Glen Hansard: The Irish and the Italians
Abbiamo in passato parlato molto spesso di Glen Hansard, dei Frames e dei vari tour e concerti visti qua in Italia e a Dublino. Vi ho raccontato storie dal backstage, vi ho descritto i due concerti per i 25 anni della band giusto un anno fa agli Iveagh Gardens di Dublino e tante altre scorribande con la band irlandese, forte di un’amicizia e un legame con il songwriter irlandese che va molto indietro nel tempo.
Ma in occasione delle date estive italiane voglio raccontare lo speciale rapporto che Glen ha instaurato con dei musicisti italiani (me presente) che hanno reso dei live show veramente speciali e particolari.
Lui ha sempre nei suoi concerti cercato, e molte volte trovato, un’empatia con l’audience. Partecipazione, condivisione, calore, avvicinamento al pubblico (spesso e volentieri staccando il jack della sua acustica per suonare a ridosso delle prime file, o proprio in mezzo al parterre, oppure sulle balconate in posizioni molto precarie).
E nei concerti italiani di cui sopra ha chiamato noi proprio per abbattere queste barriere, in vero stile irlandese, che è quello di coinvolgere, non escludere, di trovare nuova linfa, emozioni, divertimento. E noi abbiamo risposto al suo richiamo mettendoci in gioco, divertendoci e regalando all’audience dei momenti che ci dicono esser stati tra i più belli dei concerti.
E noi ne siamo altamente orgogliosi. Perché raccontare le storie assieme le rende più vivide, uniche, speciali. E si vede nei volti dei musicisti stessi, tutti ad abbattere barriere pronti a lasciare fluire la musica. La nostra musica.
Ed ecco il racconto di Andrea Caterino Riccardi che alla voce e alla wahsboard e percussioni ha accompagnato il nostro a Ferrara e a Pordenone!
Antefatto:
Tutto il mio amore per Glen esplode senza che me lo aspettassi un mercoledì di ottobre 2015 a Milano, più precisamente all’Alcatraz.
Capisco immediatamente che quest’uomo ha qualcosa di magico. Quest’uomo concepisce la musica live come la concepisco io. Non c’è un ritmo prestabilito o un canovaccio, e se ci fosse, sarebbe pronto ad essere disatteso.
Capisco che da li a due giorni ci sarebbe stato un concerto a Bologna.
Ovviamente oltremodo SOLD OUT.
Tento tutte le strade possibili. Ma nada tutte portano al risultato di cui sopra. SOLD OUT.
Alle 13.30 del venerdi mi chiama il mio amico Mario e mi chiede se mi piace Glen Hansard allorchè presumendo di aver mangiato la foglia, gli dico: Mario non scherzare non dirmi che hai dei biglietti.
Si ne aveva 3 e ne avanza uno: l’avrebbe dato volentieri a me.
Arriviamo a Bologna mi dice quasi scusandosi che i posti era pressochè gli ultimi e posti al lato opposto del palco. Ovviamente lo rassicuro, mi procuri un biglietto, me lo regali, e vuoi che mi lamenti??
Inizia il concerto e dopo 3 Canzoni Glen, chiede scusa se questa cosa avrebbe turbato quelli che preferivano vedere il concerto da seduto. Ma lui desiderava davvero che ci alzassimo e gli mandassimo più energia positiva possibile.
Io capisco cosa intende già da subito e con scatto alla USAIN BOLT, mi trovo sotto palco (già qui la cosa ha dei risvolti magici).
Ad un certo punto parte Talking With the Wolves nella quale a Milano il tecnico di palco suona una piccola maracas, io estraggo la mia e comincio a suonarla Glen Se ne accorge rimane estasiato mi chiama sul palco.
E il resto è la storia di una magia.
Avrei dovuto partire per una mini tournee tra calabria e sicilia, ma per cause a me sconosciute, il giretto da 7 date si riduce a due forse tre. Quindi con sommo rammarico dopo aver fatto due conti, rinuncio.
Umore sotto le scarpe, anzi, ancor più sotto. Decido per consolarmi di andare a vedere Glen a Ferrara, di sicuro la sua musica e la sua filosofia mi avrebbero fatto bene.
Mi sento col mio amico Nello e decidiamo di andare nel back stage prima del soundcheck, sperando di incontrarlo e per quel che riguardava me, per ringraziarlo per l’enorme regalo fattomi a Bologna.
Incontriamo Rob, che sta tranquillamente settando la sua chitarra, lo saluto mi riconosce e da li parte una piacevole chiacchierata. parliamo del fatto che Ferrara è la città dei Buskers, scopro che lui è di Chicago e guarda caso una delle canzoni che stiamo facendo con i Fireplaces è Bad Bad Leroy Brown che parla appunto di un personaggio di Chicago, e così passa una piacevole mezz’ora, ad un certo punto esce pure Glen anche lui come se fosse un beginner qualunque prende la chitarra e comincia a settarla.
Lo saluto timidamente lui strizza gli occhi, mi riconosce sorride.Parte un’altra piacevole chiacchierata dove cerco di fargli capire che la mia gratitudine è un messaggio che viene dal cuore, non c’è nessuna intenzione ad adularlo, lui come se fossimo amici di vecchia data mi fa capire che ha colto la sincerità delle mie parole, e rincara la dose chiedendomi se avessi per caso con me le percussioni dell’altra volta. Ovviamente con gli occhi illuminati gli dico si, certo. e azzardo:
“Col mio gruppo, sto provando un versione di way back dove uso la washboard, la uso con le spazzole così se voglio do un suono morbido di rullante jazz, se le giro posso usare il manico per dare una grattata più consistente”.
