Roma, Auditorium Parco della Musica, Sala Petrassi, 24 Gennaio 2016
Venti anni portati benissimo!
Ascoltandoli in concerto si ha l’impressione che l’entusiasmo di suonare assieme è intatto, e che la maggiore esperienza gli ha permesso di raggiungere una maturità artistica sugli arrangiamenti e le loro esibizioni dal vivo.
La misura con cui eseguono i brani è stupefacente, persino il bilanciamento dei ruoli fa si che nessun strumento emerga più degli altri. L’opportunità di avere una serie di voci diverse tra loro per espressività, gli permette di condurre i brani sempre in maniera diversa, con i fiati che si alternano con sonorità forti e sofferte o chiare e cristalline.
I KlezRoym ti accompagnano in un dedalo di suoni, fatto di musica Klezmer, di atmosfere mediorientali e mediterranee fino a sfiorare sonorità jazz. La musica ti proietta in un mondo affascinante e allo stesso tempo pieno di sofferenza, nei luoghi della diaspora in giro per l’Europa dell’est, in Polonia nel ghetto di Lodz dove l’assenza è più forte di una presenza viva, ci parla di una umanità che nonostante la disperazione e i soprusi non ha mai smesso di sognare e lottare.
Non è un caso che, come ha detto lo stesso Gabriele Coen, il concerto sia stato fortemente voluto a ridosso dei giorni della memoria proprio per mantenere vivo l’impegno a non dimenticare.
Mi fa piacere sottolineare come grazie all’orario pomeridiano del concerto (ore 18.00), sia stata possibile la presenza di numerose famiglie con bambini, a testimoniare con la loro presenza l’importanza del ricordo e dell’identità culturale nelle nuove generazioni.
In questi venti anni i KlezRoym hanno svolto un lavoro indispensabile nel mantenere vivo il patrimonio musicale Klezmer. La riscoperta della tradizione, le riletture di canzoni del repertorio ebraico e la scrittura di brani originali sono in sintesi i principi su cui si basa la musica del gruppo. Sono sicuramente una formazione fondamentale nel panorama della musica Klezmer proprio per la solidità della loro operazione culturale e musicale. La musica dei KlezRoym è un messaggio di libertà per tutti i popoli, contro ogni tipo di reclusione, i campi profughi, le periferie del mondo…
Recensione di Giulio
Un concerto con molto Cuore
Non avevo mai sentito i Klezroym prima di andare a vederli all’Auditorium di Roma e non sapevo bene cosa aspettarmi. Il gruppo suona e canta musica Klezmer e non solo, e l’occasione del concerto era il loro ventennale festeggiato davanti a un pubblico che con grande affetto ha partecipato al loro anniversario.
I Klezroym si sono costituiti come gruppo nel 1995 e tutti i membri che mi piace citare uno a uno per la loro bravura e simpatia sono gli stessi da allora a adesso. Gabriele Coen clarinetto e front man del gruppo, Andrea Pandolfo tromba, Pasquale Laino sax, Riccardo Manzi chitarra e voce maschile, Andrea Avena contrabbasso, Leonardo Cesari batteria e Eva Coen voce femminile di rara grazia.
La loro musica è un bellissimo insieme di sonorità provenienti dalla tradizione musicale ebraico askhenazita e sefardita unita a quella mediterranea, a quella mediorientale e al jazz contemporaneo.
Un concerto con molto Cuore che ha visto nella sala Petrassi vibrare per quasi due ore le note di canzoni, le musiche e le improvvisazioni tratte dalla tradizione culturale dei ghetti di mezza Europa. Ha fatto capolino anche un sound zingaro perché come la musica ebraica ha influenzato il flamenco così la musica zigana o gitana ha dato un po’ di sé a quella klezmer. Storicamente infatti Ebrei e Zingari sono stati spesso ghettizzati insieme scambiandosi alcune basi culturali nonché qualche tratto psicologico.
Dopo due ore di bellissimi brani come “Yankele nel ghetto” o la dolcissima “Fel Shara” o ancora “Ershter Vals”, si sono cimentati anche in una versione klez-jazz de “La canzone dell’amore perduto” di De André che però forse è stata la cosa meno felice di tutto il concerto che si è concluso con vari bis per accontentare generosamente un pubblico di affezionatissimi fans.
Ed è un affetto meritato perché i Klezroym sono un gruppo molto coeso, e la sensazione forte che si ha vedendoli e ascoltandoli è che tra di loro regni una sincera armonia e che i vari membri e i vari strumenti abbiano tutti lo stesso peso e la stessa importanza. Una band altamente democratica e di piacevolissimo ascolto.
recensione di Claudia Pignocchi