Roma, teatro Keiros, 16 maggio 2010
A volta serve veramente poco.
Nel caso del concerto del Danilo Cherni PRO è stato sufficiente scendere una rampa di scale, sedersi in una piccola sala e veder salire sul palco il trio formato da Danilo Cherni (pianoforte e tastiere), Giovanna Famulari (violoncello elettrico) e Leonardo Cherni (chitarra elettrica). Da quel momento in poi, per un’ora e mezzo, si è visitato un altro mondo. Senza investimenti milionari, senza occhialini 3D, senza megapalchi, effetti luce da astronave e ciclopiche produzioni.
Musica, semplicemente e sorprendentemente musica.
Ma non la musica che siamo purtroppo abituati a farci somministrare, quella che ogni giorno cercano in ogni modo di farci ascoltare, digerire e, soprattutto, comprare. Non quella, un’altra razza. Dodici brani più un bis, a dirla così sembra un concerto di routine, ma se foste stati lì sapreste benissimo che così non è stato. Elencare i brani e commentarli (anche se lo meriterebbero) non ha alcun senso, la cosa che veramente conta è il concerto nel suo insieme. Quelli che hanno studiato le lingue lo chiamerebbero “performance” e quelli più intellettuali “spettacolo multimediale” perché Diego Glickman accompagna i suoni con proiezioni di foto e filmati liricamente concordi, ma nella realtà è stato un concerto puro e semplice. Musicisti che traggono suoni dai propri strumenti, null’altro che questo, e se non si è veri musicisti tutto questo non è sufficiente a condurre un concerto, occorre tutto quello che elencavo prima, ineludibilmente condito con ammiccamenti sessuali. Se a questo si aggiunge la qualità dei brani, la partecipazione emotiva nel proporli e l’evidente disinteresse per quello che potrebbe essere il risultato “commerciale” del progetto, si fa presto a fare la somma: quello a cui si è assistito ha un solo nome. E anche se di questi tempi pronunciarla fa quasi sorridere d’ingenuità, questa parola è arte. Come altro si potrebbe battezzare uno spettacolo del genere? Che nome dare ai fraseggi di piano mentre sullo schermo Terry Gilliam vola con ali da Icaro in una indimenticabile sequenza di “Brazil”? Al violoncello elettrico percosso con curaviolenzagrazia che richiama alla mente la potenza del concerto finale di “Quattro minuti”? Alla chitarra che si trasforma in tastiera ricamando la tela del pianoforte? Tutto questo, l’ho già detto, ha un solo nome.
Ora, dopo averli sentiti in anteprima in concerto, siamo in attesa della pubblicazione del secondo lavoro di Danilo Cherni. Metà dei brani eseguiti appartenevano al primo cd (Segui…Vivi), l’altra metà farà parte del cd di prossima pubblicazione che uscirà con il titolo “Bene Dirlo”. Siamo in attesa di poterlo ascoltare, con la ben riposta speranza che i tre del D.C.P. siano riusciti a catturare in studio la splendida atmosfera delle loro esibizioni dal vivo.
Recensione di Daniele Borghi