Roma, Villa Ada – Roma incontra il mondo, 25 giugno 2009
La curiosità era tanta: una cover-band francese, resa celebre da un pugno di rivisitazioni di brani di fine anni ’70 e inizio ’80 (la new wave a cui si riferisce il loro nome, per l’appunto) presenti in innumerevoli compilation di musica lounge, al banco di prova di un live impegnativo e prestigioso come il palcoscenico di Villa Ada.
Devo confessare che lo scetticismo e le perplessità prima del concerto superavano abbondantemente la speranza di poter assistere ad un concerto degno di questo nome: troppe volte ero rimasto scottato da incoraggianti prove discografiche in studio e da concerti scadenti e poco emozionanti. Mai come stavolta ero pervaso dalla convinzione di trovarmi di fronte all’ennesima operazione di mercato volta al riciclo dei tanto saccheggiati anni ottanta e ad una band (per di più francese! Che vuoi che ne capiscano di rock i francesi?..) più adatta ad un ambiente intimo e raccolto tipo jazz club o rock pub che alle grandi platee.
Mai fidarsi delle apparenze. Mai gustare un preconcetto come antipasto.
Una solida band (batteria, violoncello, tastiere, chitarra acustica) a supporto di due graziose vocalist dalla magnetica presenza scenica, arrangiamenti molto azzeccati ed accattivanti, un repertorio che sa toccare le corde dell’emozione andando a recuperare alcuni gioielli della produzione anglosassone di quegli anni, ed il gioco è fatto: il folto pubblico di Villa Ada cade ai piedi (scalzi) della bionda e molto avvenente Nadeah Miranda, e dell’altrettanto affascinante di lamè vestita Mélanie Pain che invitano i presenti a cantare a squarciagola ‘Too drunk to fuck’ dei Dead Kennedys, la storica punk band californiana di Jello Biafra.
Con il trascorrere del concerto sale l’intensità della performance e dalle atmosfere più nu-bossa con le quali hanno rivestito ad esempio Guns of Brixton dei Clash e che hanno reso celebre la band si passa ad un’incredibile ma efficacissima versione country di Road to Nowhere dei Talking Heads.
L’operazione di rivisitazione e di recupero raggiunge il suo apice nel brano Love Will Tear Us Apart dei compianti Joy Division, il cui ritornello viene scandito dal pubblico in commosso delirio.
La scelta del bis ricade poi nella splendida, emozionante ed intensa versione per sola chitarra e voce di In a Manner of Speaking dei Tuxedo Moon, gruppo di nicchia che proprio un anno fa su questo stesso palco ha celebrato il proprio trentennale di attività e del quale sono pronto a scommettere che buona parte dei presenti ignori l’esistenza.
Essendo un fan degli XTC, non nascondo una certa delusione per non aver ascoltato Making Plans for Nigel, uno dei capolavori di Alan Partridge e soci solitamente proposto dalle due francesine.
Un buon concerto, insomma, ma soprattutto un’ottima occasione per andare a rispolverare (o a scoprire) gli originali a cui ha attinto il repertorio dei Nouvelle Vague; brani a volte dagli arrangiamenti un po’ datati ma che, senza offesa, sono comunque di gran lunga superiori alle pur valide ed accattivanti nuove versioni proposte stasera.
Recensione di Fabrizio
Foto di Rosa Paolicelli