Roma, The Place, 9 dicembre 2010.
Preceduto dalla breve esibizione del giovane cantautore Mattia Coletti, che nella sua essenzialità, nel minimalismo, nel cantato e nella scelta strumentale ricorda i brani più lineari del grande Sufijan Stevens, Marco Parente torna a Roma a meno di un mese dal concerto alla Locanda Atlantide nel corso della Slowfesta d’Autunno, e propone per intero il suo Diavolaccio, operina in forma di flusso, come la definisce lui stesso, intendendo per flusso il celebre ‘stream of consciousness’ di Joyce. Si tratta di un progetto di teatro canzone portato in giro per l’Italia da un paio d’anni con ottime risposte di pubblico e critica. Qui a Roma però l’allestimento perde le caratteristiche di performance teatrale, diventando a tutti gli effetti la prima parte di un concerto puramente musicale. The Place non sembra però il luogo più adatto per questo allestimento: ad esempio la presenza sul piccolo palco di un’ingobrante batteria alle spalle del musicista, della cui necessità ci sfugge il senso, sembra distrarre sia l’artista che il pubblico. Pubblico che purtroppo, complice forse il ponte dell’Immacolata, non può di certo dirsi particolarmente numeroso. Attento e caloroso, quello almeno, sì.
Per stessa ammissione dell’autore, non bisogna necessariamente cercare un senso completo e globale nel Diavolaccio; sono possibili vari livelli di lettura, anche se chiari sono i riferimenti alla tradizione popolare russa ed al Kafka del racconto ‘La verità intorno a Sancho Pancha’. Di certo non si può che simpatizzare con questo povero diavolo, che cerca in qualche modo di scrollarsi di dosso il ruolo che la storia dell’umanità gli ha voluto affibbiare, sostenendo che è l’uomo che è padrone del proprio destino e responsabile delle proprie azioni: nonostante le umiliazioni e le percosse subìte, il diavolaccio arriva pertanto al gesto estremo di voler negare la propria esistenza.
Marco sembra quasi tirare un sospiro di sollievo quando questa prima parte arriva alla conclusione, ansioso di proporre il resto del repertorio in programma, composto da vecchi classici come Farfalla Pensante, una cover di un bellissimo e poco conosciuto brano di Caetano Veloso, intitolato ‘Michelangelo Antonioni’ ed un paio di novità assolute a chiusura del live set.
Uno dei due inediti farà parte del nuovo ed attesissimo album, la cui uscita è annunciata per il primo marzo 2011, dal titolo ancora top-secret, pubblicato per la nuova etichetta fondata dallo stesso Parente e distribuito dalla Goodfellas, dopo una lunga collaborazione con la Mescal.
Oltre ad un brano scritto all’epoca dell’omaggio a Nick Drake ‘Sotto nuova luna’, impreziosito dall’arrangiamento d’archi di Robert Kirby, putroppo scomparso poco dopo questa collaborazione , il disco conterrà anche tutti i brani del Diavolaccio. Il pezzo che dà il titolo all’Operina sarà disponibile per il download già a partire dal prossimo gennaio. Divertente e geniale mi è sembrata ‘Shaker bei’, un omaggio all’ r’nb di Otis Redding che mi ha ricordato il Bo Diddley di ‘Who do you love?’ e che non vedo l’ora di riascoltare nella versione suonata dalla band al completo. A chiusura della serata una frizzante e gioiosa ballad dal titolo ‘Buon Compleanno all’universo’ che non farà parte della tracklist del nuovo CD e che auspica che l’universo continui a lungo ad aver pazienza con l’umanità che tanto lo bistratta…
Tanti auguri anche a te, Marco, ti aspettiamo con la band ed il nuovo disco!!!!
Recensione e foto di Fabrizio