Roma, Ippodromo delle Capannelle, 22 luglio 2009
PHOTO GALLERY DELL’EVENTO
Sono passati pochi secondi dalle ultime note, il gruppo ha frettolosamente salutato e raggiunto il retropalco ed una sensazione di vuoto mista ad eccitazione attanaglia: possibile veramente che questo sia l’ultimo tour dei Nine Inch Nails? Che il mondo della musica si possa permettere di privarsi di un simile gioiello macinanote? Oppure sarà l’ennesima bufala promozionale di cui lo showbiz del rock è maestro? Ai posteri l’ardua sentenza. Nel frattempo, quasi due ore di spettacolo epocale, coinvolgente, fulminante, durissimo e dolcissimo a tratti. Assistere ad un concerto dei Nine Inch Nails è come farsi sorprendere in mezzo al mare da una tempesta improvvisa. La corrente trascina via e l’unica ancora di salvezza è lasciarsi trasportare, sballottare e sperare che si raggiunga un porto sicuro.
Il bello è che i Nine Inch Nails non sono nemmeno un gruppo, bensì una serie di turnisti al servizio di quel genio despota e taciturno di Trent Reznor. Che gestisce il marchio ed i musicisti a piacimento. Della precedente versione, quella vista a Milano e Bologna due anni fa, è rimasto solo lui. Stavolta i comprimari, bravissimi, sono Robin Finck, già NIN della prima ora ma anche Guns’n Roses (chitarra, slide, xilofono), Justin Meldal-Johnsen (basso, contrabbasso, tastiere) e Ilan Rubin (batteria, percussioni, tastiere).
E lui, Michael Trent Reznor, classe 1965, deus ex machina della musica contemporanea, in perenne litigio con le regole delle case discografiche (l’ultimo disco dei NIN è disponibile gratuitamente o a sottoscrizione sul sito della band e ciononostante ci ha guadagnato lo stesso con la vendita delle edizioni speciali agli aficionados) e la burocrazia del rock; uomo capace di creare capolavori in solitudine, la maggior parte dei dischi in studio li compone e li suona da solo, poi decide con chi portarli in tournee. Enorme ego, ispirazione, intelligenza e classe. Produttore affermato di musica alternativa (Marilyn Manson), come di hip hop (Saul Williams), sarà questa la prossima evoluzione della sua carriera?
Sa come coinvolgere il pubblico e metterlo a proprio agio, il suono della band ieri sera era assolutamente perfetto, a differenza dei gruppi spalla che hanno preceduto gli headliners.
Gli almeno 5000 fortunati si sono goduti questa meraviglia, nella calda serata romana, resa ancora più calda dai protagonisti.
La scaletta è segreta, come in tutte le date del tour. Pesca tra i classici noti e meno noti. Lancia frecciate, che chi conosce bene il gruppo sa non casuali, (Heresy, terzo pezzo, con un ritornello come “il tuo Dio è morto e a nessuno interessa, se l’inferno esiste ti incontrerò la”, cantata a Roma…). Picchia duro (Terrible Lie, March of the pigs, Gave Up, Wish, Mr Self Destruct), rallenta in grande pathos e tensione (Something I can never have, La Mer, The Fragile, The day the world went away), lascia spazio ai tre comprimari (Gone-still, The downward spiral), bravi nel sapersi alternare in più strumenti, cita i maestri nonché vecchie collaborazioni (cover di Bowie I’m afraid of Americans ,altro caso, vista la situazione mondiale?), e chiude, senza bis, con una delle canzoni più belle della storia della musica, Hurt, una Imagine in dark, struggente ed emozionante nel suo drammatico incedere e nel suo testo (per i più distratti, ascoltate la versione che ne ha fatto Johnny Cash poco prima di morire).
Un batter di ciglia ed è tutto finito, nessuno spazio a futili chiacchiere o pause inutili, al massimo una veloce presentazione dei musicisti. E poi, come canterebbe Trent, the pigs have won tonight, now they can all sleep soundly and everything is all right…..
Una doverosa citazione ai supporter : gli Animal Collective si sono presentati con uno strano effetto simil dj set con basi sparate a tutto volume e costruzioni sonore artificiali alquanto avveniristiche e difficili da digerire. Rivedibili.
Piaciuti invece i Tv on the radio, con un set molto avvincente, purtroppo poco aiutato dall’acustica, hanno sciorinato i loro cavalli di battaglia con un piglio da future star. Memorabili versioni di Young liars e Staring at the sun, molto più aggressive che su cd. La prossima volta li ritroveremo headliners.
Recensione di Attilio
Guarda la Photo Gallery del concerto
Guarda la fotogallery di Bologna 2007
Scaletta:
Somewhat damaged
Terrible lie
Heresy
March of the pigs
Something I can never have
The line begins to blur
I’m afraid of americans
The becoming
Burn
Gave up
La mer
The fragile
Gone, still
The downward spiral
Wish
Survivalism
Suck
Mr Self Destruct
The day the world went away
The good soldier
The hand that feeds
Head like a hole
Hurt
Davvero un bellissimo articolo (capita di rado di leggerne di belli, la maggior parte sono sempre inutili)
è stato davvero un grandioso concerto, vedremo cosa ci porterà il fututo (e speriamo bene…)
grazie
Leila
Ottima recensione!! E condivido appieno anche il tuo giudizio 🙂
Mi dispiace dirlo perchè odio le operazioni di marketing… ma speriamo che l’addio sia solo una bufala promozionale! Soffro troppo a pensare di non poter più vedere i NIN dal vivo!
PS: complimenti al Magister x la galleria fotografica!
Prisca.
Ciao Attilio, un’amica mi ha mandato il link del tuo articolo. Anch’io ero a Capannelle e a Bologna. C’è stato un passaggio di qualità acustica pazzesca dai TV on the Radio ai Nin, credo che i TV siano da ascoltare su cd mentre Trent ha una voce che spacca, penetrante, calda, un timbro inconfondibile. Quella di Cash è una delle versioni più belle di un brano capolavoro, però il mio pezzo preferito oramai non lo suonerà più ma rimarrà per me un punto di riferimento e parlo di Closer !!! Il grande Trent ha pure collaborato per la colonna sonora di film altro punto di riferimento eh che ci vuoi fare è una questione di coerenza sonora !!! complimenti e un saluto. mela.
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