Apr 122012
 

Roma, Auditorium Conciliazione, 30 marzo 2012.

★★★☆☆
5 Grammy Awards e nel 2000 è entrato a far parte della prestigiosa Rock and Roll Hall of Fame. Ha avuto un passato di droga e per questo ha rischiato la vita più volte. Nella sua giacca blu su un paio di jeans, che sottolineano le sue gambe fuori misura, sembra un gentile signore che si porta bene i suoi 64 anni ma che si trova per caso su questo palco che lo aveva accolto per la prima volta 14 anni fa (11 febbraio 1998). Entra così, seguito dai suoi tre bravissimi musicisti che lo accompagnano da anni nella formazione con Larry Goldlings alle tastiere, Jimmy Johnson al basso ed il virtuoso Steve Gadd alla batteria. Le prime note a diffondersi nella splendida acustica dell’Auditorium sono quelle di “Blossom” dal suo primo album di successo “Sweet Baby James”. Il riconoscimento più forte del pubblico viene alla successiva “Carolina in my mind” che lo introdurrà al primo dialogo con la platea, rigorosamente in inglese anche se simpaticamente inframmezzato con alcune parole in italiano. Con eleganza ironizza sul fatto che scriva canzoni sugli stessi temi da anni: andare via di casa, tornare a casa, il padre. A quest’ultimo ha dedicato due canzoni che ha presentato poco dopo sfiorando un po’ di commozione : “The Frozen Man” e “Walking Man”. Abbandona lo sgabello che lo ha accompagnato finora ed imbraccia una Fender Telecaster per suonare “Steamroller Blues”, giocando sulle vocalità e gli atteggiamenti dei veri cantanti blues. “Don’t let me be lonely tonight” ricompone l’atmosfera intimista e prepara alla ninna nanna di “Sweet Baby James” che Taylor ha dedicato al suo omonimo nipote ormai quarantenne. Prima di chiudere la prima parte del concerto con “Up on the roof” scherza con il pubblico mostrando la lavagna dove è riportata la scaletta del resto del concerto che, essendo abbastanza nutrita ed impegnativa, rende necessaria una pausa. Il tempo che passa è forse il filo rosso che percorre questo concerto e lo sottolinea anche il registratore a bobine che Taylor ha utilizzato dall’inizio della sua carriera e che fa bella mostra di sé sul palco, ancora integro e funzionante. Come ha detto lui stesso, ironizzando sui temi delle sue canzoni, è un ritorno a casa suonando la sua musica di sempre che riprende con “Country Road”. Sempre sul filo della memoria cita l’aneddoto del suo incontro con Paul McCartney e George Harrison presso la sede della Apple, quando George Harrison ascoltando la sua “Something in the way she moves” decise che avrebbe utilizzato quelle parole per una sua canzone. James Taylor omaggia il pubblico con tutte le canzoni che lo hanno reso così amato e che il suo registratore a bobine avrà riprodotto prova dopo prova. “Mexico”, “Fire and Rain”, “Your Smiling Face” per arrivare all’immortale “You’ve got a friend” che decide di non utilizzare come consueto bis ma preferisce condividere sul palco con il controcanto di sua moglie Caroline Smedvig. Il suo primo bis è invece “Shower the People” , giusto tributo ad una serata dove l’amore per la musica, il suo rispetto per la platea di fan, la presenza del pubblico che lo sostiene, hanno messo in secondo piano la stanchezza e la nota non sempre trattenuta che ogni tanto traspariva. “How sweet it is ( to be loved by you)” che parallelamente a “You’ve got a Friend” è stato un grande successo di James Taylor ma non è opera sua ma del gruppo di compositori della Motown, aiuta a far condividere un momento di divertimento tra l’artista ed il pubblico che completa il ritornello. La memoria si esaurisce con “You can close your eyes” di nuovo in duetto con la moglie. Possiamo chiudere gli occhi per ricordare, riascoltare il registratore a bobine con la voce ancora chiara ed inimitabile di James Taylor, il fraseggio della sua chitarra, il suo sorriso gentile.

Recensione di Ingrid

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