Dic 272012
 

Dublino, Vicar Street 17 & 18 dicembre 2012

★★★★★

Ero stato a Dublino appena qualche settimana prima, ma l’occasione era troppo ghiotta, due shows di Glen Hansard e i Frames in quel di Vicar Street una delle venues europee più belle, due shows di fine tour dopo 7 mesi di giri tra America ed Europa (con la band o da solo o con Eddie Vedder).
Cosi appena tornato a casa ho rimediato due pass e preso i biglietti dell’aereo al volo.
Appena arrivo a Vicar Street il pomeriggio del 17 dicembre incontro Colm il violinista dei Frames alla porta e in virtù di una vecchia amicizia mi fa entrare ad assistere al soundcheck.
La band viene da un bel concerto a Belfast, ma stasera si respira aria di casa, la band già nel soundcheck gira che è una meraviglia e sul palco conto ben 12 musicisti tra Frames e una sezione di archi e fiati.
Nel soundcheck viene provata “Philander”, “You will become” e “Talking with wolves” tutte e tre dall’ultimo cd solista di Glen Hansard.
Glen prova le armonie vocali di quest’ultima con Rob il chitarrista americano della band e si fa stampare da Fiachra il fedele assistente i testi di “Wishlist” dei Pearl Jam, di “The man in me” di Bob Dylan e di “Sign of the times” di Prince che alla luce di quello successo in Connecticut assume un valore speciale. Tutti e tre i brani vengono provati, ma poi come si vedrà solo un brano verrà eseguito negli shows.
Guadagno la transenna e la prima fila, mettendomi ordinatamente in fila (invidiabile come sempre la massima organizzazione di questi luoghi) e mi godo un bel set di apertura di Nicole Maguire giovane songwriter da Cork arrivata al primo disco “What you really mean” che si guadagna il favore del pubblico con il suo bel sentire di rock tra ballads e americana. Non per niente Nicole è prodotta da Mitchell Froom (Elvis Costello).
Poi è l’ora di Glen e dei Frames, lo show si apre con i tre brani che dicevo da “Rhythm and Repose” ovvero “You will become”, “Philander” e “Talking with wolves” ( e le armonie vocali funzionano alla grande).
L’atmosfera diventa più gioviale con il singolo” Love don’t leave me waiting” dove alla fine Glen si lancia in uno snippet di “Respect” di Aretha Franklin che mostra la gioia di suonare assieme e come tutti sul palco si intendono a meraviglia, con larghi sorrisi e feeling molto evidente.
Poi è il momento per approdare in territorio “Swell Season” con “Low Rising” sempre emozionante per poi arrivare ai Frames e al loro grande catalogo con “When your mind’s made up” divenuta poi famosa grazie al film “Once“. Vicar abbraccia Glen e la band che con “Bird of sorrow” fa scorrere i brividi.
Poi ecco che Glen rimane da solo ed è tempo di “Leave” sempre devastante, l’immancabile “Astral weeks” di Van Morrison con chitarra martoriata come sempre e “Lay me down” acustica è una delizia, questa gemma dei Frames viene introdotta da Glen che racconta che scrisse questo brano pensando a una sua ex gotica e da come voleva regalarle qualcosa di molto grande e non scontato per dimostrarle il suo amore e cosa se non una tomba dove giacere accanto per sempre?
(Sono particolarmente contento di non sentire “Say it to me now” è ora che certi brani godano di un meritato riposo dopo esser stati suonati ovunque e comunque)
Vicar St. canta assieme a Glen che poi richiama la band per il nuovo singolo “High Hope” e dopo “Movin on” ecco il ritorno dei Frames con 4 gemme che mi mandano ko. Si inizia con “Santa Maria”, poi “God Bless mom”, la vigorosa ” Stars are underground” e la sognante “Star star” che come ai vecchi tempi è seguita da “Hotelounge” dei dEUS cantata dal bassista Joe e da “The most beautiful widow in town” degli Sparklehorse.
Glen rimane con Colm e la sezione femminile degli archi e chiude la prima parte del set con la deliziosa canzone di augurio “Song of good hope”.
Per quando la band ritorna on stage accanto al microfono di Glen ne vedo uno piccolo posizionato accanto a lui e il motivo è presto spiegato, ospite speciale per “This Gift”è la nipote Amy che canta assieme a Glen questo brano dimostrando che la dinastia Hansard è in buone anzi ottime mani.
“Wishlist” dei Pearl Jam non incide molto nella setlist, avevano nettamente girato meglio le altre due cover provate nel soundcheck, ma la “cover di una cover” come dice Glen ovvero “Don’t do it” di Marvin Gaye versione The band ( in omaggio del defunto batterista della The Band Levon Helm) fa ballare e esplodere Vicar St. risultando essere un highlight dello show. Versione meravigliosa per un concerto che è una meraviglia di suoni, emozioni, picchi sonori e commoventi ballads.
Uno dei live dell’anno senza dubbio.
“Fitzcarraldo” dei Frames è il solito lungo viaggio epico e imprendiscibile e il brano che personalmente vorrei sempre sentire in un concerto di Glen.
Poi è l’ora della “Messy room” ovvero: il concerto è finito, ma ora vediamo quello che accade…
Glen ricorda i tempi di quando era busker a Grafton Street e invita sul palco un altro ex busker: Mundy caro amico e grande artista proveniente da Birr ma dublinese di adozione.

