Roma, Auditorium Parco della musica, Sala Sinopoli, 12 febbraio 2008
Un’elegante e statuaria signora ci invita a visitare il suo paese, il Sudafrica, nel 2010, in occasione dei mondiali di calcio. Sarà difficile dirle di no…
Simphiwe Dana, sale sul palco elegantissima nel suo abito dorato, i capelli raccolti in un turbante che la fa somigliare ad una regina africana; sembra intimidita, forse stupita dall’accoglienza dei circa mille spettatori che ascoltano con attenzione le parole sussurrate con le quale introduce i brani. E’ accompagnata da una nutrita band di sei strumentisti e tre coristi, che dimostrano subito un particolare affiatamento ed un ‘groove’ molto efficace. L’iniziale incertezza nella voce lascia ben presto il posto ad un vigore ed una sicurezza che colpiscono la platea e fanno immediatamente capire a tutti che gli accostamenti ad altre regine della black music (su tutte Erykah Badu) non appaiono affatto inadeguati.
I suoni sono molto levigati e ricercati, e forse alla distanza questo appare essere l’unico vero limite del suo repertorio. Simphiwe sembra prediligere un’impronta più pop e nordamericana, almeno per la prima parte del concerto, quasi a voler bilanciare i testi in lingua Xhosa e le tematiche legate al sociale ed alla situazione politica della giovane democrazia sudafricana, stemperandoli con atmosfere virate al nu-jazz ed al soul statunitense, con soventi immersioni nel gospel. Ci ha convinto e trascinato maggiormente la seconda parte del repertorio, in cui i ritmi e le atmosfere risultavano più vicine a quelle tipiche dell’Africa australe, con chitarra, percussioni e basso a trascinare il resto della band in un ambito che ricordava i migliori momenti di ‘Graceland’, lo splendido album di Paul Simon, per l’appunto inciso in Sudafrica con musicisti locali. Un’anima divisa in due, quindi; ma forse è giusto che sia così, in fondo il Sudafrica non è proprio il simbolo della continua e costante contraddizione tra voglia di ‘occidente’ e tradizione africana in genere, tra la ‘modernità omologata’ imposta dai paesi più ricchi e le radici culturali più profonde ed ancestrali?
I pezzi ricordano tristi storie nemmeno troppo lontane, si parla di Biko, si parla di Mandela, di quanto puo’ essere stato avvilente e discriminante il periodo dell’apartheid. Ma la grandezza di questi musicisti è nella leggerezza ed il sorriso con cui affrontano l’argomento, rendendo ai presenti inconsapevoli più la sensazione di una serata di gran festa piuttosto che di ricordo. Così doveva essere e così è stato.
Tra i compagni dei viaggio di Simphiwe Dana, oltre alla già citata sezione ritmica, vero motore 4×4 della band, vogliamo segnalare i tre coristi, un tenore, un contralto ed una simpatica e panciuta soprano, che con virtuosismi vocali mai gratuiti hanno saputo ben tenere testa alla dolcezza vocale ed alla magnetica presenza scenica della primadonna.
Sia i nomi dei musicisti che i titoli dei brani risultano alquanto ostici e difficili da trascrivere; per i primi ci siamo fatti aiutare dal ‘taglia & incolla’ dal sito dell’auditorium, per i secondi ci siamo avvalsi della copia della scaletta che vedete qui sotto fotografata.
Simphiwe Dana voce
Priscilla Moeketsi, Vusi Khobeni, Sizwe Magwaza cori
Tokoloho Moeketsi chitarra
Vuyo Shiburi basso
Bafana Sukwene batteria
Ngari Ndong percussioni
Tshegofatso Didibeng tastiere
Nathi Bongumusa Shongwe tastiere, pianoforte
Recensione by Fabrizio & Attilio