Lui mi guarda e mi dice “mmmm si ok!”
Al chè approfitto per dirgli che con lo stesso strumento ho suonato con Springsteen a maggio 2013.
Gli chiedo se è possibile portare tutto il materiale dentro prima perchè se fossi passato per i canali normali la security avrebbe fatto storie, detto e fatto eccomi consegnato il un pass all areas!
Parte il sound check un emozione già di per se grande perchè sentire Glen cantare per pochi intimi non è da poco.Passa una copia di sposi, ma ahimè non colgono la bellezza del momento e sgattaiolano in un altra stanza del castello.Se fosse toccato a me, avrei preso la mia sposa e l’avrei fatta ballare e ballare, avere un personaggio del genere che suona in uno dei giorni più importanti della propria vita… ma a mio avviso cogliere la bellezza e il momento in cui essa si manifesta non è cosa da pochi.
Parte l’ opening act dei Lost Brothers, che per molti versi ricordano gli Everly Bros, armonie vocali eccezionali e melodie alla Hank Williams. Gran bel set, accompagnato dal battito di mani della piazza intera. L’audience è pronta.
Comincia il concerto, e Glen parte con Grace Beneath the Pines, anche l’ascoltatore medio, con l’orecchio disturbato dalla spazzatura che la radio ogni giorno propone, si rende conto che è di fronte a qualcosa di magico. Un uomo che decide di affrontare un pubblico, potenzialmente sconosciuto con una canzone d’inizio completamente acustica, a voce nuda.
Il concerto di Glen si sa è una messa cantata, le canzoni sono arrangiate in maniera perfetta, sezione archi e fiati, raggiungo le parti più intime dell’emozione umana, ma siccome l’uomo non è mai sazio di donare, alla fine di When your Mind’s Made Up, ci attacca pure la celeberrima Ring Of Fire; il concerto per quel che mi riguarda prosegue come un concerto di GH deve proseguire, ovvero un misto di sferzate emotive e coccole, ma per me la sensazione segretamente serbata in grembo è qualcosa in più, questo senso di inadeguatezza nei confronti una band che è perfetta al micron. Io mi senti infinitamente piccolo. Il cuore batte e batte forte, la morsa allo stomaco, la non certezza che si sarebbe ricordato di me, in fondo chi sono io, se non un perfetto signor nessuno. Gli ho dimostrato il mio entusiasmo e la foto di bologna dimostra il suo divertimento, ma nulla più. ???Peraltro il concerto è suo, per cui se fosse successo, non avrei avuto nulla da ridire, se non l intima delusione totalmente di un’aspettativa disattesa, il non aver condiviso il palco con un uomo che ha avuto verso di me le attenzioni che neppure il mio amico più intimo ha avuto in tutti gli anni di conoscenza).
Per i detrattori, e ce ne sono, non è assolutamente questione di esibizionismo, di fare il cretino col faro puntato contro, è una questione mille volte più forte e più intima.
E’ la possibilità di avere e onorare la fiducia di un uomo con un curriculum enorme sulle spalle, ma che non ha mai scordato l’umanità in tutte le sue sfaccettature.
Io guardo il susseguirsi del cambio chitarra, la scaletta non la conosco, ad un certo punto imbraccia l’elettrica parte il famoso accordo di RE e dal palco arriva: CATERINO WHERE ARE YOU.
Le molteplici emozioni di quel momento le racconterò ad uno ad uno davanti a una birra.
Sono talmente agitato che le mani buttano sudore come una fontana tant’è che nell’estrarre le spazzole dallo zaino, una mi scivola, la raccolgo mi dirigo verso la scaletta, inciampo, prendo con lo stinco dx l’angolo della stessa, vedo 8.000 madonne, ma come Leonida alle termopili, proseguo e faccio quello che so fare meglio, suonare la washboard, divertirmi e usare il mio entusiasmo come antidoto contro la paura.
Il suono sul palco è perfetto, ben bilanciato.
Io suono la mia washboard in base a come mi viene, nessuna prova è stata fatta, il testo lo conosco, mi piace, e lo sento vicino in quanto parla di migrazione.Canto, interagisco con la pianista (la quale poi incontrandola sulle scale mi dirà; you’ve been brillian!)
Glen come successe con Springsteen (Caterino suonò la Washboard anche su “Pay me my money down” durante il concerto di Padova del Boss, 2013), abbassa il microfono e mi permette sia di fare sentire lo sferragliare dell’asse sia mi permette di cantare, si fida così tanto che mi lascia da solo nell’ultima parte del ritornello.
Ovazione del pubblico e dal video di evince Glen che dice: WOW.
Avrei ancora qualcosa da raccontare, tipo il fatto che Graham (Il batterista) mi intercetta giù dal palco e mi dice, segui il mio segnale ti metti a fianco a me e suoni nell’ultima canzone.
Insomma non solo Glen ma tutta la band sembra aver fatto un test attitudinale per essere in sintonia con la filosofia HANSARDIANA.
UNA FAMIGLIA, UNA NUOVA FAMIGLIA. CATERINO IS HAPPY LIKE A CHILD IN FRONT OF THE CHRISTMAS TREE!
We learned more from a three minute record
than we ever learned in school
Racconto raccolto da Fabrizio Fontanelli
Foto di Glen & Caterino in Bologna di Stefano Mattii