Roma, Teatro Olimpico, dal 4 al 24 Marzo 2013
“Alle 21 di oggi parte una barca per un lungo e meraviglioso viaggio dalla meta sconosciuta, il biglietto è gratuito, l’unica condizione per potersi imbarcare è portare con sé una canzone. Un solo bagaglio è consentito.” Simon guarda l’orologio e si accorge che mancano soltanto 80 minuti……………
Questa è la trovata narrativa inventata dall’Orchestra di Piazza Vittorio per coinvolgerci nel nuovo spettacolo in scena al Teatro Olimpico dal 4 al 24 marzo 2013, basato sul nuovo album ‘L’Isola di Legno’, registato dal vivo quasi un anno fa nel corso di tre serate all’Auditorium e recentemente presentato in anteprima per la stampa proprio qui al teatro Olimpico. L’album esce per la Parco della Musica Records a ben 6 anni di distanza dal precedente ‘Sona’, anni di tournèe in giro per il mondo, dominati dalla proposizione del ‘Flauto Magico‘ di Mozart rivisitato in chiave multietnica.
Sulla zattera guidata come al solito da Mario Tronco arrivano via via musicisti da tutte le parti del mondo con le loro improbabili vite e le loro straordinarie esperienze, aggiungendo l’uno all’altro i suoni dei loro disparati strumenti, in un atto unico che dura appunto 80 minuti.
Lo spettacolo è come sempre ricco, colorato e divertente: i suoni e gli stili sono mescolati e reinterpretati con finezza e grande ironia, con lo stile multietnico che contraddistingue l’allegra combriccola dell’Orchestra sin dai suoi esordi. Non mancano gag e trovate divertenti in un serrato dialogo tra i protagonisti che si rimbalzano non senza sfrontatezza il testimone della scena, mescolando i linguaggi in un contesto che si arricchisce sempre più di nuove sfumature.
Il filo conduttore è costantemente ripreso dal simpatico Omar López Valle (il Narratore del Flauto Magico) che stavolta interpreta Simon, un improbabile fustaccio di colore vestito da gladiatore per le rituali foto ricordo ai piedi del Colosseo che vuole a tutti i costi imbarcarsi, ma parte con soli 80 minuti di anticipo sull’orario previsto per la partenza della barca. Riuscirà a raggiungere in tempo l’agognata banchina da cui iniziare anche lui l’avventura del nuovo viaggio intorno al mondo?
L’emozione dello spettacolo sta nell’attualità dei temi trattati che toccano anche ciascuno di noi in modo più o meno diretto: il tempo che passa e in fretta vola via lasciandoci ogni volta un po’ più ricchi di esperienze, sicuramente più scaltri, ma sempre meno ingenui. Oppure il tema del viaggio, del distacco, del cambiamento; autobiografia di quasi tutti i musicisti dell’Orchestra, le canzoni parlano di migrazione e delle dure disillusioni che scoprono i viandanti quando arrivano all’agognata Terra Promessa.
Qualche perplessità viene per le interpretazioni dell’unica voce femminile a cui vengono affidati i momenti più intimisti del viaggio: tutte le interpretazione di Sylvie Lewis non reggono il confronto con le potenti, duttili e fascinose voci degli altri bravissimi interpreti vocali: i tunisini Houcine Ataa e Ziad Trabelsi, Carlos Paz Duque, ecuadoregno e dal Senegal El Hadji Yeri Samb e Kaw Dialy Mady Sissoko.
Rispetto ad altri spettacoli dell’Orchestra, particolarmente rispetto alla geniale e riuscitissima rilettura del Flauto Magico di Mozart, si nota una svolta un po’ convenzionale nello spettacolo che ha perso la freschezza e la spontaneità tipica del salto nel vuoto che fecero i protagonisti nel pensare l’ambizioso progetto degli esordi, quella particolare atmosfera di avventura un po’ pazza e follemente più grande di loro che si sentiva ad esempio nel docufilm del 2006. Ora l’atmosfera che si respira è quasi più controllata e sembra un po’ di sapere dove si vuole arrivare, sia negli arrangiamenti che nella tenuta narrativa di ciascun pezzo; una necessaria e professionale crescita di tutti gli esponenti dell’Orchestra è senza dubbio indice di maturità e serietà ma forse tutti noi siamo stati un po’ spiazzati da questa svolta dalle sonorità leggermente più scontate.
Resta comunque la voglia di far presto, di correre per tutti gli 80 minuti dello spettacolo, arrivare in tempo e salpare anche noi con la nostra piccola valigia di sogni, felici di partecipare ancora una volta al grande viaggio che l’Orchestra ci propone in giro per il mondo.
Recensione di Susanna Ruffini