Roma, Villa Ada, 6 luglio 2009
Non posso che iniziare questo live report con una poesia che tempo addietro dedicai a lei: Patricia Lee Smith.
La scrissi di getto dopo aver visto il Patti Smith Group all’ Auditorium di Roma, un live come al solito intenso, straziante e potente come ben pochi….
Patti Smith Blues
PAROLE COME LINGUE DI FUOCO
VERSO OCCHI APERTI COME STELLE BRILLANTI
MADRE FERITA, MADRE RITROVATA
COMPAGNA NOTTURNA E DISTORTA
SANGUINANTE E TESA
PIENA DI AMORE
PIENA DI SDEGNO
PETALO INDIANO
VERSO L’EUROPA
POLVERE DEL SOGNO AMERICANO
INVECCHIATO E STANCO
FENICE PUNK
CHE INVESTI I TUOI FIGLI
CHE TOGLI LE VESTI
PER AMPLESSI BRUCIANTI
BLUES E PREGHIERA
POTENZA E MISTERO
CANNIBALI D’ESTATE
CHE SI RIFLETTONO IN TE
FENICE PUNK
SELVAGGIA E MATERNA
LETTERE SONICHE
COLTRANE NELL’ANIMA
L’AMORE SUPREMO
E’ IPNOSI SUPREMA
SENZA RITORNO
E anche questo concerto è stata ipnosi suprema dalla quale non voler tornare….un viaggio tra vita e morte (l’omaggio a Jacko di “Beneath the Southern Cross”), una ferocia punk sparata sulla folla anche in versione acustica, senza pile di ampli, ma punk è anche un pianoforte a coda delicatamente suonato da sua figlia Jesse, punk è Patti che prende per mano il pubblico e lo fa danzare lentamente (“Ghostdance”) per poi aizzarlo con “People Have the power” un invito a prendere in mano le nostre vite senza paure, e punk è il suo omaggio a Roma, delicato e avvolgente con riferimenti agli amati Shelley e Keats. L’invito di Patti è di fare quello che ci sentiamo di fare, dunque anche di alzarci dalle sedie, mandando il tilt la security che sta sotto il palco.
Tutti i brani sono riarrangiati per 2 chitarre e piano, ma la loro forza è intatta e Patti ci prende per mano, sempre salutandoci e sorridendo a noi suoi devoti discepoli che credono nel rock come way of life e testimone del tempo nel quale viviamo. Questo è ben evidente nella straziante “Wing” dedicata da Patti a Roberto Saviano. Ma nella set list non può mancare l’epoca di “Horses” con il delicato reggae di “Redondo Beach”, il primo singolo “Pissing in a river”, “Dancing Barefoot” l’inno “Because the night”, e una bellissima “Kimberly”. Ormai Villa Ada è conquistata, “Gloria” è una celebrazione, Lenny Kaye è infuocato, Patti è sul bordo del palco, ci saluta ancora, ma è tempo di andare con un bel mazzo di fiori e tanta musica ancora che aleggia nell’aria, la musica punk e senza tempo di Mrs Patricia Lee Smith. (E per favore Patti non Patty !)
Recensione di Fabrizio Fontanelli
Foto di Magister
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di Alberobello
Bello, straziante e potente anche il tuo omaggio!
Complimenti, bravo.
Emozionante anche dal lato “portoghese” della villa, e per i messaggi carichi di suggestione non ci sono separazioni (in questo caso il laghetto) che possano smorzarne i toni.