Roma, Palalottomatica, 24 giugno 2009
Il Palalottomatica è strapieno e ovviamente esaurito da mesi per il terzo concerto di sempre dei Metallica nella Capitale, il primo dopo 13 anni. I due eventi precedenti risalgono al 1992 e al 1996, il primo all’epoca del “Black Album”, il secondo dopo la pubblicazione del mediocre “Load”. Se è opinione comune che la qualità dei lavori in studio dei Four Horsemen non ha mai più raggiunto le vette toccate soprattutto negli anni ’80 con capolavori come “Master Of Puppets” o “Ride The Lightning” che hanno fatto la storia dell’Heavy Metal, è altrettanto indubbio che la loro fama di live band schiacciasassi non è mai stata minimamente intaccata in quasi trent’anni di tour in lungo e in largo per il mondo.
Il World Magnetic Tour, che tocca Roma e Milano, è quello a supporto del nuovo album “Death Magnetic”, prodotto dal guru Rick Rubin (uno che ha lavorato con gente del calibro di Red Hot Chili Peppers, Slayer, System Of A Down, The Mars Volta, Johnny Cash, Run-DMC…), che segna il ritorno ad una forma che può ricordare il trash-metal di un tempo, ma che non nasconde la poca sostanza delle canzoni, costruite in gran parte come un’indefinita accozzaglia di riff senza un vero filo conduttore. La musica dei nuovi Metallica, per quanto sembri aggressiva e potente, è invece del tutto innocua, soprattutto se confrontata con la forza deflagrante, e in ambito metal certamente rivoluzionaria, delle produzioni degli anni ’80. Ma, come detto, non siamo andati al Palalottomatica per criticare i loro lavori in studio, bensì per apprezzarne la bravura nei concerti dal vivo.
I gruppi spalla, Mastodon e Lamb Of God, sono di primissimo ordine. Purtroppo non si può dire lo stesso della resa acustica delle loro esibizioni: costretti ad utilizzare l’impianto a potenza ridotta (la piena potenza in questo tipo di eventi è riservata agli headliner) vengono entrambi sovrastati dal rimbombo che la loro stessa musica genera risuonando nel palazzetto, che per l’ennesima volta si conferma inadatto a ospitare eventi musicali, anche dopo i recenti lavori di ammodernamento, terminati nel 2003. La pessima acustica non permette di godere in alcun modo dei due show, né nel caso del progressive cervellotico dei Mastodon, che pure presentavano, relegati in un angolo del palco, alcuni brani dal loro ultimo strepitoso album “Crack The Skye”; né nel caso del groove metal dei Lamb Of God, che compensavano una proposta musicale decisamente più noiosa con una presenza scenica notevole, soprattutto da parte del cantante Randy Blythe che si spende moltissimo saltando in lungo e in largo sull’enorme palco, stavolta sfruttato appieno, fra un growl potentissimo, un headbanging furioso e continue incitazioni al pubblico, che sembra gradire molto.
Quando infine arriva il momento dei padroni di casa, i Metallica, introdotti come sempre dalla magnifica “The Ecstasy Of Gold” di Ennio Morricone, il bellissimo palco mostra tutte le sue potenzialità: è strutturato a 360° (è una moda recente, e azzeccata, vista anche nell’ultimo tour degli U2, che permette al pubblico di non essere mai troppo lontano dalla band e di osservare lo show da una prospettiva diversa), con la batteria al centro posizionata su una pedana rotante, e una decina di microfoni lungo la circonferenza, in modo da permettere a James Hetfield di cantare rivolgendosi di volta in volta ad uno spicchio diverso di pubblico. Notevoli anche i giochi di luce (i supporti delle spotlight che sovrastavano il palco erano a forma di bara, a riprendere la copertina di “Death Magnetic”), fra laser verdi e alte fiamme. Il suono è decisamente migliore rispetto a quello dei gruppi spalla, perché stavolta è il volume altissimo dell’impianto a sovrastare i rimbombi, ma resta distante dalla perfezione che ci si aspetterebbe.
