M.I.T. MEET IN TOWN con: Alessandra Celletti, Soap & Skin with Ensemble, Bugge Wesseltoft & Nenrik Schwarz, Santasangre, Wild Beasts, The Very Best, Plaid, Tim Exile, Hudson Mohawke, Murkof, Jimmy Edgar, Daniele Baldelli, Alan 1, Dam Funk, Junior Boys DJ Set, MetroArea, AD Bourke, Fulgeance, Dorian Concept, Daedalus.
Evento speciale: A Life Along The Borderline- A Tribute To Nico: John Cale and Band, Mercury Rev, Joan As A Policewoman, Lisa Gerrard, Laetitia Sadier, CocoRosie, My Brightest Diamond, Nick Franglen, Mark Lanegan, Soap & Skin
Roma, Auditorium Parco della Musica – 11 Aprile 2010
Dopo tre anni di rassegna M.I.T., progetto multimediale dedicato all’Elettronica ed alla Sperimentazione dei suoni, è diventato un vero Festival, che si è svolto in un unico eccezionale evento all’Auditorium dal pomeriggio sino a notte inoltrata, presentando numerosi Artisti internazionali che rappresentano generi e tendenze profondamente variegati. Rendiamo conto di quelli alle cui performances abbiamo avuto modo di assistere.
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Plaid: Frammenti di Luce
Festival ha preso il via con la notevole performance dei Plaid, storico duo elettronico d’avanguardia, formato da Ed Handley ed Turner, già noto per aver partecipato in veste di ospite ai tour di Bjork e di Orbital.
Il loro suono è nitido, potente, futuribile e forte appare la loro connessione tematica con la Visual Art: immagini fortemente suggestive, di pura psichedelia, rappresentate da quadrati, rombi, cerchi che si compongono e scompongono su di una parete del foyer della Sala Petrassi, dietro al DJ Set, hanno creato un effetto di forte straniamento ed autentica fascinazione su di un pubblico estremamente attento.
Alessandra Celletti: Celesti Armonie
La pianista italiana Alessandra Celletti è senza dubbio una virtuosa dello strumento: ci ha offerto una eccellente performance, spaziando nel suo repertorio classico moderno, ma anche attingendo da un Minimalismo suggestivo, memore della lezione di Philip Glass.
Esperta di autori tardo concertisti francesi, in particolare Debussy e Ravel, è certamente influenzata anche da sonorità e New Age, che con ogni probabilità provengono dalla collaborazione con uno dei padri dell’Elettronica Ambientale tedesca, Hans Joachim Roedelius.
Suggestiva anche la visione di immagini neopsichedeliche ispirate alle mutazioni di fiori ed animali, proiettate su di uno schermo dietro il palco, anche se l’insieme ha dato un po’ l’impressione del già visto.
Wild Beasts: Wild Style
Un quartetto britannico vitale ed abbastanza originale, i Wild Beasts, si è esibito in un Teatro Studio molto affollato: il suono spazia da un indie pop energico, per approdare ad un synth pop mescolato ad un buon soul, il tutto accompagnato dal sorprendente lirismo delle voci.
Nella loro performance, effettivamente, c’è qualcosa di primitivo e selvaggio: batteria violenta ed ancestrale, chitarre che sembrano appartenere al Rock anni settanta, gran senso della ritmica, contribuiscono a scaldare il pubblico presente in sala, che danza vorticosamente, allineandosi alle pregevoli soluzioni “Dance” proposte dal gruppo. Insomma, un pop rock venato delle vecchie sonorità, aggiornate ai gusti odierni che esprime un pizzico di sensualità.
Soap & Skin with Ensemble: Percorsi oscuri di Poesia
Rivelazione della Rassegna, la diciannovenne austriaca Anja Plaschg, sul palco Soap & Skin, ha in comune con la grande Nico, oggetto dell’omaggio di cui più avanti parleremo, la voce oscura e l’anima crepuscolare.
Abbiamo assistito a parte della sua meravigliosa performance, nella quale accompagnandosi al piano e con un quartetto d’archi a far da contraltare, ha saputo colpire profondamente per il suo senso del pathos; l’intensità e la capacità introspettiva del suo canto la mettono in relazione con il subconscio, con l’emozionalità più oscura.
sue canzoni sono permeate dal dolore e dalla disperazione proveniente dalle sconfitte di una giovane donna, e oscillano mirabilmente tra il sussurro e l’urlo, intrise di bellezza e di rara potenza espressiva. Essa appare una tragica eroina romantica, ribelle, dotata di una sensibilità fragile e violenta, e di un timbro di voce possente e doloroso.
A Life Along The Borderline_ A Tribute to Nico: Tutti i Colori del Buio
Lo splendido omaggio di John Cale alla Musa di Andy Wahrol, la tenebrosa icona del “Rock sepolcrale”, Nico, al secolo Christa Paffgen, ha contribuito ad apportare un notevole salto di qualità al M.I.T., concepito, come sopra riportato, come Festival della Musica Elettronica e della Sperimentazione.
Come già nel 2008 a Londra e nel 2009 a Ferrara, oha radunato il meglio dell’Alternative Rock per un suggestivo incontro con la musica della “Divina”.
