Milano, Firenze, Trieste Giugno 2012
Questo mio live report non è tanto un live report quanto un love report a testimoniare una dichiarazione d’amore tra Bruce Springsteen and the E Street Band e il nostro Paese. Un amore di lunga data e che ha dato via a tre notti indimenticabili. Ma facciamo un bel passo indietro: un anno fa moriva Clarence Clemons e per chi segue il percorso umano e artistico di Bruce sa cosa è voluto dire. Dopo l’ondata di commozione ci si perse in mesi di “speculations” sul destino della più grande rock’n’roll band in circolazione, se fosse giusto o meno continuare senza il Big Man, e come tutto questo avrebbe cambiato il corso degli eventi e la vita di Bruce che perse cosi, dopo Danny Federici, un altro suo compagno di vita, una parte di sè. La risposta non è tardata ad arrivare: un grande cd “Wrecking Ball” e l’annuncio del ritorno in tour proprio con la E Street Band. Un voler sconfiggere la morte e l’assenza con la musica, con un pugno di grandi canzoni, raccontando sempre dell’America (questa volta l’America della crisi finanziaria) e portandole in tour. Una E Street Band molto allargata con un E Street Choir e gli E Street Horns dove ritroviamo il nipote di Clarence, Jake Clemons che è rapidamente diventato il beniamino del popolo di Bruce. Ma veniamo a raccontare il tour italiano data per data:
Milano San Siro 7 giugno 2012
Bruce e Milano, Bruce e San Siro. Una scintilla nata nel 1985 durante il “Born in the Usa” tour. Con questa sono 4 le volte che Bruce si esibisce in questo stadio, un vero record. Per l’occasione i decibel sono stati aumentati, i trasporti pubblici sono gratuiti e, per evitare i problemi dell’ultima volta (i famosi 22 minuti di sforamento che hanno rischiato di far passare i veri guai al promoter Claudio Trotta) una deroga all’orario di chiusura del live show. Si sa: Bruce sa quando inizia, ma è poi difficile prevedere quando finisce, la setlist che prepara pochi minuti prima di salire sul palco è ampiamente provvisoria, spesso vengono esaudite le richieste del pubblico che prepara i cartelli con i titoli delle canzoni da eseguire più disparate (e a volte succede che vengono accolte) con la E Street che si trova così a seguire Bruce e i suoi desideri. E l’Italia non fa eccezione..
E’ ancora l’imbrunire quando gli schermi si accendono sul pubblico e il tema di “Once upon a time in America” di Ennio Morricone (il Maestro adora Bruce e spesso è suo ospite ai live shows) fa da entrata a tutti i musicisti, Max Weinberg da inizio alle danze ed è una doppietta da “Wrecking Ball” che fa partire il tour italiano ovvero “We take care of our own” e appunto “Wrecking ball”. Scorrendo la scaletta del concerto è evidente che durante questo tour sono state scelte molte delle canzoni che Bruce ha scritto descrivendo l’America, i problemi del lavoro, le storie delle persone coinvolte nelle crisi finanziarie e cosa vuol dire essere Americani. “Badlands” ne è una riprova, San Siro esplode felice, la E Street band macina suoni che è una meraviglia e l’idea di allargare la formazione a cori, percussioni e fiati è vincente (molto avrà influito il tour della Seeger Session band, anche se finora solo a New Orleans sono stati eseguiti brani dal quel cd). Uno degli apici del concerto è senza dubbio la nuova “Death to my hometown” dove fa capolino l’Irlanda e le sue marching songs. Su “My city of ruins” (“Questa è una canzone di saluti e arrivederci, ci sono cose che ci lasciano e altre che rimangono per sempre” dice in italiano Bruce) si presenta la band e arriva la prima commovente dedica agli amici persi durante il viaggio…”Manca Qualcuno? Manca Qualcuno?…li posso sentire nelle vostre voci” è questo sempre in italiano il ricordo di Bruce a Danny e Clarence mentre gli schermi inquadrano uno striscione dedicato ai due musicisti scomparsi.
L’intro per “Spirit in the night” dal primo cd “Greetings from Asbury Park” è letteralmente devastante con un botta e risposta tra Bruce e l’E Street Choir (Cindy Mizelle e Curtis King) potente, avvolgente con il riff di inizio poi affidato a Charlie Giordano che ci riporta ai primi tempi della carriera di Springsteen. E’ solo la prima delle tantissime volte che Bruce cerca il contatto con il pubblico cantando in mezzo a loro, molte volte quasi in braccio al suo popolo che si è guadagnato la pit.
Il salto nel passato continua con lo “E Street Shuffle” che porta allo spettacolo incredibile di San Siro illuminato dai flash dei telefonini e delle macchine fotografiche per la ballad “Jack of all trades” uno dei brani in assoluto più amati di “Wrecking Ball”. Una storia di un uomo che si adopera a fare mille mestieri con tanta voglia di rivalsa verso chi l’ha messo nelle condizioni di una vita instabile. Ed un atto d’accusa diretto verso i banchieri che continuano a ingrassare mentre l’uomo della strada diventa sempre più magro. Una canzone dei nostri giorni..(e non solo..).
