Roma, Casa del Jazz, 6 – 11 settembre 2011
La Musica Progressive ha avuto il suo massimo fulgore negli anni settanta; gruppi come i Genesis, i King Crimson, i Van Der Graaf Generator, i Gentle Giant e molti altri, tra cui, con particolari caratteristiche, gli stessi Pink Floyd, hanno lasciato una scia luminosa nella creatività musicale, che sottotraccia ancora perdura oggi.
Essa nacque, in diverse parti del mondo, ma ebbe il suo epicentro in Europa, in special modo in Inghilterra, sull’onda delle esperienze psichedeliche e musicali nate dalla cultura della Beat Generation statunitense, di cui divenne l’evoluzione musicale; non più esperienze lisergiche, ma il ritorno ad una musica pensata e costruita dalla Ragione e fortemente portata all’Invenzione, in un tripudio di fantasia e di immagini nuove di sconfinato splendore.
Il Rock assumeva una veste colta e raffinata, dalle mille sfumature, in una vera esplosione di creatività, di modernità avanguardistica messa a contatto con stilemi, evocazioni ed immagini proprie della Musica Classica. Destinata ad essere travolta dall’energia e ribellione Punk, è stata relegata al circuito underground, ma non si è mai spenta.
Nel 1967 i Beatles realizzarono il capolavoro della musica di ogni tempo Sgt Pepper’s Lonely Heart Club Band, ove splendide immagini psichedeliche si armonizzavano alla Musica Sperimentale, ma in cui erano presenti anche elementi sinfonici; da lì partirono i primi timidi tentativi di dare vita ad un Pop Sinfonico, ove i Nice ed i Procol Harum provarono a coniugare le tonalità Rock con la Musica Classica.
I Moody Blues porteranno subito dopo alle estreme conseguenze queste nuove idee dando vita a delle vere e proprie suite orchestrali. Questa sarà una vera idea rivoluzionaria: non più la canzone concepita per il 45 giri, di pochi minuti, ma la suite, che contiene grande spazio per una vera Sinfonia Rock, ma anche la possibilità di essere multiforme, di spaziare tra i generi, dando vita a splendidi virtuosismi strumentali, ma anche ad arrangiamenti magniloquenti che finirono a volte per inaridire la vena compositiva.
D’altronde, la Musica Classica, dal Settecento, all’Ottocento, al Barocco ed all’Avanguardia contemporanea, sino alla Musica Etnica furono, insieme alla già citata Psichedelia, le fonti principali di questo genere musicale, L’idea del Concept album parte da lì.
Anche nel nostro paese ci fu una grande risonanza di quel genere musicale: si formarono gruppi come la Premiata Forneria Marconi ed il Banco del Mutuo Soccorso, che scalarono le classifiche anche all’estero, o come Le Orme, che incisero il loro capolavoro Felona e Sorona anche in Inglese, con l’apporto ai testi di Peter Hammill, o gli Osanna; tutti questi gruppi (e molti altri rimasti nell’ombra, come The Trip, Il Balletto di Bronzo, Metamorfosi, ecc.) brillarono di luce propria per invenzione e creatività musicale.
Dopo un lento declino, il genere musicale ritrovò nuova linfa nei circuiti Underground, alcuni dei vecchi ensemble disciolti si riformarono, sino ad una rifioritura costante ed inventiva, pur se essenzialmente devota al tipo di sonorità anni settanta che aveva visto la sua massima espressione.
Abbiamo avuto modo di assistere ad un duplice concerto, in una splendida ed imperdibile serata romana, nell’ambito del Festival Progressivamente, tenutosi nella cornice suggestiva del parco circostante la Casa del Jazz e di fare il punto della situazione del genere Prog, con il coordinatore editoriale, Paolo Carnelli, di una rivista specializzata nel settore, Wonderous Stories, estremamente accurata, che meriterebbe molto di più che una stentata sopravvivenza nei pochi negozi di settore che la divulgano, visto lo spessore culturale e la dovizia di notizie e recensioni con cui tratta la materia. Ma si sa, ormai in Italia, a differenza del passato, la Cultura musicale non propriamente mainstream è ridotta nei circuiti Underground o nel migliore dei casi sul web.
Meritevolmente, il Festival, coordinato dall’appassionato esperto Guido Bellachioma, ha allestito seminari di studio, session musicali per la presentazione di nuovi album, ed ha messo intelligentemente a confronto le sonorità dei più famosi brani Prog predisponendo ascolti paralleli di vecchi dischi in vinile e Cd.
Veniamo alla descrizione dei suggestivi concerti cui abbiamo avuto l’opportunità di assistere, nella serata del 7 settembre.
Il Tempio delle Clessidre: La Luminosa Esperienza dell’Ombra
Stefano “Lupo” Galifi, voce, Elisa Montaldo, tastiere, voce, Giulio Canepa, chitarre, Paolo Trixi, percussioni, Fabio Gremo, basso
Entrano in scena coperti da maschere, e danno inizio al concerto con la eccellente strumentale “Verso l’Alba”, ariosa ed immaginifica, dopodichè, svelati i loro volti, sale sul palco il vocalist Stefano “Lupo” Galifi, già voce storica del mitico ensemble “Museo Rosenbach”, autore di uno dei più belli e misconosciuti album del “Prog” italiano, “Zarathustra”.