Mundy mi vede in prima fila e mi saluta. Per far vedere come i Frames l’hanno influenzato ci fa ascoltare “Carpound” una sua bellissima ballad che tanto fa ricordare “Star Star”, ma Mundy ci fa sentire il momento in cui ha dovuto cambiare accordi per “Copyright reason”. Glen e Mundy poi non possono non omaggiare il compianto Mic Cristopher grande artista dublinese deceduto un po di anni fa mentre era in tour con i Waterboys e sempre ricordato da Glen (e spesso a Vicar St. si tiene un concerto a sua memoria organizzato proprio da Glen) che ha raccolto la sua legacy essendo i due molti legati (Mic faceva parte dei Mary Janes che spesso giravano live con i Frames, si parla di anni ’90).
Vicar St canta “Heyday” con Glen e Mundy, è un solo coro di gioia e amore per lo scomparso troubadour.
Dopo Mundy Glen ricorda che quando erano buskers la maggiore attrazione per tutti loro erano i “Benzini Brothers” i meglio musicisti di strada che si potevano trovare in città, cosi spesso loro migravano per andarli a vedere dove suonavano. Ed ecco che sul palco arriva Mr Benzini ovvero Liam O’Maonlai degli Hothouse Flowers una delle band mitiche irlandesi che iniziarono con la Mother Records degli U2 a fine anni 80. Liam è sempre attivo sia con la band sia con progetti solisti tra musica irlandese e soul (il suo cd solista è prodotto proprio da Glen e ho avuto il personale onore di averlo ospite nel cd della mia band per una poesia di Yeats musicata da noi). Liam si lancia nella classica “Forever Young” di Bob Dylan e rimane sul palco per il gran finale con “Passing Through” di Leonard Cohen e il traditional “The Auld Triangle” cantata sul parterre di Vicar Street. Un modo per unirsi alla gente di casa, per condividere il live ed abbattere le barriere tra pubblico e artisti.
Un grandioso live set di tre ore e mezzo, una grande band, grandi intuizioni sonore, nuovi scintillanti arrangiamenti con archi e fiati e devo dire che, secondo me, a tratti molto lo show deve a Bruce Springsteen per intensità e trovate sceniche. Può esserci un live ancora più bello di questo? Lo scoprirò il giorno dopo….

