato una performance di soffuso “ esoteric ambient electronic”; brani lenti, solenni, declamazioni liturgico-rituali non prive di una strana fascinazione, un tappeto sonoro inquietante e suggestivo, anche se, negli ultimi minuti, l’uditorio tendeva a distrarsi. Alma Deum, comunque, l’apice del pathos espressivo: l’invocazione a Jehovah, Lucifero, Satana e Cristo rappresenta la rappresentazione filosofica della quaternità che ispira la visione filosofica sincretista di New Processean Order.
Un concerto che rappresenta un lungo cerimoniale, una specie di preghiera ispirata e solenne, cui i due musicisti si prestano certamente con notevole pathos e condivisione spirituale.
Nel complesso, una band di “Esoteric Dark Ambient” ragguardevole ed autentica, anche se non originalissima.
Una menzione particolare merita anche l’ottimo DJ Set/Vinile di Alex Cereda (Sublima), sempre efficace, puntuale e rievocativo.
Si conferma, in definitiva, l’impressione già riportata nella scorsa edizione: Solchi Sperimentali Fest è un evento poliedrico, molto innovativo, dove Antonello Cresti, l’autore dell’indispensabile volume sopraindicato, che fornisce il nome alla rassegna, agisce nell’ambito di un fecondo sincretismo culturale, esplorando senza confini ogni percorso possibile nelle musiche “altre”. Una operazione che va fortemente sostenuta e potenziata, e che rivela sempre di più una scena romana feconda, ma totalmente nascosta, persino agli addetti ai lavori, nell’ambito delle sonorità “alternative”, e proprio per questo tanto più indispensabile.
Reportage di Dark Rider