La partenza è molto potente, con “This Was Just Your Life” e “The End Of The Line”, entrambe estratte da “Death Magnetic”, ma non avendo apprezzato l’album restiamo piuttosto freddi fino a quando i quattro non attaccano una devastante “Creeping Death”. Lo scimmiesco Robert Trujillo si dimena moltissimo e suona alla grande il suo basso. Al contrario Kirk Hammett sembra più freddo e distaccato, mentre il batterista di origine danese Lars Ulrich ha decisamente ridimensionato le sue qualità tecniche, sembrando a tratti in affanno sui pezzi più tirati e semplificando di molto le sue parti (specialmente risparmiando sulla doppia cassa). Ma è James Hetfield la vera forza della band: suona e canta con un’intensità e un trasporto mostruosamente superiori rispetto ai suoi compagni e tiene in pugno ciascuno dei 12000 di quella che lui chiama la “Metallica Family” quando dice “Tonight we all leave very tired, with no voice, but with a big smile”, una perfetta sintesi, ci sembra, di quella che deve essere l’essenza di un concerto rock. Poco importa se anche questa frase è una parte prestabilita dello show di una band di ricchissime superstar che da quasi vent’anni campa sulla rendita di gloriosi album del passato.
Si prosegue fra brani del nuovo album (“Cyanide”, il singolo “The Day That Never Comes”), pezzi immortali come “One”, “Sad But True”, “Master Of Puppets”, “Nothing Else Matters” e chicche oscure come la velocissima “Dyers Eve”, brano di chiusura di “…And Justice For All” e forse uno dei momenti migliori del concerto, anche perché pochi se la aspettavano in scaletta. I Metallica salutano il pubblico con quella “Enter Sandman” che fu il primo singolo del vendutissimo “Black Album”, il disco che li fece diventare delle superstar, non solo della scena metal, ma di tutto il mondo del rock e che probabilmente rappresenta l’inizio della loro fine, perché fu una decisa virata verso il commerciale, per quanto colmo di brani di grande qualità.
Tornati sul palco i quattro di San Francisco omaggiano, come è ormai tradizione nei loro show, una delle band che spinsero i ventenni Ulrich ed Hetfield a mettere su un gruppo e che più li hanno influenzati nel corso degli anni. Stasera tocca ai Queen, e la cover di “Stone Cold Crazy”, che i Metallica inclusero come B-side proprio del singolo di “Enter Sandman”, rende giustizia al grande gruppo inglese. Hetfield la cantò anche nel 1992 al concerto tributo a Freddie Mercury, accompagnato dai membri rimanenti dei Queen e da Tony Iommi dei Black Sabbath, poco dopo la morte del grande cantante di Zanzibar.
La chiusura è affidata a due brani estratti da “Kill ‘Em All”, il fulmine a ciel sereno che i Metallica scagliarono sul mondo del metal nel lontano 1983: “Phantom Lord” è vicina alle loro influenze punk molto evidenti soprattutto in quel primo album, mentre l’immancabile “Seek & Destroy” viene suonata col Palalottomatica illuminato a giorno e durante la quale vengono lanciati sul pubblico dei palloni neri con il logo della band (una trovata discutibile, perché distrae dal concerto vero e proprio).
Siamo consapevoli del fatto che la rabbia e la genuinità degli inizi abbiano lasciato il posto ad una cattiveria più di facciata, rassicurante e a buon mercato, e che rispetto ad una ventina di anni fa i concerti dei Metallica siano diventati degli spettacoli veri e propri, portati avanti con mestiere più che con passione, con classe più che con la furia e la rabbia giovanile degli inizi (YouTube può testimoniarlo ampiamente), ma questo non esclude che questi stessi show siano ancora davvero validi e godibili, specialmente quando condotti da un James Hetfield così straripante. L’unico rimpianto forse è per la scaletta, troppo incentrata su “Death Magnetic” e costretta quindi a trascurare molti cavalli di battaglia del passato (“Battery” o “Welcome Home (Sanitarium)” o “Fade To Black” non ci sarebbero affatto dispiaciute). Speriamo di avere la possibilità di rivedere i Four Horsemen in azione in una location meno sciagurata.
Live report di Andrea Carletti
foto da Monaco di Baviera a cura di deep schismic
Scaletta:
1. That Was Just Your Life
2. The End of the Line
3. Creeping Death
4. Of Wolf and Man
5. One
6. Broken, Beat & Scarred
7. Cyanide
8. Sad But True
9. No Leaf Clover
10. The Judas Kiss
11. The Day That Never Comes
12. Master Of Puppets
13. Dyers Eve
14. Nothing Else Matters
15. Enter Sandman
16. Stone Cold Crazy
17. Phantom Lord
18. Seek and Destroy
[…] gradino più in basso, ma la loro indiscutibile influenza su band posteriori quali Korn, Deftones o Mastodon, non fa altro che confermare l’importanza assunta dai quattro all’interno del panorama […]