Roma, Auditorium Parco della Musica, Sala Sinopoli, 24 ottobre 2013
È noto come il padre dell’Ethio-jazz, anche se altri esponenti di questo genere musicale, tipico dell’Etiopia, non sono molto noti. Se proprio vogliamo etichettarlo, è un tipico esemplare del vasto fenomeno “world fusion”, anche come personaggio, essendo stato attivo, in cinque decenni di carriera discografica, tra Stati Uniti, Inghilterra ed Etiopia, e avendo collaborato anche con registi occidentali, come Jim Jarmush.
La musica di Mulatu Astatke è essenzialmente jazz, con molte contaminazioni sia pop, sia etniche, dal momento che attinge non solo alla tradizione etiope e africana in generale, ma anche a quella caraibica. La sua impostazione jazz punta molto sugli arrangiamenti, rifacendosi perciò direttamente agli stili delle orchestre, e in questo essendo molto più simile a un Duke Ellington (col quale ha persino suonato) o a un Gil Evans, piuttosto che a un altro vibrafonista come Milt Jackson. È quel tipo di musica nella quale si passa da un’invenzione all’altra, privilegiando il gusto di suonare in quanto tale e in questo risultando assai divertente e piacevole. Un modo anche di scavare tra le radici profonde della tradizione, ma senza alcuna drammatizzazione. Con Mulatu Astatke la musica è sempre festa, gioco, intrattenimento.
La sua capacità di soddisfare i palati più sofisticati e di divertire al contempo, di accontentare la mente assieme al corpo, lo ha fatto paragonare ad artisti come i Talking Heads, Art Ensemble Of Chicago e Miles Davis. Nel concerto all’Auditorium, si è presentato con una formazione nella quale la metà degli otto componenti era bianca, riuscendo così a stuzzicare più la nostra componente cerebrale che il desiderio di ballare, il che forse è stato meglio, costretti tra le poltroncine della sala Sinopoli. Più simile insomma alla band di David Byrne che a Fela Kuti, altro grande africano contemporaneo al quale Astatke può senz’altro essere accostato, pur essendo molto più sobrio e contenuto.
Prima che i musicisti iniziassero a suonare, la scrittrice italo-etiope Gabriella Ghermandi ha letto brani dal suo libro “Regina di fiori e di perle“, un libro che sicuramente vale la pena di leggere, a giudicare da quei preziosi assaggi.
Recensione di Paolo Subioli
foto di Fabrizio Forno scattata il 10 marzo 2011 all’Auditorium Parco della Musica