Roma, Blackout Rock Club, 14 marzo 2014.
Ne avevo sentito parlare molto, ed in maniera entusiastica, di questo Muro del Canto, ensemble romana di matrice folk con sfumature tra il rock e il dark. Un progetto nato nel 2010 da musicisti appartenenti a realtà ben diverse tra loro (Surgery, Luminal, En Plen Air) che comunque sono riusciti a dare vita ad una formazione ben coesa e che vede proprio nelle esibizioni live uno dei suoi punti di forza. Trascinata da amici più preparati di me, resto abbastanza stupita davanti alla fila al botteghino del blackout che si protrae per una buona mezz’ora prima di poter raggiungere l’ingresso del locale. Una volta dentro mi faccio largo e prendo posto sotto al palco rendendomi subito conto dai discorsi ascoltati sia fuori che dentro al locale, che il MDC ha una folta schiera di aficionados, uno zoccolo duro di “tifosi” che seguono praticamente ogni loro esibizione sia nella capitale che in trasferta e che già cominciano a puntare sulla scaletta e sul probabile brano di apertura. Ci si chiede se inizieranno con qualcuno dei brani del loro album di esordio, L’Ammazzasette, 16 tracce cariche di sentimenti che sgorgano dalle strofe di una Roma popolare di radice antica riadattata in chiave odierna, oppure se affidare l’apertura al recente lavoro Ancora Ridi, stesse tematiche ma elaborate in chiave più rock.
Una intro sinfonica anticipa l’inizio del live, l’atomsfera è già elettrica quando una vera e propria ovazione accoglie l’attacco della title track “Ancora Ridi” con la splendida e profonda voce di Daniele Coccia che riempie l’aria e arriva dritta al cuore. La scaletta è un’alternarsi di pezzi del primo e del secondo lavoro, tutti cantati all’unisono dal pubblico, un groviglio festoso (e sottolineo festoso anche in mezzo al pogo delle prime file, dove la gente invece di spaccarsi a gomitate si abbraccia, sorride e danza) accomunato da un senso di appartenenza trasversale all’età ed agli stili di vita. Perché un’altra cosa che colpisce è la varietà della gente presente: bambini, ragazzi, coppie, madri e padri di famiglia, post punk, metallari, hipster. C’è di tutto insomma, e questo ‘tutto’ si fonde in un unico amalgama che interagisce con la band dall’inizio alla fine.
Il concerto fila via per circa due ore che vedono, oltre alle ormai pietre miliari del primo lavoro come “Cristo de Legno” e “Serpe ‘n Seno” e ai brani del secondo e recente lavoro già assorbiti dalla prima all’ultima strofa e rimandati a memoria dal pubblico, come l’ironica “Canzone Allagata” o la trascinante “Il Canto degli Affamati”, anche l’esecuzione di un inedito “Ginocchi Rossi” ed una versione romanesca di “Paint it Black” degli Stones in duetto con un inaspettato Elio Germano, che infiamma il pubblico e diverte soprattutto in chiusura quando tra il serio e il faceto, a proposito di nero, l’attore ci tiene a prendere le distanze da Casa Pound. Il tutto inframezzato dagli intensi monologhi di Alessandro Pieravanti, come “Palazzinari” o “Vivere alla Grande”, quest’ultimo sull’omonimo 45 giri in vinile presentato la sera stessa e che contiene anche la loro personale rivisitazione della storica “Le Mantellate”. E via così, fino a conclusione, dove in fase finale, aperta da “L’Ammazzasette” trovano spazio anche una splendida versione in romanesco de “La Malarazza” seguita dall’omaggio a Gabriella Ferri con “Te possino da tante cortellate”.
L’entusiasmo mi porta a lanciarmi letteralmente oltre le transenne per conquistare la scaletta. In compenso il Muro ha conquistato un’altra fan. Ci congediamo dal locale con Daniele che sulla porta si concede a tutti, per un saluto, un bacio, un abbraccio. In attesa del prossimo live.
Live report Claudia Giacinti.
Daniele Coccia (voce), Alessandro Pieravanti (timpano, rullante e racconti), Ludovico Lamarra (basso), Eric Caldironi (chitarra acustica), Giancarlo Barbati (chitarra elettrica e cori) Alessandro Marinelli (fisarmonica).
Scaletta:
Claudia, come sempre sei riuscita a farmi vivere un concerto, dove non sono stata, come se avessi partecipato anche io!
Siicuramente non mi perdero’ il prossimo.
Grazie