Roma, Auditorium Parco della Musica (Sala Petrassi), 14 marzo 2018
La semplice curiosità per l’incontro tra due mondi musicali tanto diversi poteva rappresentare di per sé un’attrattiva verso quello che doveva necessariamente essere definito un evento, considerando che l’intero tour consisteva di cinque sole date. Se ci si aggiunge uno sguardo agli identikit dei due musicisti coinvolti e soprattutto che il proverbiale senno di poi ha regalato solo entusiastico stupore e apprezzamento convinto è obbligatorio concludere che questo concerto nella magnifica sala Petrassi dell’Auditorium di Roma resterà a lungo nel cervello e sotto la pelle di chi ha avuto la possibilità di assistervi.
L’apertura è affidata a Tobjah, progetto solista del cantante della folk-band veronese C+C=Maxigross: venti minuti di canzoni morbide, tinte di psichedelia e west-coast, decisamente piacevoli, ma troppo poco consistenti per farsi lasciare qualche spazio nelle sensazioni dei presenti da ciò che prenderà il loro posto sul palco.
Iosonouncane, nome d’arte di Jacopo Incani, porta avanti uno dei progetti musicali più importanti dell’Italia anni ‘10. Nel 2010 l’esordio “La Macarena su Roma” aveva attirato molte attenzioni (finalista come miglior opera prima al Premio Tenco) e si era ricavato uno spazio importante nella cosiddetta nuova leva dei cantautori italiani, spiccando decisamente per profondità dei testi, peculiarità degli arrangiamenti e per le sue atmosfere allucinate e surreali. Ma è con il monumentale secondo album “DIE” (uscito nel 2015 per Trovarobato, come il precedente) che l’artista sardo rompe gli indugi e si avventura in territori musicali inediti e inauditi per il nostro Paese, ma non solo: uno straordinario incontro tra suoni acustici (spesso caratteristici della sua terra) e elettronica densa e possente, oscura e sognante, sonorità personali e davvero visionarie, composizioni e arrangiamenti complessi e minuziosi, il tutto al servizio di un talento sopraffino per la canzone d’autore più raffinata.
È sardo anche Paolo Angeli, uno di quei musicisti che in Italia esistono in una nicchia felice ma piuttosto piccola e lontana dai riflettori, mentre fanno tour mondiali e suonano in sale prestigiose come la Carnegie Hall di New York. Angeli (che Slowcult ha intervistato nel 2016) suona la chitarra sarda preparata, uno strumento a 18 corde da lui stesso concepito e realizzato come un ibrido tra chitarra baritono, violoncello e batteria, dotato di martelletti, eliche motorizzate e pedali, che offrono un campionario di suoni davvero vasto e variegato, ulteriormente ampliato dall’uso degli effetti (per un’interessante approfondimento: paoloangeli.com/la-chitarra-sarda-preparata). Mischiando tecniche, suonando con l’archetto o con le dita, componendo e improvvisando su questo strumento unico Paolo Angeli si propone di far incontrare la tradizione della Sardegna profonda con l’avanguardia colta, il free-jazz, il noise, affiancando al lavoro da solista collaborazioni con mostri sacri del calibro di Fred Frith, Evan Parker, Hamid Drake, Pat Metheny (che ha anche richiesto per sé un modello di chitarra sarda preparata).
Ed è sulla base delle comuni radici sarde, di una voglia diversa ma comune di esplorare spazi sonori nuovi e di contaminarsi vicendevolmente, e di una conseguente stima reciproca poi diventata amicizia, che nasce la collaborazione tra Iosonouncane e Paolo Angeli: il primo un compositore con una cura profonda del dettaglio, il secondo un improvvisatore in grado di muoversi in tutto lo spettro che va dal virtuosismo al rumore.
Il concerto è un flusso ininterrotto, onde di suono da cui di volta in volta le canzoni di Iosonouncane o le composizioni di Paolo Angeli affiorano per poi rituffarsi in una coda improvvisata o in un finale rumoristico. Iosonouncane comincia pescando dal suo primo album la morbosa e surreale traccia di apertura “Summer on a spiaggia affollata”, nella quale i bagnanti esultano perché finalmente possono godere dal vivo dello spettacolo di uno di quei tanti sbarchi di disperati che hanno visto in tv, approfittandone per salutare gli amici a casa. Dall’album di esordio proviene anche l’intensa “Torino pausa pranzo”, resa ancora più drammatica dall’accompagnamento di un Paolo Angeli in versione violoncellista impazzito.
In questa versione in duo le canzoni di Iosonouncane vengono spogliate del loro arrangiamento originale, sempre carico di bassi profondi, di ritmi ossessivi e di innumerevoli suoni della più varia provenienza. Spesso resta soltanto uno strato di fondo, un bordone su cui costruire la canzone, ma anche un’improvvisazione o un momento dedicato alle melodie ancestrali, di chiaro sapore mediorientale, prodotte dalla voce e dalla chitarra di Paolo Angeli. È in questo modo che un brano potente e sofferto come “Carne” diventa una ballata meravigliosa, romantica e sommessa, e la gigantesca pulsazione di “Tanca” (qui preceduta da una sinistra filastrocca in sardo), pur facendosi meno poderosa, preferisce sferragliare e resta incalzante con le sue esplosioni e i suoi silenzi improvvisi.
Quando al timone del flusso sonoro c’è Paolo Angeli l’atmosfera si fa più delicata e sognante, come nello struggente lamento in sardo che i due armonizzano, dando prova della loro splendida espressività canora e mettendo in risalto tutte le minuscole modulazioni della melodia. La chitarra sarda preparata può suonare in una miriade di modi diversi, tanto che sembra di ascoltare un’intera orchestra dove possono trovare posto un koto giapponese, un ensemble di strumenti a corda dell’altra sponda del Mediterraneo, un violoncello, ma anche dei timpani o delle percussioni industriali. In questi momenti l’elettronica di Incani cerca di lasciare spazio all’estro del chitarrista, limitandosi a fornire una base ritmica e dei suoni d’atmosfera.
Gli ultimi due brani in scaletta sono la dimessa e criptica “Giugno”, che chiudeva “La Macarena su Roma”, e una splendida versione strumentale di “Buio”, il brano di “DIE” in cui è ospite proprio Paolo Angeli, e che quindi aveva sancito l’inizio della collaborazione tra i due musicisti sardi. Quando abbandonano il palco sfuma improvvisamente quel senso di sospensione e trasporto che aveva permeato tutta la sala, sempre in ascolto rispettoso perché consapevole di aver assistito a un evento forse irripetibile. E la sensazione che Paolo Angeli e Iosonouncane lasciano al loro pubblico è che il Mediterraneo e la Sardegna siano anche simbolicamente il posto ideale dove realizzare una simile contaminazione fra suoni, stili, tecniche, epoche e luoghi musicali.
Live report di Andrea Carletti
Foto di Bianca Ferrari e Mário Pires da Flickr in Creative Commons.