Auditorium Parco della musica, 15 maggio 2012
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Il Mare Nostrum un tempo era il mare della condivisione. Collegava civiltà affini e diverse cresciute su sponde opposte creando un retroterra culturale comune. Qui come in nessuna altra parte del mondo popoli e razze per secoli si sono fusi e mescolati dando vita alle tante culture del mediterraneo.
Oggi purtroppo è una frontiera liquida che separa un nord ricco dai paesi vicini la cui popolazione vive in condizioni di povertà o sotto regimi da cui vuole fuggire.Il Mediterraneo dovrebbe tornare ad essere il mare della condivisione e non separazione, anche per quei popoli che non si affacciano direttamente sulle sue sponde.
È questo il sentimento che anima la Piccola Banda Ikona, il voler ricollegare le diverse sponde attraverso la ricerca di un linguaggio musicale comune.
Il loro ultimo lavoro discografico Folkpolitik (Finisterre) presentato in prima assoluta in occasione del concerto dell’Auditorium, è un viaggio nella musica popolare di protesta, nel quale vengono riarrangiati brani di
vari autori che si sono impegnati in prima persona con la loro musica contro il potere e i regimi.
Saletti descrive così la loro ultima fatica:“Quando dalle piazze di Tunisi,del Cairo, di Damasco sono arrivate le immagini e i suoni della Primavera araba la mente è corsa agli anni ’70, quando l’Europa venne attraversata da un vento di libertà che spazzò via i regimi autoritari di Spagna, Grecia e Portogallo.
Quelle piazze sono le stesse: gli stessi volti, le speranze, i colori, isuoni, i canti.
Ho cominciato allora un viaggio nella memoria per riscoprire le tante musiche che hanno raccontato le sofferenze e le pasioni dei popoli mediterranei. Dalla cacciata degli ebrei sefarditi di Spagna, alla diaspora palestinese, dall’inno sardo figlio della rivoluione francese contro lo strapotere dei baroni, fino ad arrivare a quegli autori che avevano scritto musiche e ballate spesso dolcissime ed erano stati oggetto di persecuzioni, arresti, violenze da parte del potere politico. Una lotta per la libertà che oggi unisce idealmente le due sponde del mediterraneo e dimostra ancora una volta la forza della musica popolare come voce di popolo. Nella gioia enelle sconfitte”.
Il concerto salpa, è il caso di dirlo dalle sponde iberiche per poi proseguire nel suo periplo immaginario, arricchendosi ad ogni sosta di un nuovo compagno di viaggio. L’apertura è affidata ad una delle canzoni simbolo della resistenza al franchismo l’Estaca, ballata interpretata da Barbara Eramo con grande intensità e grazia. Con La cansun del desperà la Banda Ikona rende omaggio a Ivan Della Mea grande narratore della canzone popolare, l’arrangiamento ha allo stesso tempo un sapore medievale e contemporaneo grazie al tappeto sonoro del violino e al suono cupo del clarinetto basso. Cantigas do maio di Josè “Zeca” Afonso ovvero la voce della libertà in Portogallo, cattura immediatamente grazie alla melodia del tema principale e all’interpretazione vocale ispirata per poi forse perdersi negli intrecci a due voci. Il concerto prende una accellerazione con l’esecuzione trascinante dalle sonorità klezmer del El ejercito del ebro, canzone simbolo delle forze repubblicane del Fronte Popolare. Hija mia mi querida parla della diaspora degli ebrei sefarditi e degli arabi cacciati dalla Spagna di Isabella di Castiglia e Fernando d’Aragona. Edho politechneion rappresenta uno dei brani meglio riusciti della serata, l’oud di Saletti e i cambi di ritmo ci proiettano oltre Creta, patria del compositore Mihalis Tsagarakis, fino in Asia Minore. A questo punto del concerto la Piccola Banda Ikona fa un salto indietro con una bellissima versione di Benda benda (Marea cu sarea) su cui un’ispirato Gabriele Coen esegue un pregevole assolo di al sax soprano. Il tema iniziale di Piazza Tahrir, composizione originale della Banda Ikona, è tratto da “Enta Omri” di Oum Kalthoum. Dedicato alla Primavera araba e alle sue piazze festanti tornate di recente sulle prime pagine dei quotidiani, il brano è impreziosito dal violino di Jamal Ouassini e, pur mantenendosi sospeso è un crescendo di intensità in cui ogni musicista trova il suo spazio alternandosi, fino a sovrapporsi sapientemente al materiale sonoro tratto dal documentario di Stefano Savona “Tahrir – liberation square”. Hakeem Jaleela e la sua interpretazione di Wein a Ramallah brano simbolo della diaspora palestinese, e Ninna nanna di la guerra rappresentano due momenti intensi della serata. Si cambia di nuovo ritmo con Paian (Stari Most) per poi eseguire una struggente Fuori di me (Marea cu sarea). L’ingresso di Ambrogio Sparagna in Procurade ‘e moderare e la carica espressa in Canzone per Jacuruzingaru proietta il concerto su temi e sonorità più squisitamente popolari. Nel rileggere un repertorio musicale contro non poteva mancare De Andrè. Dopo un breve intro di bouzuki è la voce di Raffaello Simeoni a intonare Un blasfemo grande canzone contro il potere della religione sugli uomini. La trascinante Marea cu sarea ci porta alla fine del concerto, che si conclude con “Amara terra mia” di Domenico Modugno per ricordarci che tutti siamo stati migranti.
La Piccola Banda Ikona è una grande band, composta da straordinari musicisti animati da grande passione, l’atmosfera che sanno creare nelle loro esibizioni dal vivo è unica. I loro brani sono riconoscibili al primo ascolto, il suono e gli arrangiamenti permettono di fare proprie musiche scritte da altri rendendo il lavoro omogeneo e originale.
Recensione del Signor Giù
Foto di Fabrizio Forno
Stefano Saletti bouzuki, oud, chitarre, voce
Barbara Eramo voce
Ramya voce
Gabriele Coen clarinetto, clarinetto basso, sax soprano
Carlo Cossu violino, voce
Mario Rivera basso
Leo Cesari batteria, percussioni
Desirèe Infascelli fisarmonica
Rossella Zampiron violoncello
Con
Ambrogio Sparagna organetto
Jamal Ouassini violino
Raffaello Simeoni voce
Hakeem Jaleela voce