Roma, Auditorium Parco della Musica, 6 Aprile 2014
Superato lo shock iniziale, dovuto alla constatazione che dopo tanti anni di concerti tornavo ad essere tra i più giovani spettatori in sala e rafforzato dall’arrivo del cantautore bolognese, incerto e lento nell’uscire dalle quinte e raggiungere il centro del palco (chissà se c’entra qualcosa con l’aggettivo “claudicante”?), sono stato prontamente rassicurato sull’esito della serata, dalle prime calde parole pronunciate da Lolli che, dopo essersi rallegrato per l’odierna vittoria della Roma, ha introdotto la serata con un reading tratto dal testo ‘frequenze’ del suo ultimo album del 2009 Lovesongs: la sua musica è un antidoto, un “anticorpo politico-critico contro il normale odio diffuso tra gli esseri umani, di qualsiasi razza, sesso, colore”. Una dichiarazione di intenti confermata dalla scaletta in programma, che ha miscelato vecchi cavalli di battaglia alle canzoni d’amore più recenti, nate dalla collaborazione col fedele chitarrista di sempre Paolo Capodacqua ed i sax e i loop di Nicola Alesini, suoi attuali e validissimi compagni di palco. Un set asciutto ma denso, essenziale ma mai scarno, rigoroso ed elegante come il bianco e nero delle foto della locandina. Un maestro che non sale in cattedra, un fiero paladino delle proprie idee, che non arretra di un millimetro di fronte al nuovo che avanza, soprattutto perchè nuovo non è. Coerenza e stile, lucidità e calore, sentimento ed impegno, una vera ed emozionante lezione. Largo quindi alla passione come nella superba Quello che mi resta o nella sempre commovente Quando la morte avrà dedicata al padre morente. Un omaggio ed un ricordo del vecchio Folkstudio, seguito da una riflessione dedicata alla figura di Piero Ciampi; suggestivi arpeggi di chitarra, il sax che fa da puntuale e lirico contrappunto alla voce cristallina di Lolli, che prosegue raccontando della sua Bologna che non c’è più, di un sogno che non svanisce, ricordando quando a Piazza Maggiore un altro mondo sembrava davvero possibile. La serata raggiunge il suo apice col brano più atteso, Ho visto anche degli zingari felici quando un brivido corre dietro la schiena di tutto il pubblico e la commozione risulta tangibile e condivisa. Nessuna operazione nostalgia, nemmeno quando come bis, scartando le richiestissime Aspettando Godot e la dolce Michel Lolli opta per una apparentemente anacronistica Borghesia della quale rivendica l’esattezza della diagnosi, ma di cui la prognosi è tuttora riservata. Bentornato a Roma, Claudio, abbiamo ancora tanto bisogno delle tue importanti parole e della tua essenziale musica.
Recensione e video di Fabrizio Forno