FAIRYLANDS CELTIC FESTIVAL 2013 – Live a Guidonia, Pineta di via Roma, 11 – 14 luglio
Come da tempo ci aspettavamo, il Fairylands Celtic Festival ha quest’anno spiccato il volo, con un raddoppio delle presenze ed una più puntuale presenza sui media.
La splendida cornice della Pineta di Guidonia, l’accurata organizzazione, la eccellente selezione delle bands hanno fatto il resto, in un’atmosfera quanto mai festosa, dove abbiamo potuto apprezzare, oltre alla buona qualità dei musicisti esibitisi sul variopinto palco, lo scatenarsi di danze, soprattutto da parte dei bambini.
Insomma, un pezzo di Irlanda, di Scozia, di Bretagna nel centro di Guidonia, con stands arricchiti da buoni cd e libri e cianfrusaglie più o meno divertenti, oltre alla Guinness che, ovviamente, scorreva a fiumi per celebrare l’evento più importante (se non l’unico) che, nel Centro Italia, ha l’ambizione di approfondire attraverso la Musica e la Danza la conoscenza della Tradizione e delle Arti della cultura Celtica, senza trascurarne gli aspetti ludici e gastronomici.
Abbiamo avuto l’opportunità di assistere ai concerti per due serate intere: ecco le impressioni che abbiamo riportato.
11 luglio 2013
City of Rome Pipe Band
La “Banda di Cornamuse della Città di Roma” è chiamata ad iniziare il festival, e lo fa con vivacità, senso del ritmo e grande piacevolezza.
Ispirata alla musica scozzese, ed alle cornamuse ed ai tamburi che ne caratterizzano ritmi e tematiche, sotto la guida del Pipe Major Simon Emslie, scozzese vissuto a lungo a Roma, l’ensemble fu fondato nel 2000, e da allora è sempre cresciuto sia nei suoicomponenti che in notorietà, sino a partecipare, oltre che a tante feste private, sagre di paese e così via, al campionato mondiale di Glasgow Green nel 2003, ed anche ai successivi, in Scozia, aumentando il suo prestigio e la sua notorietà.
Il concerto è stato piacevole, ma abbastanza scolastico; sono stati eseguiti, tra i molti brani della tradizione anglo scoto irlandese, con notevole perizia tecnica il classico “Mist Covered Mountains”, splendido “traditional” irlandese, già magnificamente eseguito dai “De Danaan”, che conserva il suo fascino con il suono delle cornamuse, e diverse colonne sonore di film, che si ispirano alle sonorità celtiche, come “La Boum” colonna sonora de “Il Tempo delle Mele”, fluida e piacevole, e “The Gael”, colonna sonora composta da Trevor Jones per “L’Ultimo dei Mohicani” epica opera di Michael Mann. A seguire l’immortale “Amazing Grace”, e per concludere l’omaggio ai Queen “We Will Rock You”. Ed è questo il limite della performance: troppe concessioni al “mainstream”, brani arcinoti, nella lodevole intenzione di rivedere e trasfigurare la tradizione, ma il tutto è sembrato, in realtà, privo di una autentica invenzione musicale e poetica.
Mc Nando
Mc Nando (l’italiano Marco Celli), geniale polistrumentista, eccentrico folletto celtico, ci ha regalato una bella performance da solista, aiutandosi con parti ritmiche, tappeti sonori e loop eseguiti al momento ed autoregistrati. Il suono è decisamente insolito ed affascinante: l’artista passa dal violino alla voce, al bansuri (flauti traverso in bamboo), ai flauti irlandesi e scozzesi, alle chitarre al tampura. Nell’ambito della sua performance egli ha presentato brani della tradizione irlandese, scozzese e bretone, spaziando comunque, in generale, nella musica etnica, dimostrando grande professionalità e versatilità, il tutto in un’interpretazione grintosa e coinvolgente, fortemente ipnotica, senza tralasciare l’ironia.
Ha rivisitato, da par suo, alcuni classici, come “The Bonny Boy” dei Dubliners, “The Butterfly”, altro splendido traditional irlandese, con un sublime suono di violino, e la bellissima “Morrison Jig”, stralunata, visionaria.
Una performance certamente insolita, ove l’artista spazia nella tradizione celtica, attingendone a piene mani, ma trasfigurandola in modo creativo ed originale, strizzando l’occhio ai puristi, senza concedere nulla alle mode, ed alle rivisitazioni posticce.
12 luglio 2013
Whisky Trail
La serata inizia con il concerto più bello cui abbiamo assistito: Whisky Trail è un gruppo storico, in vita sin dal lontano 1975, e, nel campo della musica Celtica italiana, non teme rivali.
Fondato da Antonio Breschi, l’ensemble di Firenze ha subito via via trasformazioni e avvicendamenti di musicisti, con il rischio di dispersione organizzativa e soprattutto creativa, sempre però mantenendo un rigore ed una qualità assoluti, e vedendo nell’eccellente arpista Stefano Corsi l’alfiere di ogni tempo, il vate della continuità storica.
