Parco Archeologico di Vulci (VT), 31 luglio 2015
All’interno della suggestiva location del Parco Archeologico di Vulci, il concerto dello “zingaro” Manu Chao rappresentava indubbiamente uno degli appuntamenti estivi più attesi dagli appassionati del centro sud, vero e proprio evento all’interno della rassegna viterbese che vedeva in cartellone nomi altisonanti come quelli di Battiato o dei Bluvertigo. Certo, la presenza dell’artista franco-spagnolo nella penisola rappresenta già un’attrazione, ed il tour che quest’anno ha visto protagonista la sua Ventura sguinzagliata da nord a sud sembrerebbe non aver davvero scontentato nessuno, con la scarica di adrenalina rovesciata sui presenti che non riescono in alcun modo a restare impassibili dinanzi alle ritmiche funamboliche guidate dal carisma di questo straordinario artista oramai ultracinquantenne, ma con intatta la verve di un ragazzino. Il progressivo avvicinamento al fatidico ingresso dell’ex Mano Negra è quanto mai laborioso, con una folta pattuglia ad alternarsi nel ruolo di apripista, tra i quali spiccano il cantautorato verace (ed a tratti ridondante) di Andrea Rivera e lo ska dei romanissimi Radici nel Cemento, il tutto mentre il pubblico affluisce sempre più copiosamente fino ad esplodere in un boato che accompagna l’ingresso di Manu Chao e della sua band, quando oramai le 23.00 sono trascorse da venti minuti. I ritmi incalzano ed il parterre diventa immediatamente una bolgia, con Manu che dal palco si sbraccia battendosi ripetutamente il petto con il microfono, facendo così sentire “il suo cuore” e ringraziando i presenti invitando tutta Vulci a cantare e danzare. Descrivere nel dettaglio un concerto di Manu Chao è opera nell’insieme complessa, vista la tendenza della band a prodursi in una sorta di lunghissima jam che finisce per contenere tutti gli storici cavalli di battaglia del cantante all’interno di una melodia che si allunga a piacimento, come nel caso di Se fuerza la maquina, col ritornello << Proxima estacion… esperanza!!! >> che rimbomba ad intervalli regolari per l’intera durata del concerto. La resa live dei brani rispetto alla versione studio è permeata da un’impronta reggae assai più definita, ma soggetta ad improvvisi cambi di tempo che infiammano i presenti che ballano e saltano a ritmi forsennati, intonando in coro veri e propri must come Clandestino o seguendo le veloci ritmiche di Bongo bong, più vicina alla King of bongo dei Mano Negra che alla traccia contenuta nel lavoro da solista. Tra i momenti maggiormente d’impatto, l’estesa versione di Machine gun che veleggia sui fiati in un continuo crescendo in perfetta sinergia che mai risulta ripetitivo, il ricordo di Maradona con la toccante La vida tòmbola, o la rallentata esecuzione della hit Me gustas tu che dominò le classifiche nel lontano 2001 e che seppur fortemente connotata da un ritornello estremamente radiofonico, rappresenta l’eccellente formula di una canzone dall’incipit teoricamente semplice ma via via in grado di strutturarsi in un nugolo di effetti e campionamenti che esprimono alla perfezione la quintessenza della proposta di Manu Chao, che tra Mano Negra e carriera in proprio resta saldamente sulla breccia da un trentennio. Tra un paio di bis e velate citazioni dell’amico Tonino Carotone, le tarante veicolate dai due fiatisti salentini ed un’ennesima versione di Se fuerza la maquina, il concerto scivola via in un paio d’ore troppo veloci nelle quali il multiculturalismo del clandestino trova perfetto compimento, con il suo impasto di reggae e patchanka intriso di folk latinoamericano, tra retaggi francofoni e ritmiche ispaniche delle quali Manu Chao è maestro, in nome di una tendenza ad assimilare il maggior numero di elementi possibili da culture fra loro vicine ma tendenzialmente difformi. A coloro che invece tacciano Manu Chao di ipocrisia essendo egli sotto contratto con la Virgin/EMI, bisogna solamente ricordare quanto fatto dall’artista nel corso degli anni, dalle scuole costruite in Sud America ai concerti proposti nella giungla o tra le pericolosissime lande colombiane, senza dimenticare i prezzi estremamente popolari dei biglietti che permettono a migliaia di spettatori di affluire in massa agli happening di quest’interprete straordinariamente dotato e coerente, vero one man show in grado di intrattenere un pubblico recalcitrante dalla prima all’ultima nota grazie ad una passione ed una voglia straripante che non sembrano mai saziare i presenti. Senza mezzi termini, un artista.
Recensione di Fabrizio ’82