Gen 272011
 

Roma, Circolo degli Artisti, 22 gennaio 2011

★★★½☆
Un ritorno particolarmente apprezzato, quello dei Julie’s Haircut a Roma, a meno di due anni di distanza dalla precedente apparizione, sempre al Circolo, all’epoca della pubblicazione del doppio ed acclamato album Our Secret Ceremony e dopo essersi proposti in tournèe con i Mariposa nella serie dei ‘Concerti Grossi’.
Liberi dal vincolo di scaletta che ogni tour promozionale deve necessariamente comportare, gli artisti emiliani hanno proposto una setlist quanto mai variegata, rielaborando il proprio repertorio ed integrandolo con un paio di cover davvero sorprendenti quanto azzeccate. Non abbiamo mai nascosto la nostra profonda ammirazione e considerazione nei confronti dei Julie’s ed ogni occasione di incontro si rivela una piacevole conferma della loro caratura e spessore.
A dimostrazione che per loro non esistono barriere musicali ed etichette, ecco integrarsi perfettamente un Neil Young d’antan (On the beach, con un ringraziamento particolare da parte del pubblico più adulto…) ad un classico della band come la lunga ed ipnotica The Devil in Kate Moss, dilatata ed estesa da veri maestri della psichedelia del ventunesimo secolo, per poi proporre un acido remake di Heart & Soul, meno cupa dell’originale dei Joy Division, ma altrettanto suggestiva e perfettamente integrata con le atmosfere della serata.
Le tastiere barocche di Andrea Rovacchi introducono la suite strumentale di Origins, che davvero rappresenta la band al meglio delle proprie capacità espressive, con suoi movimenti quasi da sinfonia lisergica, i passaggi violenti alternati a momenti di calma apparente e di riflessione più rilassata.
Si arriva alla riproposizione di Death Machine, anch’essa strumentale, di cui vi invitiamo a riscoprire il videoclip, geniale nella sua semplicità.
Con il campanaccio di the Stain ci avviciniamo a grandi passi al finale, che nel bis ci riserva la sorpresa più inaspettata: la band si ripresenta in trio, basso, chitarra e bonghi, accovacciandosi sul palco per proporre The Tarot, dalla colonna sonora de ‘la Montagna sacra’ di Jodorowsy, cineasta simbolo di quegli anni settanta alla cui fonte la band emiliana continua ad attingere, rileggendone senza presunzione la varietà e contrapposizione delle proposte, in una chiave attuale e mai datata, con una sincerità di intenti ed una genuina partecipazione che merita la massima considerazione e rispetto. A breve si chiuderanno in sala per la registrazione di un nuovo album: ripetere i livelli del precedente non sarà facile, ma quanto ascoltato stasera non può che promettere bene.

Recensione e foto di Fabrizio

Scaletta:

On The Beach
The Devil In Kate Moss
The Shadow, our Home
Heart & Soul
Origins
Death Machine
The Stain
Satan eats Seitan

Encore:
The Tarot

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