Autori di numerosi, bellissimi album, corredati di notizie e riferimenti accurati alle tradizioni folkloriche celtiche ed alla cultura irlandese, come “La Dea Bianca, ove è rappresentata la figura di Danae, Signora della fecondità e della rinascita, che col nome di Dana divenne la dea degli antichissimi Tuatha De Danaan, fondatori d’Irlanda, e che rivelerà ad Amergin, il primo bardo, i misteri della poesia esoterica celtica, o come il poetico “The Frenzy of Suhibne”, che racconta lo scontro tra il re-poeta Suhibne ed il druido usurpatore Ronan, ove il re cacciato nella foresta, in preda alla follia, dovrà percorrere un lungo e severo sentiero iniziatico per riconquistare il trono.
La performance è lunga e appassionata, viene rivisitato quasi per intero l’ultimo album, “Celtic Fragments”, altri brani provengono da “S. Frediano”, senza tralasciare il passato, con la citazione di un brano tratto da “The Frenzy of Suhibne”.
Da “Celtic Fragments”, splendido album che rievoca frammenti di antiche liriche irlandesi, scritte in gaelico, è tratta “Scèl Lem dùib – A Story for You”, che evoca poeticamente il succedersi dei cicli delle stagioni, visto dagli occhi di un cervo, dall’estate che finisce alla neve d’inverno, ove il freddo ghermisce le ali degli uccelli e delle oche selvatiche. Poi la dolce, strumentale “Fragments”, ove rifulge l’arpa, e la celebre ballata antimilitarista del soldato bambino mutilato “Johnny I Hardly Knew you”, poi ancora la strumentale, travolgente “Three Highlands”, ove il violino è protagonista, come la successiva “Hag Steps”, malinconica ed avvolgente.
La dolcissima ballata “The Lake Isle of Innisfree”, è un’aulica rivisitazione di un racconto di William Butler Yeats, ove il sommo poeta irlandese cantava l’anelito a ritrovare la pace interiore ritirandosi nell’isola di Innisfree, nello splendore e nella magnificenza della vita agreste, mentre nell’inno “To Ireland”, la bellissima voce dell’anziana Giulia Lorimer, artista straordinaria, vera anima dei Whisky Trail, interpreta il desiderio del poeta di essere ricordato come fratello di una compagnia che cantò per addolcire i mali d’Irlanda.
Trascinante “Going in Minor Tune”, ode alla danza vorticosa, meditativa e di grande suggestione “Irish Dream of Wild Geese”(ancora ispirata a Yeats), ove si descrive lo stupore del poeta nel vedere i movimenti, il volo e la discesa in acqua delle oche selvatiche, in una visione metaforica ove il popolo irlandese, sofferente e da sempre vessato, costretto ad abbandonare la propria terra, è ad esse assimilato, e vive nell’inquieta speranza di potervi tornare, una volta che sia stata liberata.
Memorabili anche “The Last Leap”, tratta da “The Frenzy of Suhibne”, che narra lo scontro finale tra l’eroe folle Suhibne e la malefica strega, che viene sconfitta, e “l’avvolgente “Banshee”, tratta da “San Frediano, (un irlandese a Firenze)”, live del 2008.
Tra gighe e reels, danze sfrenate e momenti di aulica melodia, l’ensemble ci regala i suoni di un’Irlanda poetica, dolente ed incantata, terra magica e sognante, narrata come in un libro di favole per bambini.
TRACKLIST
Frenzies Memories
The Lowlands of Holland
Scèll Lem Dùib
Up and Down
Banshee
Fragments
Johnny I Hardly Knew You
Three Highlands
Hag Steps
The Lake Isle of Innisfree
To Ireland
The Last Leap
Irish Dream of Wild Geese
Rome Ceilidh Band
Questa banda di Roma, di recente formazione, è nata allo scopo di rendere omaggio alla tradizione scozzese, e di divulgarla: essa è certamente in possesso di un solido mestiere, il live set è a tratti trascinante, il folk rock proposto coinvolgente, soprattutto per l’armonioso utilizzo del suono delle cornamuse, ma la performance risulta un po’ fredda, scolastica, priva di quella poesia che pure nelle canzoni, in particolare nei “traditional” scozzesi, è ampiamente presente. Va però detto che la band sa imporsi all’attenzione e dimostra una cura quasi filologica nella illustrazione dei brani, dando prova di una vera passione per la materia che tratta.
Sono stati riproposti molti classici della tradizione scozzese, come la splendida ballata “Mairi’s Wedding”, originariamente scritta in gaelico dal poeta John Roderick Bannerman, o “La Boum”, ancora una rivisitazione del tema del film “Il Tempo delle Mele”, ed infine numerose ballads che narrano le prime rivolte scozzesi contro i britannici, e l’uccisione di uno dei Mc Donald nell’ambito di un tragico conflitto tra famiglie rivali, nel settecento.
Gens d’Ys
Gens d’Ys è una vera e propria accademia di Danze irlandesi, nata ormai ventanni fa da un gruppo di amici appassionati di questa espressione artistica, che l’hanno promossa e divulgata in Italia partecipando a molti spettacoli, e producendo anche un musical di successo, “La Leggenda d’Ys”.
La loro performance è risultata non priva di suggestione, le coreografie eccellenti, i costumi splendidi, le ragazze si sono esibite al meglio, danzando sulle storiche arie di “Jigs” e “Reels”, ma il tutto è apparso un po’ lezioso e patinato, quasi televisivo. A onor del vero non si sono percepiti abbastanza la poesia ed il mistero d’Irlanda.
Recensione di Dark Rider
Foto di Rita