Seconda Sera:

Sempre prima fila, ma niente Nicole Maguire stasera, come opener i Seti the first una band irlandese sperimentale basata sul violoncello. C’è da dire che non mi è parso un opener adatto per una serata del genere, le loro raffinatezze sonore si sono perse sul grande palco di Vicar Street occupato per un solo terzo, ma nonostante ciò i Seti the First ottengono un ottimo responso specie dalle prime file dell’audience cioè da chi è riuscito a cogliere le loro delicate frequenze sonore.
Il set di stasera inizia come la prima sera con la prima novità che arriva dopo “Love don’t leave me waiting/Respect” ed è subito The Frames con “Seven Day mile”. La band gira sempre meglio, il set per un pò ricalca quello della sera prima, set acustico compreso. “High Hope” è dedicata a tutta la gente di Ballymum il quartiere popolare da dove viene Glen (e anche Bono), si parla di Dublino Nord e di gente che è anche protagonista del relativo video. Ospiti di Glen tra l’audience sono vecchi amici, e varia umanità protagonista del suo crescere.(“Fitzcarraldo” verrà proprio dedicata a un insegnante che per primo credette in lui e nel suo diventare un performer).
Dopo “Santa Maria” (“Ci siamo accorti che non abbiamo nessuna canzone natalizia in setlist.. ma questa ne stavo parlando con qualcuno l’altra sera..ha Santa nel titolo…”) ecco che Glen presenta la band come Frames tra l’acclamazione di Vicar St. ammettendo che i ragazzi hanno avuto una pazienza infinita verso di lui (“al contrario di me”) visti i continui diversi appellativi che il viaggio ha avuto.
“Revelate” il grande hit dei Frames irrompe inaspettata in scaletta accolta da un vero e proprio boato sancendo credo il ritorno della band (è previsto anche un film “In the deep shade” relativo al tour dei Frames nel 2010). Altra graditissima incursione nel repertorio Frames è (oltre i brani della scorsa sera riproposti)”Pavement tune”.
Divertente l’intermezzo di Glen e Rob che fanno vedere come spesso decidono le canzoni da fare mentre scendono le scalette direzione palco. Gli arrangiamenti e gli stop si fanno con la voce e con l’occasione fanno sentire come arrangerebbero “The dancer” (primo singolo in assoluto dei Frames, 1990).
Per la Messy Room stasera ospite speciale è Lisa Hanningan che duetta con Glen su “Falling Slowly”, tornando sul palco per un momento molto emozionante: Glen omaggia Mic Cristopher con la sua “Skylarkin” e per l’occasione viene raggiunta sul palco dalla figlia di Mic,Amy.
C’è spazio anche per Colm stasera, che esegue un suo brano al violino, ed esortato da Glen (“Colm è cosi timido che mi sono accorto che giovedi Colm dirigerà una intera orchestra per un live alla National Concert Hall! Ci vuoi fare un altro brano Colm?”) si lancia in una “Spencer the Rover” per sola voce (Glen la fece a Roma al suo live da solo alla Chiesa di San Paolo dentro le mura).
Anche stasera Liam raggiunge Glen e i Frames sul palco, e dopo un brano in irlandese ritorna l’immancabile “Forever Young” di Bob Dylan.
La messy room diventa super messy nel finale con tutti nel parterre per “Heyday” e tutti poi a bordo palco per “Passing through” di Leonard Cohen e per “The Auld triangle” dove tutti a turno prendono una strofa, Glen, Liam, Fiachra, Joe e Gerry della crew.
Gran finale per un grande fine di tour, show di durata springstiniana ben 4 ore piene e a un certo punto anche le guinness hanno fatto la sua comparsa sul palco per brindare alla fine di questa leg europea e per esser finalmente tornati a casa per un pò.
E si torna a casa con tanta musica e tante emozioni dentro pronte ad esser rivissute a fine febbraio quando Glen e i Frames approderanno in Italia..come si dice don’t dare to miss them!

Recensione di Fabrizio Fontanelli
Foto di Carol Corcoran & Avril Vickery

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