Nov 272009
 

Roma, Circolo degli Artisti, 19 novembre 2009
★★★½☆
Living Colour 216 [800x600]Crossover: quante volte abbiamo sentito questa parola? Troppe, certamente, fino a farcela odiare, l’ennesima etichetta che vuol dire tutto e non significa nulla. Eppure, nel lontano 1988, un quartetto da Brooklyn, NYC, fu ascoltato da un certo Mick Jagger, messo sotto contratto dalla Epic/CBS ed all’uscita del loro album d’esordio, Vivid, inevitabile fu l’utilizzo della parola ‘crossover’ per definire la musica dei Living Colour.
La comunità nera si riappropriava del rock, a vent’anni dalla morte di Jimi Hendrix, mescolandolo col funk e con l’imperante cultura hip-hop. James Brown incontrava l’hardcore, spruzzate di frenetici ritmi punk miscelate a Sly Stone.
Il disco, sostenuto da un singolo come Glamour Boys impreziosito dai coretti di Jagger in persona, fu accolto come un capolavoro; dal vivo poi la band diventava davvero imperdibile ed i loro live set sarebbero stati da allora in poi la loro grande forza, con spettacoli davvero trascinanti e coinvolgenti.
Gli anni passano, la band è rinata una decina d’anni fa dalle proprie ceneri, con esiti discografici non sempre all’altezza della propria fama. Ecco quindi i Living Colour nuovamente al Circolo, per presentare il nuovo The Chair In The Doorway, un CD davvero valido, così come ancora molto valide sono le performances dal vivo.Living Colour 085 [800x600]
Lo smalto è ancora quello dei tempi migliori, quelli della loro prima venuta in Italia (1990, tendastrice), la scaletta molto ben calibrata per oltre due ore spinge il pubblico a dimenarsi ed a tratti a pogare come ai vecchi tempi.
Dopo due brani dal primo album ecco Type (noi siamo i bambini di cemento ed acciaio) preceduta da Elvis Is Dead, entrambi dal secondo Time’s Up, brani tiratissimi ed inimitabili, con un attacco frontale e dissacrante che si scaglia, come nella migliore tradizione punk, contro uno dei miti apparentemente intoccabili della cultura bianca americana, considerato uno zombie, morto seduto sul suo trono. Vernon Reid comincia ad imperversare con la sua incredibile tecnica chitarristica, torrenziali assolo alternati a riff ritmici degni della migliore tradizione funky alla Nile Rodgers. La voce di Corey Glover, cicciottello ed inevitabilmente un po’ imbolsito nell’aspetto, è ancora cristallina e potente. Arrivano i brani del nuovo lavoro e sinceramente sorprende la ritrovata vena compositiva, soprattuto di Burned Bridges e The Chair. Ecco giungere il momento di celebrare gli ultimi eroi del rock di fine secolo, i Nirvana, con un’inattesa quanto gradita ed azzeccata cover di In Bloom, dallo storico Nevermind della band di Seattle. La scena viene poi lasciata alle pelli, ai tamburi, agli effetti da circo di Will Calhoun con un lungo intermezzo alle percussioni. Living Colour 179 [800x600]
Al loro rientro, i tre sorprendono tutti con una clamorosa e sontuosa cover di Papa Was a Rollin’ Stone, dal repertorio dei Temptations, seguita dal vecchio hit Glamour Boys; ancora brani dal nuovo CD, con un assolo del bassista Doug Wimbish che esegue il tema di Paint it Black degli Stones seguita da My Favourite Things di John Coltrane, suonando con la bocca alla Jimi Hendrix, tanto per sintetizzare in pochi minuti la Musica della seconda metà del novecento.
Il live set si chiude con il loro brano più famoso, Cult Of Personality, che alcuni spettatori più giovani nemmeno sapevano fosse un brano originale dei Living Colour. La scaletta prevedeva come primo bis la ghost track Asshole, putroppo non eseguita, ma per finire in bellezza è bastato il lancinante funk-blues di Love Rears Its Ugly Head, un brano in perfetto equilibrio tra tradizione e modernità, un concentrato di quanto di meglio espresso dalla cultura musicale afroamericana.

PS: Il concerto sarebbe stato da 4 stellette; il mezzo punto in meno è dovuto al lungo, eccessivo, sfiancante ed anacronistico assolo di batteria dell’ottimo Will Calhoun: il troppo, come sempre, stroppia.

Recensione e foto di Fabrizio

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Scaletta:
Scaletta Living Colour [800x600]

  2 Responses to “Living Colour: Elvis è morto, loro (per fortuna) sono in gran forma”

  1. […] up- ed un eccellente EP-biscuits- i nostri amici, pur se ancora in apprezzabile attività soprattutto dal vivo, non sono più riusciti a ridipingere lo stesso vivido colore di questo favoloso album […]

  2. […] duettavano con gli House of Pain, ma tra le altre accoppiate troviamo anche Pearl Jam/Cypress Hill, Living Colour/Run DMC, Faith No More/Boo-Yaa […]

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