Roma, cavea Auditorium, 20 Luglio 2014
Annunciato come evento, si è poi rivelato come tale. L’attesa serata che riuniva sullo stesso palco (ma mai insieme) tre delle più importanti personalità della musica al femminile d’oltreoceano è stata ricca e di grande livello. Il rischio dell’accozzaglia o per lo meno di una forzatura nell’avvicinare tre artiste così diverse per genere, anagrafe e percorsi musicali c’era tutto. Le perplessità riguardavano, per motivi diversi, soprattutto l’apertura e la chiusura del live set, sulla qualità e la classe dell’esibizione centrale eravamo disposti a mettere la classica mano sul fuoco.
Ma andiamo per ordine: ad aprire la serata è toccato a Joan Wasser, aka Joan As a Policewoman, Fresca del nuovo album Classics, già dal look prometteva qualcosa di diverso ed insolito. Capelli lunghi, tuta da lavoro di jeans alla Come on Eileen, purtroppo ancora senza un vero bassista in formazione, la poliziotta di Brooklyn ha accantonato buona parte del suo repertorio soul/r’n’b per dar vita ad un’ora di cantautorato rock, con profonde venature psichedeliche, soprattutto quando, abbandonando tastiere e chitarra, ha imbracciato la viola, esibendo un’inaspettata perizia, sia nell’utilizzo dello strumento che negli effetti con cui elaborarne il suono. Ma la piacevole sorpresa è stata quella di uno show subito decollato, senza perdite di quota e di tensione, cosa che in passato raramente era riuscita alla nostra Joan, le cui capacità compositive e creative non sono mai state messe in dubbio in ormai dieci anni di presenza sui nostri palchi, semmai ciò che le si rimproverava era una certa scostanza nel repertorio ed un’inesorabile tendenza a non saper reggere la scena, con conseguenti cadute di pathos ed un generale ‘smosciamento’ del soufflè musicale da lei più volte proposto. Stavolta invece, forse anche grazie all’ora scarsa a lei concessa, è riuscita a farsi apprezzare da inizio a fine concerto.
Dopo un rapido cambio palco (è necessario sottolineare la bravura dei tecnici e delle maestranze, la cui efficiente velocità va annoverata tra i motivi del successo della serata, con tempi morti davvero ridotti al minimo) ecco salire la farfalla Suzanne Vega , la prestigiatrice dal cappello a cilindro, l’alchimista senza mantello, che come già avvenuto qualche anno fa a Villa Ada, ci svela il segreto della sua formula che da quasi trent’anni ci incanta ed ammalia: classe, abilità di sottrarre e mai aggiungere troppo, un grande equilibrio tra melodie ed arrangiamenti, una delicatezza innata, inconfondibile ed inimitabile. Come in tutte le magie,anche qui il trucco c’è ma Suzanne non fa nulla per nasconderlo, anzi, lo esibisce al suo fianco: la chitarra del fido Gerry Leonard, vera bacchetta magica dello spettacolo, del quale è davvero limitativo descrivere il contributo con il termine ‘accompagnamento’. Ai classici e mai troppo ascoltati ‘Marlene on the Wall’ e ‘Luka’, si affiancano i brani del nuovo lavoro dal chilometrico titolo Tales from the Realm of the Queen of Pentacles tra cui svetta la splendida I Never Wear White, da annoverare a pieno titolo tra i classici per brillantezza di songwriting. A proposito di classici, il set si chiude con ‘Tom’s Diner’, che viene riproposta come cover acoustic-dance della cover electro-dance dei DNA che ne decretò il successo planetario. Un ottima autocitazione per chiudere un concerto ai limiti della perfezione.
Ad un anno esatto di distanza dalla precedente esibizione, e con ancora ben presenti gli spettri di quella nefasta serata, ecco salire in scena Chan Mashall, in arte Cat Power, che fa subito capire che stasera vuole farsi perdonare l’orribile performance della precedente edizione di Luglio suona bene in cui il pubblico sbigottito ed attonito la vide vagare sul palco, come un’anima in pena, barcollante, capricciosa, malferma ed indisponente, sbiascicando anzichè cantare, lasciando anzitempo il palco, irritando gli spettatori, che a ragione si domandavano se ci fossero gli estremi per il risarcimento del biglietto. Molti dei presenti di allora erano di nuovo qui, alla resa dei conti e pronti a chiederne la testa al primo cenno di insofferenza. Fortunatamente lo spettacolo è stato molto valido, la dolcezza e la grinta sin dal primo e programmatico brano ‘the Greatest’ hanno reso la chiusura di serata all’altezza (se non a volte addirittura superiore) delle artiste che l’avevano preceduta. L’energia della ‘Cherokee’ proposta stasera, ad esempio, ha mostrato la qualità ed il valore artistico di Cat Power, riscattando la scialba ed inverosimile versione dello stesso brano suonata un anno fa in quella sciagurata occasione.
In conclusione, una formula interessante e sicuramente da ripetere, ben tre ore di spettacolo, tre grandi artiste a confronto, una serata magica di grande musica, tre concerti al prezzo di uno. E, in questi tempi di persistente crisi, scusate se è poco.
Live report di Fabrizio Forno