L’intensa e difficile vita di questa specie di Sacerdotessa delle Tenebre è avvolta nel mistero; dalle origini di modella per Coco Chanel a star del Cinema (Fellini la volle in un breve ruolo ne “La Dolce Vita”, fu interprete de “La Cicatrice” diretto dal suo ultimo, appassionato compagno di vita Philip Garrel, regista di culto dell’underground francese, che le dedicò, dopo la morte, lo splendido, straziante, J’Entend plus la Guitare), sino a diventare una vera “Chanteuse” di culto, antesignana del Gothic Rock.
La sua statuaria bellezza, la fierezza del suo incedere, il suo carisma, la sua suggestiva e visionaria invenzione poetica la proiettarono molto presto nella leggenda. E’ vissuta ed è morta, per un banale incidente ad Ibiza, come una triste e scultorea Musa della Musica Sepolcrale.
La sua voce profonda ed inquietante, spesso accompagnata dal solo harmonium, strumento dal suono arcano e religioso, le oscure atmosfere evocate dalla sua musica sono uniche e forse inarrivabili, ma alcuni dei musicisti chiamati da Cale per questo progetto hanno saputo esprimere emozioni e stati d’animo con un’intensità non lontana dallo spirito della Poetessa.
L’omaggio ha avuto inizio con “Frozen Warnings” da “The Marble Index”, eseguita alla grande da John Cale e dal suo gruppo: un cantato drammatico contrassegnato da martellante pulsare elettronico ed arditi giochi di viola, ma troppo “rock” se messo a confronto con il cupo minimalismo dell’originale.
Seguita Lisa Gerrard, che con voce da brivido ha interpretato da par suo “Falconer”, tratto da ”Desertshore”, album Avant Garde con notevoli elementi neoclassici; l’estensione vocale della cantante, anche Lei eroina Dark moderna e la sua capacità di evocare atmosfere icche di pathos hanno reso giustizia a quello che rimane uno dei brani più suggestivi interpretati dalla “Chanteuse”.
Egualmente intensa l’interpretazione di “My Only Child”, ancora da “Desertshore”, da parte dell’ex cantante degli Stereolab, Laetitia Sadler, certamente in sintonia con la dolente ed epica drammaticità di Nico, anche se dotata di un timbro di voce profondamente diverso. Una musica mesmerica, da occulto rituale, inquietante come l’originale, evocativa, quasi per incanto, di immagini di gotici castelli mediovali.
Alla voce cupa ed avvolgente di Mark Lanegan dobbiamo la goticheggiante “Roses in the Snow”, da “The Marble Index”, con sottofondo di archi e la lontana nenia dell’harmonium, efficacemente riproposti dal gruppo di Cale.
CocoRosie ha eseguito la coinvolgente “Abschied” da Desertshore, dalle atmosfere ipnotiche ed avvolgenti: ci è parsa un po’ scolastica, e una certa tendenza alla gigioneria l’ha portata lontano dallo splendore dell’originale. In realtà questo sublime brano fece parte della colonna sonora de “La Cicatrice Interieure” uno dei film interpretati dalla Cantante, che era ad esso molto legata, considerandolo la summa della sua poetica.
Ma è con “Janitor of Lunacy” interpretata dalla rivelazione Joan as a Police Woman, ancora da “Desertshore”, che la serata raggiunge il suo punto più alto.
Questo brano nasce nell’universo culturale berlinese, ed esprime un mondo di atmosfere gotiche, lasciando intravedere superfici gelide che celano un trasporto fortemente emozionale. La cantante si cala nei panni dell’originale in maniera creativa, evocando dolore e profonda suggestione.
Jonathan Donahue, leader dei Mercury Rev, agghindato come un lugubre clown, rende omaggio alla “Chanteuse” con una psichedelica rielaborazione di “Fearfully in Ranger”, tratto da “Camera Obscura”, con effetto straniante ma non privo di una qualche suggestione.
La lancinante interpretazione del brano “Ari’s Song”, tratto ancora da “The Marble Index”, da parte di My Brightest Diamond, cupa vocalist di grande spessore ci rimanda ad oscure immagini di cattedrali gotiche.
Dopo un breve intervallo, si riprende con My Heart is Empty, tratta da Camera Oscura, interpretata stupendamente al piano solo da Joan as a Police Woman, che si cala da par suo nella vibrante tristezza e consapevole disillusione dell’originale.
Lisa Gerrard è ancora chiamata ad interpretare “No One is There”, canzone fortemente neoclassica, che assume addirittura toni quasi liturgici.
Ancora vibrante ma molto rock l’interpretazione di Sixty-Forty da parte di John Cale, tratta da “The Drama of exile”.
Più suggestiva l’interpretazione della drammatica “You Forgot to Answer”, da parte di Mark Lanegan, tratta da “The End”, mentre CocoRosie non coinvolge particolarmente con “Win a Few”, ancora da “Camera Obscura”.
Si ripresentano i Mercury Rev presentando un suggestivo, dissonante “Evening of Light”, di stampo medievaleggiante, ma Soap & Skin con “Tananore”, ancora da “The Marble Index”, ripete la precedente splendida performance, conferendo al brano una sacrale e tenebrosa suggestione.
John Cale conclude in crescendo con “Facing the Wind”, da “The Marble Index”, spingendo il pedale dello sperimentalismo, al suono di una pianola da Cabaret. Siamo alla fine: gli Artisti, tutti insieme, interpretano “All That is My Own”, da “Desertshore”, e lo spettacolo si conclude, rendendoci appagati, con la consapevolezza di aver reso un doveroso omaggio ad una Artista catacombale, ma autrice di capolavori destinati nel tempo a rimanere opere di Culto.
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