Roma, Baobab, 6 Marzo 2015
L’ interessante rassegna ‘Festival Popolare Italiano’ curata da Stefano Saletti, dopo aver celebrato la reunion dei Novalia per il trentennale dal loro esordio, prosegue con le sue proposte del venerdì sera, ospitando una delle signore del folk italiano, Lucilla Galeazzi, accompagnata dal mandolino di Giuseppe De Trizio e dalle percussioni di Carmine Bruno, precedendo di due giorni l’esibizione dell’otto marzo della sua vecchia compagna di avventure folk Giovanna Marini e di quattro quella della grande Joan Baez.
La scaletta miscela brani della tradizione popolare a composizioni originali, dialetto e lingua italiana, saltarelli e brani più legati alla tradizione autoriale, sorriso e malinconia, ironia ed amarezza, in un equilibrio ben calibrato e collaudato. La voce cristallina, potente e stentorea basterebbe da sola a giustificare il (contenuto) prezzo del biglietto, la simpatia e la contagiosa vitalità dell’artista ternana completano l’opera riempiendo d’entusiasmo gli spettatori.
Il trio si muove affiatato tra il folk più tradizionale, come nei brani tratti dall’album La Tarantella pubblicato con Christina Pluhar e l’Ensemble Arpeggiata, canti di lavoro e di protesta come la splendida Cinturini che parla delle condizioni di lavoro delle lavoratrici della iuta di Terni, che assieme agli operai delle vicine acciaierie hanno rappresentato per decenni le principali attività del capoluogo umbro, con turni massacranti ed violazione dei diritti combattute per anni, fino alla chiusura delle fabbriche e la crisi economica degli ultimi decenni,. Ormai ci troviamo quasi a rimpiangere quel periodo di grandi ingiustizie sociali, ma di grande fervore e partecipazione popolare, soprattutto se confrontati con l’attuale assenza di lavoro, di prospettive e di un miglioramento a breve termine nonostante i proclami e le annunciate riforme. Con la sua cadenza da filastrocca, Voglio una casa sembra voler alleggerire il tono della serata, senza però rinunciare alle riflessioni sulle difficoltà di un alloggio decoroso a disposizione di tutti, nessuno escluso. Per Sergio ricorda una persona vicina, scomparsa a Bologna per lo scoppio dell’orrenda bomba alla stazione del 2 agpsto 1980. Ma il brano che personalmente ha più emozionato è stato Quante stelle nel cielo con la luna, una ballata romantica in stile fado, struggente ed evocativa, sfavillante come una pietra preziosa che ha davvero illuminato la serata. Il concerto si chiude non prima di aver coinvolto il pubblico con una divertente e divertita versione de La società dei maggnaccioni che ci riporta ad atmosfere pià festose ma non per questo meno trasgressive. Una serata piacevole con una grande artista, unica nel suo genere, dalla strabordante simpatia ed esemplare curriculum artisico di lungo corso.
Per informazioni sul festival, che prosegue fino al 24 aprile, cliccate qui.
Recensione e foto di Fabrizio Forno