E’ immediatamente percepibile l’autorevolezza dello storico cantante, dotato di una voce superba, e la eccellente tenuta scenica della Band, che esegue l’avvolgente “Insolita parte di me”, tra gli applausi del pubblico.
E’ la volta poi, di “Boccadasse”, omaggio allo storico quartiere di Genova, città del gruppo, ove l’impasto di voce, chitarra e tastiere evocano una atmosfera sognante, di grande suggestione, con originali note di pianoforte.
La bella tastierista Elisa Montaldo, il vero motore dell’ensemble, annuncia l’esecuzione, in onore dei trascorsi di Galifi, del lato B di “Zarathustra”: la suite viene interpretata, con spirito molto fedele all’originale, con un senso di pathos e di drammaticità di alta scuola, ove le tastiere costituiscono l’elemento trainante del suono della Band.
Ne “La Stanza nascosta”, brano lungo e struggente, di natura esistenziale, continua il suggestivo duetto tra Galifi e la tastierista, totalmente vestita di nero, la quale, dopo l’esecuzione della strumentale, oscura “Danza esoterica di Datura”, si rivolge al pubblico invitandolo ad entrare in contatto con la natura, spruzzando verso di esso un estratto di Datura, una pianta dalla valenza esoterica, dopodichè, durante l’esecuzione del brano più bello e “Dark”, quasi interamente voce e tastiere, “Faldistorium”, effettua sul palco un rito pagano, mescolando sabbia lavica versata da un corno con petali di fiori, con innegabile effetto di suggestione.
“Le due metà di una notte”, avvolgente simbiosi di piano, voce, chitarra, conclude magicamente un concerto che, pur nel solco della tradizione, aggiornata però da forti e moderne sensazioni di pathos ed oscurità, ci ha reso noto la poetica dell’ensemble: essa si caratterizza per ll’evocazione della memoria e delle zone d’ombra della mente e conferisce ai brani una dimensione di poesia drammatica, ove è fortemente presente l’anelito di unione con la natura ed i suoi elementi, aria, terra, acqua, fuoco, in una concezione panica ed esoterica.
TRACKLIST
Verso l’Alba
Insolita Parte di Me
Boccadasse
Zarathustra (latoB)
La Stanza Nascosta
Danza Esoterica di Datura
Faldistorium
Le Due Metà di una Notte
La Locanda delle Fate: La dolcezza della Tradizione
Leonardo sasso, voce, Maurizio Muha, pianoforte, Oscar Mazzoglio, tastiere, Massimo Brignolo, chitarra, Luciano Boero, basso
Questo ensemble astigiano, autore di un unico album nel 1977, “Forse Le Lucciole Non Si Amano Più”, ebbe la sfortuna di esordire quando ormai l’ondata “progressive” si era spenta, e queste sonorità non godevano più del gusto del pubblico. L’opera era però pregevole, ottimo esempio di rock sinfonico, che si richiamava alla grande scuola inglese di Canterbury, senza tralasciare l’esempio del nostro “Banco”.
Nel concerto presso il Parco della Casa del Jazz, l’ensemble ha sostanzialmente riproposto il mitico (ed unico) album.
Si comincia con la strumentale “A Volte Un Istante di Quiete”, introdotta da splendide note di pianoforte, brano rimasto nella storia del “Progressive” italiano; è la volta, poi, dell’ingresso di Leonardo Sasso, che con la sua voce possente e profonda, esegue il brano di grande suggestione melodica “Forse le Lucciole non si amano più”, seguito dalla commovente, poetica, ariosa “Profumo di Colla Bianca”, ove vengono rievocati i ricordi e le sensazioni della fanciullezza attraverso gli antichi oggetti ritrovati in una soffitta.
Cercando un nuovo confine è suadente ed eterea, mentre “Sogno di Estunno” (contrazione di Estate ed Autunno), dall’andamento più vivace, descrive le paure e le sensazioni per una senilità ormai vicina.
E’ la volta di “Non Chiudere a Chiave Le Stelle, brano acustico, di buon impatto melodico, mentre “Vendesi Saggezza” è un drammatico brano sul tema della follia.
Il concerto si conclude con l’avvolgente “La Giostra”, con pregevole introduzione pianistica, con “Crescendo”, e subito dopo con ”Cercando un Nuovo Confine”, entrambe liriche ed eteree, anch’esse incentrate sul tema della nostalgia e della speranza. Questi ultimi brani, in particolare, ci riportano nella mente il suono dei “Genesis” nel momento del loro maggior splendore, nel segno, comunque, di una Tradizione musicale sempre viva, ma scarsamente innovativa.
Il pubblico, numeroso, ha gradito entrambi i concerti, ed ha tributato ai due gruppi grandi ovazioni; abbandoniamo il Parco con l’impressione di aver recepito “buone vibrazioni”, nella speranza che il genere “Progressive” possa tornare alla divulgazione di un tempo, uscendo dalle catacombe in cui è relegato.
TRACKLIST
A Volte Un Istante di Quiete
Forse Le Lucciole Non Si Amano Più
Profumo di Colla Bianca
Sogno di Estunno
Non Chiudere a Chiave Le Stelle
Vendesi Saggezza
La Giostra
Crescendo
Cercando Un Nuovo Confine
Recensione e foto di Dark Rider