Roma, Aula magna dell’Università “La Sapienza”, 28 maggio 2013
Si è materializzato per un giorno, a Roma, il mito dell’opera d’arte totale, uno dei più importanti punti programmatici del Bauhaus, la scuola di architettura, arte e design che fu attiva in Germania dal 1919 al 1933 e che ha avuto un’influenza cruciale su tutta la cultura del Novecento. Il pittore russo Wassily Kandinsky ne fu uno dei protagonisti e riuscì a concretizzarne i principi nel 1928, mettendo in scena i Quadri di un’esposizione, la famosa suite per pianoforte composta da Modest Petrovic Musorgskij, 54 anni prima, e resa celebre soprattutto grazie alla versione orchestrale di Maurice Ravel, del 1922, e poi da Emerson, Lake & Palmer, nel 1971.
Musorgskij aveva composto la suite ispirandosi ad una mostra di opere dell’artista ed architetto Viktor Aleksandrovic Hartmann, suo grande amico, cercando di rappresentare, in musica, il movimento dell’osservatore da una tela all’altra. A Musorgskij, da artista romantico qual’era, interessava non tanto trasporre in musica il contenuto delle opere, quanto esprimere, attraverso la musica, gli effetti psicologici, di quelle stesse opere.
Mezzo secolo dopo Kandinsky – che è stato uno dei padri dell’astrattismo – mise a punto tutta una teoria sul valore semantico dei diversi segni e colori, nell’ambito della pittura, creando un forte legame tra pittura e musica. Lo testimoniano gli stessi titoli delle sue opere: “impressioni”, “improvvisazioni” e “composizioni”.
Realizzando i grandi disegni per i Quadri di un’esposizione, Kandinsky fa l’operazione opposta di Musorgskij: dalla musica riporta le proprie emozioni sulla superficie dipinta. La performance consisteva in una serie di quadri di grandi dimensioni, che si componevano davanti agli occhi dello spettatore, in sintonia con la partitura musicale, come se le forme geometriche, le linee e i colori, tipici della sua pittura, prendessero vita al contatto con la musica.
Grazie al recupero dei disegni originali di Kandinsky, oltre che di appunti conservati presso il Centre Pompidou, la Cité de la Musique di Parigi ha realizzato questo progetto di ricostruzione, in collaborazione con il pianista franco-russo Mikhaïl Rudy. Le “animazioni” dell’artista russa vengono proiettate su uno schermo, ricostruite al computer, in sincronia con le note suonate al piano da Rudy (v. video di esempio). L’opera d’arte totale si estende così nel tempo – coprendo tre secoli – e aggiungendo un nuovo tassello, la dimensione digitale. Per uno spettacolo indimenticabile.
Recensione di Paolo Subioli