Roma, Circolo degli Artisti, 4 ottobre 2011
Ai molti sarà forse sfuggito, ma la data di questa sera è per i Melvins il debutto assoluto da headliner nella capitale. In passato, infatti, ben due date vennero annunciate al Circolo degli Artisti, ma nel 2004 saltò l’intero tour europeo, mentre nel 2007, a pochi giorni dal loro arrivo, furono annullate le quattro date italiane. Certo, nel 2006 ci fu la divertentissima, ma assai confusa, esibizione della FantômasMelvins Big Band al Qube, ma, a conti fatti, solo i romani presenti allo storico concerto del 22 febbraio 1994 al Palaghiaccio di Marino, avevano potuto assistere in città (o quasi) a un esibizione dei nostri, che aprivano il concerto di una band alquanto famosa al tempo, chiamata Nirvana.
Non sorprenderà più di tanto quindi la notizia del sold-out del Circolo, che bissa così il tutto esaurito del live dei Sunn O))) risalente a pochi giorni prima. Il pubblico romano in questo periodo è davvero avido di suoni pesanti e mastodontici.
All’entrata la presenza di due batterie ci ricorda che a partire dal 2006 sua maestà King Buzzo Osburne e Dale Crover sono affiancati in studio e sul palco da Jared Warren e Coady Willis, rispettivamente bassista e batterista dei Big Business. Questo duo, fuso con i Melvins, ha portato alla creazione di un ensamble di rara potenza, capace di spaziare con facilità estrema dal tipico claustrofobico suono sludge, fino a momenti ilari e ironici, caratterizzati dall’uso della voce da parte di tutti e quattro gli elementi (consigliatissimo il disco del 2008, “Nude with Boots”). E il concerto sarà caratterizzato proprio dall’alternanza precisa e ben studiata di queste due tipologie di sound.
L’apertura è affidata alle prime due tracce di “Lysol”, vero e proprio manifesto dello sludge, punto di riferimento per band come Boris e Sleep. L’impatto sonoro è più che soddisfacente, ma messo a confronto con il live degli Electric Wizard dell’anno scorso o con quello dei già nominati Sunn O))) non regge assolutamente il confronto, in termini di devastazione. Ma, come già sottolineato, la peculiarità dei Melvins è propria quella di spaziare tra vari sound, il non rinchiudersi all’interno di una scelta sonora ben delineata: termini come hard, metal, punk e grunge non riescono a contenere tutte le varie sfaccettature della band. Ed ecco infatti passare con naturalezza alla coppia di brani tratti dall’ultimo album del 2010, “The Bride Screamed Murder”, ben più rilassati e divertiti.
Warren, oltre che ottimo bassista, sembra essersi realmente ritagliato un ruolo importante all’interno del gruppo, soprattutto quando intreccia le sue linee vocali con quelle di King Buzzo: è un compito tutt’altro che facile, e nel farlo dimostra di aver capito a fondo la personalità del chitarrista. Su quest’ultimo ovviamente c’è ben poco da aggiungere, a partire dal suo incredibile look: la sua immensa fama di icona del panorama rock indipendente viene confermata ogni volta che tocca le sue corde o si avvicina al microfono. Ma a impressionare più di tutti sono i due batteristi, l’effetto specchio (Willis è mancino) è ipnotico, e la precisione con cui i due eseguono le loro parti in perfetta sincronia è fuori dal comune (basti pensare ai colpi di cassa, non si avverte un millisecondo di ritardo tra i due). Sono instancabili, e per un’ora e mezza abbondante non si fermano praticamente mai: anche nell’ipotetica pausa prima dei bis, i due rimangono sul palco, sfidandosi durante l’esibizione di “Spread Eagle Beagle”.
E proprio la parte centrale, che precede gli assoli di batteria, risulta essere la migliore del live, partendo da “Lizzy”, dove sentiamo per la prima volta il suono pulito della chitarra di King Buzzo (convertitosi anche lui alle chitarre di alluminio della EGC Company), fino a “Copache”: quest’ultima viene eseguita subito dopo “At The Stake”, sicuramente il miglior brano della serata. Dopo l’immancabile inno “The Bit” (recuperate la versione della FantômasMelvins Big Band), la chiusura, viene affidata alla malignamente sognante “Shevil”, che suggella l’esibizione dei quattro.
Se ne vanno così, senza un reale bis, ma far risedere i due batteristi dietro le loro pelli dopo una prestazione del genere sarebbe stato un crimine contro la loro salute. Il pubblico gronda sudore come non si vedeva da tempo, e molte sono le magliette comprate al merchandise, perché quelle indossate non sono più utilizzabili.
Per fortuna nessuno sente il bisogno di rimanere nudo con addosso soltanto gli stivali.
Recensione di Federico Forleo
Scaletta
Hung Bunny (Lysol)
Roman Dog Bird (Lysol)
The Water Glass
Evil New War God
AMAZON
The Talking Horse
It’s Shoved
Lizzy
The Kicking Machine
Billy Fish
Up The Dumper
Electric Flower
Queen
At The Stake
Copache
Spread Eagle Beagle
A History Of Bad Men
Ligature
The Bit
Shevil
Bella recensione!
Io li ho appena visti a londra e hanno fatto la stessa scaletta…d’altra parte l’avevano anche annunciato. Da noi c’era solo Dale Crover ma é stato immenso. Il pezzo di sola batteria é stato una cosa alla Bonzo Bonham.
Questa é la mia rece http://bit.ly/uITN62
ciao!