Non sono ferrata sull’operato dei Mogwai. Ho ascoltato qualcosa su segnalazione di amici competenti, per cui quando il gruppo annuncia la tappa romana all’Auditorium in pieno luglio, decido di acquistare il biglietto convinta di assistere ad una rilassante serata, forse anche un po noiosa rispetto alla musica a me più congeniale, ma sicuramente di alta qualità. Assolutamente false si rivelano le mie aspettative! E non per le indubbie qualità del gruppo di Glasgow, ma per la potenza che si scatena dal palco e che invade i presenti come una vera e propria onda d’urto. Con un’alternarsi di melodie oniriche e accennate seguite da vere e proprie esplosioni al limite del metal, i cinque scozzesi danno vita ad uno show che rasenta le due ore senza un minimo calo di tensione. Stuart Braithwaite e soci si presentano al cospetto di una Cavea non sold-out, causa le innumerevoli offerte di questa estate musicale romana che ci costringe alla scelta tra più eventi in contemporanea e dovendo sicuramente fare i conti col portafogli in tempo di crisi (anche se è doveroso sottolineare il prezzo assolutamente abbordabile per questo concerto, a differenza di band e location molto meno prestigiose ma molto più esose… Rock in Roma su tutti!). La formazione, oltre al già citato deus ex machina Braithwaite, è composta da altre due chitarre (John Cummings e Barry Burns, quest’ultimo anche al synth e tastiere), basso (Dominic Aitchson) e batteria (Martin Bulloch). Nella caledoiscopica scenografia affidata solo a psichedelici e geometrici giochi di luce, i cinque prendono posto sul palco. Stuart indossa un cappello da pescatore, la maglia di Star Wars e imbraccia una bottiglia di vino con calice, che riempirà (e svuoterà) svariate volte durante l’esecuzione del live e da l’idea di divertirsi davvero tanto a fare quel che fa, cioè suonare. Qualcosa di molto lontano dall’immagine di nicchia e forse pure di spocchia che ti aspetteresti da un gruppo catalogato come post-rock di matrice intellettuale. Danno il via al live con “Heard about you last night” la stessa traccia che apre il loro ultimo lavoro “Rave Tapes”, e da dove attingeranno in tutto solo 4 brani sui 14 eseguiti (encore compreso). Dal 1997 ad oggi ce n’è di materiale con cui deliziarci e quindi si spazia a 360° all’interno della loro produzione tornando subito indietro con “Friend of the night” e ancor più a ritroso con la suggestiva “Take Me Somewhere Nice” con Luke Sutherland al violino. Il pubblico è in estasi, un religioso silenzio segue l’esecuzione di ogni singolo brano che, partendo in sordina, finisce per deflagrare e scuotere violentemente i presenti dal precedente stato di trance. Le tre chitarre sono armi che, ad un gesto del comandante Braithwaite, rispondono sparando riff all’unisono come un fuoco di fila, accompagnate dalla potenza ritmica delle percussioni di Martin Bulloch, che purtroppo dalla nostra posizione laterale possiamo solo ascoltare in quanto coperto da un muro di amplificatori. Il basso di Aitchson supporta alla perfezione ogni singolo brano ed il suono si fonde in un unico amlagama tra feedback e digressioni. Si torna a “Rave Tapes” con “Mastercard”, “Deesh” e “Remurdered”. Dal vivo i brani di quest’ultimo album vanno a briglia sciolta risultando molto più allineati ai loro predecessori, quali “Werewolf”, “Christmas Step”, “Rano Pano”, “New Paths to Helicon Pt.2”, “Hunted by a Freak”, “Mogwai Fear Satan”, eseguiti in successione e unendosi l’un l’altro senza soluzione di continuità. La cavea si riversa sotto al palco per l’esecuzione dei due brani che chiuderanno il live set: la splendida “Helicon Pt.1” e la più recente “Batcat”, eseguita con tale energia ed intensità da rivelarsi il perfetto epilogo di un altrettanto perfetto concerto. Che dire? Che la libertà che ha sempre contraddistinto i Mogwai, scomodi entro ogni definizione o etichetta affibbiatagli, è stata sprigionata per intero su quel palco. E che dopo aver assisitito ad un loro live, anche l’ascolto dei lavori in studio avrà sicuramente maggior spessore alle orecchie di chi fino a questo momento ne ignorava la natura bestiale. Veri e propri animali, già, ma da palcoscenico!
Live report e foto di Claudia Giacinti.