San Siro ammutolisce ed esplode ancora con la sequenza al cardiopalma “Candy’s room”/”Darkness on the edge of town”/”Johhny 99/”Out in the street” e la mai cosi adatta “No Surrender”(Con la E Street Band che sbaglia l’attacco ben 2 volte).
Bruce torna tra il pubblico per divertirsi con una “Working on the Highway” irresistibile e una “Shackled and Drawn” che fa ballare tutto lo stadio con un finale gospel con Cindy Mizelle e Bruce scatenati sulla passerella e i fiati in prima linea (Bruce stava lavorando a un cd gospel prima di rimettere tutto in discussione con “Wrecking Ball”). E a proposito di fiati, senza togliere nulla ai bravissimi Eddie Manion (Sassofono), Clark Gayton (Trombone), Curt Ramn (tromba) e Barry Danielian (tromba) era inevitabile che tutti gli occhi e i cuori fossero rivolti verso Jake Clemons. La folla l’ha sospinto e sostenuto sin dal primo solo quello di “Badlands” e ogni volta che Jake si lancia è un ovazione calorosa, tanto che spesso Bruce lo coccola con sguardi e abbracci. Altro brano sempre fisso in scaletta è “Waitin on a sunny day”, un altro bagno di folla per Springsteen che fa sempre cantare un bambino tra il tripudio della folla. Dopo la classica ” The promised land” è la volta di una chicca per San Siro, Bruce si siede al piano, spiega che molte volte gli hanno richiesto questo brano e lo fa per noi stasera. “The promise” piano e voce è poesia pura…ma è un uno/due pazzesco: segue un intensissima “The river” con Little Steven alla chitarra acustica. Anche qua si parla di un ragazzo che ha perso il lavoro a causa della crisi economica. Il finale in falsetto di Bruce è da brividi e San Siro si fa sentire…
Andiamo verso la fine della prima parte del set. Ecco l’immancabile “The rising” che fa scatenare tutta l’audience, ma quando partono le tastiere di “Lonesome Day” ecco che Bruce cambia idea e lancia la E Street Band in una versione garage punk di “Radio Nowhere”. Dopo “We’re alive”( è bello sentire questo omaggio a Johnny Cash a San Siro) e “Land of hope and dreams” si chiude la prima parte del set, ma non c’è pausa, la band rimane sul palco per il nuovo singolo da “Wrecking Ball” ovvero “Rocky ground” con Bruce a duettare con Michelle Moore dell’E street Choir, ma stranamente presente solo in qualche brano del set. Poesia pura che cede il posto a due stilettate doc: “Born in the Usa” e “Born to run”, inutile descrivere San Siro. E’ bello vedere i volti delle persone, le differenti generazioni, le ragazze e i ragazzi che ballano nel prato, un atmosfera di comunione, un rito collettivo in nome della musica, e Bruce ripaga tutto questo con una potenza devastante, non c’è tregua, pausa .. è sempre un “One, two, three, four” che onora il rock’n’roll. E’ ancora tempo di cartelli. Su questo c’è scritto “Cadillac, cadillac”. E’ancora festa con “Cadillac Ranch” da “The River”, lo stadio balla e la E Street Band con noi e si rimane sempre a quell’album con “Hungry Heart” per l’ennesima discesa di Bruce tra la folla e tutto lo stadio come da rituale a cantare le prime due strofe della canzone fino al ritornello. “Bobby Jean” è come sempre commovente e tra le righe possiamo forse vedere un altro omaggio a Clarence quando nel testo dice “Now you hung with me when all the others turned away turned up their nose/We liked the same music we liked the same bands we liked the same clothes/We told each other that we were the wildest, the wildest things we d ever seen/Now I wished you would have told me I wished I could have talked to you/Just to say goodbye bobby jean”. Non c’è fine allo show.. è ancora tempo di ballare con “Dancing in the dark” con una ragazza che con un cartello chiede di ballare con Jake subito accontentata da Bruce che le da il permesso di salire su per poi avvinghiarsi a Bruce stesso che la riporta al suo posto senza prima essersi risparmiato di ballare con un bambino. Si torna all’epoca di “Born to run” con il brano che di solito dovrebbe finire il live set ovvero “Tenth Avenue Freeze Out” dove si consuma l’omaggio defintivo a Clarence. “Now come the important part” avverte Bruce durante la canzone. “When the change was made uptown/And the big man joined the band”. Qua la band si ferma dal suonare e tutti i volti dei musicisti, di Bruce e dell’audience si rivolgono al maxi schermo dove compare Clarence in vari momenti della sua vita fuori e sul palco. La commozione prevale, i grandi occhi di Clarence ci fissano avvisandoci che lui è li con noi anche se quella parte del palco è occupata da Soozie. Bruce è commosso sente vibrare lo stadio in attimi infiniti e riprende il brano con ferocia facendo ondeggiare tutte le mani di San Siro. La vita prevale, la musica regna, i ricordi fanno parte del viaggio e non ci lasceranno mai, ma ci mostreranno la via maestra.
