Berlino, Kindl-Bühne Wuhlheide,30 Agosto 2012
Ho tenuto questa recensione nel cassetto per il tempo necessario a non guastare la sorpresa a chi avrebbe visto il concerto dopo di me e invece l’Italia continua a portare sfiga ai fan dei Green Day e Bille Joe Armstrong, che sembrava in splendida forma, manda all’aria la mia accortezza come si conviene al leader di una Punk Rock band…
Volevo avere un confronto, o simpatica sfida, tipo: “il mio è stato più fico!”
“sì ma al mio hanno fatto pure quella”
“però da noi ha detto bla, bla, bla…”
“e vabbè ma il mio è durato 8 minuti di più escluso il bis”
e tutte queste cose che uno vuole e DEVE fare dopo aver pagato 60 euro d’ingresso, ma dovrò limitarmi a raccontare quello che ho visto e sentito senza un contraltare, rischiando oltretutto di beccarmi qualche sacrosanto VAFFA…
Prima di parlare di musica concedete un minuto di analisi al mio trauma: dal Wuhlheide di Berlino, sul campo del concerto dei Green Day, pelati e brizzolati battono creste colorate 10 a 1 e vi assicuro che il brizzolato, non solo nel mio caso, non è frutto di alcuna volontaria decolorazione… Nella mia testa, nel San Remo Punk, avrei fatto gareggiare i Green Day tra le nuove proposte, per l’aria cazzona o perchè Punk Rock per me significa ’77 e tutto il resto è… “nuovo”. Sbagliavo! E oltre al pubblico me lo ha ricordato proprio B.J. che dopo aver eseguito 3/4 di “Dookie” ha dovuto per forza sottolineare che quell’album è del 1.9.NOVANTAQUATTRO… e lì deve essersi beccato qualche augurio di cagotto che evidentemente è andato a segno!
Questioni personali a parte parliamo del concerto, niente circle pit per me essendo in dolce e delicata compagnia, ma il fomento arrivava comunque e ovunque. Non mi soffermo sui gruppi spalla: durante il primo eravamo a bere, il secondo fa musica da pubblicità di compagnie telefoniche con tariffe per studenti in vacanza. Finito il riempitivo parte Y.M.C.A e un enorme coniglio bianco inizia a dimenarsi sul palco, bene: la giusta dose di nonsense, ma i tedeschi cantano e fanno la coreografia, un brivido mi corre lungo la schiena… L’orrenda canzone finisce, il coniglio sparisce e parte la doppietta “Blietzkriegbop” + “Police and thieves” benissimo: la giusta dose di riconoscenza e di conforto; quello del ’77 non è solo un pregiudizio! Ecco fatto: senza troppe cerimonie Billie Joe, Mike Dirmt e Tre Cool salgono sul palco accompagnati da 2 ritmiche ed un pianista/fiati Jason White, Jason Freese e Jeff Matika. Un veloce “oh Deutschland” e “Welcome to paradise” è già iniziata, mi disturba un pò il volume basso, ma velocemente il fonico fa il suo dovere e suoni e volumi si adeguano alle 24 canzoni di cui 3 nel bis (alla fine della recensione potete leggere la scaletta)
I Green Day suonano forte, veloce e preciso, giocano con le assonanze: un accenno di “Highway to Hell” degli AC/DC per introdurre il riff di “Brain Stew” ci sta tutto e, dopo “King for a day”, con “Shout!” il pensiero più che a Lulu va ad Animal House e a John Belushi, figura che ben rappresenta l’essenza del gruppo, preparata e caciarona, americana e dissidente, POPolare ma non commerciale.
Billie Joe ha mandato la giustificazione, dice che ha il mal di pancia, avrà mangiato troppi turtelèn? Peccato perché lo show meritava ma c’è tempo: guardate Jello Biafra, alla sua età, nei centri sociali… qualcosa da imparare c’è sempre, per tutti, e non è solo il mio “PREGIUDIZIO ’77”
Recensione di Riccardo Ciccio Dee Mario
foto da www.greenday.com
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