Roma, Auditorium Parco della Musica, 19 Aprile 2012
Come un angelo dalla eterea figura, Loreena Mc Kennitt, “fredda canadese dal cuore caldo”, come lei stessa si è definita, ma di origini irlandesi e scozzesi, ci ha offerto, l’altra sera all’Auditorium, un magnifico concerto interpretando in maniera coinvolgente e suggestiva i migliori brani tratti dal suo repertorio, costituito ormai da ben dodici album, alcuni dei quali registrati presso la “Real World” di Peter Gabriel..
Grande interprete della Musica Celtica, è andata, nel corso del tempo, maturando un eclettismo sonoro che l’ha portata a spaziare attraverso ogni musica etnica, dal Canada all’Irlanda e la Scozia, ai suoni del Mediterraneo, alla Turchia, all’Asia Minore, fino all’Oriente, così come ad approfondire la Musica Medioevale e persino quella del Rinascimento, adattando alle sue composizioni brani di innumerevoli opere di poeti e scrittori, come William Blake, William Shakespeare, William Butler Yeats, Charles Dickens.
Con uno splendido incrocio di ballate melodiche e racconti incantati ci ha consentito, in due ore di concerto, di compiere un lungo viaggio nella tradizione folklorica, con un incedere fortemente evocativo, raccontando storie di amore e passione, di povertà, e di riscatto, secondo la più genuina tradizione popolare, coadiuvata sul palco dalla bionda e raffinata violoncellista Caroline Lavelle, dall’energico, originalissimo violinista Hugh Marsch e dal chitarrista Brian Huges, più vicino a musicalità rock classiche. Ma nella sua Band, eccellente, non mancano tutti gli strumenti della Tradizione Celtica, come l’arpa, il bodhran e il tabla.
Con una aulica voce da soprano, limpida e potente, la Mc Kennitt ha rinverdito la tradizione celtica con l’interpretazione dei brani “Blacksmith”, tradizionale composizione folk anglosassone, e “She Moves through the fair”, triste storia di un matrimonio non realizzato, caratterizzati da un melodismo raffinato ed evocativo.
Alternandosi ora al pianoforte, ora all’arpa, ora alla fisarmonica, su di un palco quasi in penombra, scarsamente illuminato da candele alte sopra di esso, luce soffusa, e raggi di luce diretti, volta per volta, alle performances soliste dei vari musicisti, ci ha condotto in un giardino incantato di suoni e di melodie arcane attraverso luoghi lontani.
Così all’arpa è sorta una splendida interpretazione di “The Stolen Child”, un classico traditional irlandese tratto dal racconto di William Butler Yeats: la dolente storia del bimbo rapito non è stata forse mai interpretata con tanta forza drammatica, dolcezza, tenerezza, malinconia e dolore, che vengono rappresentati dalla musicista in maniera lirica, piena di pathos.
“The Old Ways”, Le vecchie Usanze, dolente storia di amore perduto, interpretata da lei stessa al piano e voce, ha messo in rilievo le straordinarie capacità del violinista Hugh Marsch e della violoncellista Caroline Lavelle, musicisti davvero superbi, che hanno contribuito a realizzare un brano di musicalità avvolgente e di grande impatto emotivo.
Le atmosfere fiabesche e sognanti hanno totalmente catturato il pubblico: sembrava di essere sospesi in un’atmosfera rarefatta, fuori dal tempo e dallo spazio; la Mc Kennitt, figura eterea dai rossi capelli, appariva come una immagine d’altri tempi, un’icona del Romanticismo, simile a quella riportate su tela dal grande pittore e poeta Dante Gabriel Rossetti. L’unica piccola obiezione, se tale si può dire, alla sua performance, è che la medesima è risultata un po’ uniforme, con qualche concessione a sonorità tipicamente “New Age”, ma il fascino suscitato nello spettatore e le sensazioni restate, alla fine del concerto, concluso da una standing ovation, sono state di grande quiete, unitamente ad immagini di fantastica, magica luce.
Recensione di Dark Rider