Roma, Accademia di Francia, 8 giugno 2013
Nella nostra epoca dell’apparire, se l’abito fa il monaco, allora anche il luogo fa il concerto. L’Accademia di Francia è un posto talmente bello che chi vi suonerà sarà stimolato a dare più del massimo possibile. E anche lo spettatore sarà più ricettivo , dando ulteriore spinta alla performance dell’artista di turno.
Questo è il festival Villa Aperta, giunto alla quarta edizione. Un connubio di straordinaria bellezza architettonica e (quasi) decente musica a due passi da Trinità dei Monti, struggente al punto che potrebbe rendere digeribile anche una esibizione di reunion dei Beehive…..forse.
Se non fosse per una fontana posta poco strategicamente a ridosso del palco, ve ne accorgerete in caso di pogo, voterei la location come IL posto dove proporre l’intera stagione musicale estiva romana, al pari di Villa Ada.
Di conseguenza, l’opportunità di suonare in un posto simile è una miniera d’oro per principianti e professionisti, al patto di saperla cogliere.
Non la colgono i Mind Explosions, duo che sale sul palco annunciando di essere al quinto concerto della carriera, ma se continueranno a proporre un monosuono computeristicamente artefatto accompagnato da Fender scordata e senza volume, difficilmente arriveranno al settimo.
La coglie parzialmente la bionda francofona Christine, che sale sul palco tra la perplessità generale di non vedere alcuno strumento montato e\o suonato, ma che ha l’abilità di proporre un repertorio lounge-danzereccio che apre i cuori dei giovani astanti anche se alla fine, ciccia, il karaoke lo hanno inventato da un po’ e all’inizio piace ma dopo un po’ fa la fine della musica balcanica.
E poi arrivano Loro e incendiano tutto ! Con Loro sono un quartetto cazzone inglese, di matrice filosofia futurista , da cui il nome. I Klaxons suonano ! E non è (solo) una pessima freddura, è soprattutto un meraviglioso dato di fatto.
Perchè raramente mi è capitato di ascoltare un set del genere, pop con frequenti visite alla tecno , spruzzi di rock, virata nel punk e di nuovo quattro quarti unzato , completamente scevro di tecnologici sample o file di sequencer preprogrammati.
Si suona, suona, suona, suona ! Alleluja !!!
Metteteci pure che le canzoni, quasi tutte, le sanno anche scrivere, ed il risultato è un trionfo.
Basso, chitarra, tastiera, batteria, tutti i pezzi cantati minimo in doppia voce, spesso anche triplicata, falsetti ineccepibili, ed una maglietta spettacolare del cantante-tastierista James Righton che raffigura, guardaunpo’, Bowie in persona.
Ritmi da urlo, poche pause, pochi respiri !
Le pecche sono che suonano poco (un’ora) e che non pubblicano un disco da tre anni ,anche se un paio di inediti li piazzano strategicamente in apertura e chiusura di set.
Se sono riuscito ad incuriosirvi, andate a pescare l’esordio Myths of the next future del 2007, sparate a palla pezzi come Two receivers, Golden Skans, Atlantis e Magick e mi ringrazierete.
E capirete anche cosa ha rischiato la fontana quattrocentesca in questo delirio dancereccio.
Scaletta : Children of the sun\Atlantis to interzone\ Twin flames\Gravity rainbow\Future memories\Golden skans\Invisible forces\Love frequency\Two receivers\Magick\Echoes\Rhythm of life\\\\\New reality\Not over yet
Recensione di Attilio
foto di Fabrizio Forno