Roma, Circolo degli Artisti, 9 aprile 2009
Il lungo viaggio di Bill Murray nello splendido “Broken Flowers” di Jim Jarmush è accompagnato unicamente da una compilation di jazz etiope che contribuisce non poco alla creazione di quel senso di solitudine e sospensione che pervade l’intera pellicola. Quelle note diffuse dallo stereo della sua auto sono opera del padre dell’ethio-jazz, Mulatu Astatke (classe 1943), che, appena reduce della collaborazione con il collettivo musicale inglese “The Heliocentrics”, ha intrapreso un piccolo tour europeo che ha toccato l’Italia in due occasioni, Firenze e Roma.
Il pubblico accorso alla data romana presso il Circolo degli Artisti è numeroso e variegato e gli Heliocentrics entrano in scena passate da poco le 22.30. Il collettivo si presenta con una formazione a otto: batteria, basso, chitarra, tastiere, percussioni, violoncello, tromba e sassofono. Il brano di apertura, “Collateral Damage”, sembra fungere da riscaldamento, con il percussionista alle prese con il flauto traverso e il sassofonista con il clarinetto. Il suono putroppo non è proprio ottimale (chitarre e tastiera sono quasi inesistenti), ma per fortuna in seguito migliorerà. Terminato il pezzo ecco fare il suo ingresso, in completo bianco e con una sciarpa multicolore, Mulatu Astarke che prende posto al centro del palco davanti al suo vibrafono.
Tutte le composizioni sono caratterizzate da un tema dal sapore orientale eseguito sempre a due voci dai fiati cui seguono a turno i soli da parte dei musicisti, diretti dal percussionista Jack Yglesias. Nei primi due brani, “Dewel” e “Cha Cha” (non inserita in scaletta), il protagonista è ovviamente Astatke, che dopo l’esposizione del tema esegue due soli penalizzati purtroppo dall’acustica, ma probabilmente dovuta da una scelta precisa del musicista stesso: le note prodotte dallo strumento vengono fatte risuonare molto a lungo creando un effetto di sovrapposizione di suoni un pò confuso. Questo non penalizza comunque il fascino che Astatke riesce a infondere con i propri interventi, e gli spettatori delle prime file possono sentirlo fare eco al suo strumento con la propria voce, rendendo più efficace il tutto. In questi due brani sono prima il sax e poi il violoncello a seguire gli assoli di vibrafono, ed in entrambi i casi i musicisti rispondono egregiamente al musicista etiope.
Ma è con il trittico tratto da Broken Flowers, “Yekermo Sew”, “Gubelye” e “Yegelle Tezeta” che il concerto spicca il volo, grazie a un eccezionale solo del trombettista che con l’ausilio di un delay dl4 registra le note della sua tromba sovrapponendole simultaneamente creando un ensamble di fiati di rara efficacia. Alla prima traccia viene poi collegata senza sosta la seconda che vede Mulatu unico solista. Con la terza traccia il concerto raggiunge forse il suo punto più alto: Astatke passa alle percussioni (cosa che farà spesso all’interno di ogni brano del live) mentre il tastierista, fino a questo momento rimasto completamente in ombra, esegue uno straordinario solo di organo, cui segue un breve momento di pausa in cui i due fiati e il violoncellista restano i soli a suonare fino a quando, lentamente, ogni musicista si rinserisce nel brano concludendo in un finale tiratissimo. Il pubblico risponde a questa piccola suite con un boato e Astatke lascia il palco agli Heliocentrics per il brano “Anglo Ethio Suite” che chiude il disco inciso insieme, “Inspiration Information 3”.
Al suo rientro Mulatu e la band eseguono altri tre pezzi: il primo, “Mulatu”, vede finalmente protagonista il chitarrista che esegue un ottimo solo dal gusto santaniano. Poi Astatke prende possesso della postazione del percussionista e la band esegue una grande versione di “Chik Chikka” (forse il brano migliore dell’album), con soli di violoncello, tastiera (ancora una volta superbo) e infine di percussioni proprio da parte di Mulatu che, per l’occasione, viene circondato dagli Heliocentrics, tutti protesi a incitare il pubblico a battere le mani per accompagnare il musicista.
Mulatu sembra molto emozionato e felice. Rivolge continui ringraziamenti a una platea che risponde con grande affetto. Per l’ultimo brano si sposta al suo piano elettrico (fino ad allora rimasto inutilizzato) e ci regala un suo classico, “Netsanet”, semplicemente il tema perfetto per qualsiasi film black-exploitation o poliziottesco (strano che Tarantino non l’abbia ancora riciclato). I nove lasciano il palco tra gli applausi e rientrano per un ultimo brano “Yekatit”: con il solito straordinario solo del tastierista Ollie Parfitt (questa volta di moog) il concerto si conclude in modo davvero memorabile. Menzione speciale, oltre ai musicisti solisti, va alla sezione ritmica, in particolare al bassista Jake Ferguson, capace di portare un giro di basso per quasi 10 minuti con lo stesso groove e con la stessa efficacia della prima battuta.
Dobbiamo quindi ringraziare la Srut Records, artefice della serie Inspiration Information che affianca a una band contemporanea un suo mito ispiratore. Il risultato dell’incontro tra Mulatu Astartke e gli Heliocentics è stato eccezionale sia in studio che in sede live, e speriamo che questa collaborazione possa ancora dare buoni frutti e non si concluda con la fine di questo tour.
Recensione by Federico Forleo
Scaletta:
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