Set finito? No Bruce ha ancora voglia di far ballare lo stadio ed ecco ancora “Born in the Usa” con “Glory days”. E come all’epoca dei 22 minuti di sforamento è ancora “Twist and Shout” a chiudere davvero questa maratona rock, il secondo show più lungo di Bruce di sempre (ora superato però da Madrid al Santiago Bernabeu). Uno show epocale, si esce da San Siro confusi, storditi, nessun video su youtube o live report potrà rendere l’idea di cosa sia oggi vedere Bruce e la E Street band allargata all’opera. Senza dubbio secondo chi scrive è stato il suo concerto più intenso e più energico al quale io abbia mai assistito. Ora si torna a Roma e domenica è la volta di Firenze al Franchi. Cosa ci riserveranno??
Firenze, Stadio Artemio Franchi 10 giugno 2012
Anniversario di matrimonio di Bruce e Patti (non presente in questa leg europea perchè a casa con i figli come ci ha detto Bruce, ma avvistata a Como con Bruce per festeggiare la ricorrenza). Dunque accadrà come nel 2003 (Tour di “The rising”) che ci regalarono una “Tougher than the rest” da “Tunnel of love”?
In effetti “Tunnel of love” è uno di quegli album che Bruce non sta prendendo (finora) in considerazione per questo tour assieme a “Workin on a dream” l’album della speranza presto svanita vista la crisi economica americana e mondiale.
Quando la E street Band sale sul palco del Franchi sotto un cielo che prevede pioggia non c’è segno della Scialfa, e sono “Badlands” e “No Surrender” ora ad aprire lo show. Inizia a piovere come se il cielo aspettasse l’inizio del concerto per riversare su Firenze le sue goccie.
La prima novità in scaletta viene proprio dal periodo “Tunnel of love” ma è una b side e una tour premiere :”Be True” provata in soundcheck in qualche data precedente. Segue un altra delizia “Trapped” di Jimmy Cliff mentre la pioggia non accenna a fermarsi. Ma tutto questo non lede Bruce e la E Street Band che ci regala una bellissima “Prove it all night” anche senza il famoso intro del 1978 che è comparso in questa leg europea. Si torna in atmosfere “Born in the Usa” con una “Darlington County” che viene preceduta da un intro di “Honky Tonk Women” dei Rolling Stones. Tante sorprese come si può vedere, ma mai come il cartello che viene dato a Bruce che richiede “Burning Love” di Elvis Presley. Un occhiata compiaciuta alla band e via con il classico di Elvis. Piove che Dio la manda, ma Bruce non rinuncia per un solo istante a scendere a cantare tra il pubblico, a stringere mani e a condividere con tutti noi il disagio della pioggia via via più forte e intrusiva. Torna in scaletta l’omaggio alla soul music dell'”Apollo Medley” ovvero il medley tra “The way you do the things you do (The Temptations) + 634-5789 (Wilson Pickett) eseguito da Bruce, dell’E street choir, da Soozie e da Jake Clemons. Tanta anima nera e soul con un Jake scatenato ballerino che fa esplodere il Franchi. Ma è dopo “The Rising” che qualcosa accade..questo intro di piano è lei…”Backstreets” una rarità assoluta che squarcia il cielo e fa sentire la pioggia assolutamente più lieve. Ma è la seconda parte dello show che rimarrà impressa a il popolo di Bruce, non tanto per la scaletta (unica novità una “Seven nights to rock” e una “Who ll stop the rain” dei Creedence finale), ma per la pioggia devastante a secchi e per la assoluta energia di un Bruce che non si tratterrà un secondo dal prenderla tutta, fino all’ultima goccia, noncurante che il giorno dopo lo aspetta un altro live in quel di Trieste. Niente da fare, altro show da tre ore e mezza, l’audience è stremata dalla pioggia, ma Bruce non la manda a casa molto facilmente.Come dice Bruce prima di “Twist and Shout”: “Florence, you’re fucking die hard, but we are die hard too”. Più chiaro di cosi….e ora via a Trieste…reggerà Bruce? Avrà voce e energie? Lo scoprirò a breve. Intanto Firenze è stata magica..
Trieste 11 giugno 2012
Sono al Nereo Rocco e come dicevo poco fa sono molto curioso di vedere quanto l’acqua di ieri influirà sulla performance di Bruce stasera. Le nuvole su Trieste sono minacciose, ma qualche stella qua e la fa ben sperare. Concerto al confine stasera e sono molte le bandiere croate. Il concerto inizia alle 21 passate, dunque di notte e non più all’imbrunire come nelle due date precedenti. “Mandi Trieste” esordisce Bruce…”La volete questa??” E via… il rito inizia come a Firenze con “Badlands” e “No Surrender”. La band gira come al solito, Bruce è in formissima, ogni dubbio sulla sua tenuta fisica dissipato in un istante..la prima sopresa della serata è un cartello a forma di chitarra stelle e striscie che recita la richiesta di “Downbound Train”, Bruce gioca un pò con la finta chitarra prima di posizionare l’originale cartello davanti la telecamera. Un altro brano di “Born in the Usa” dunque in setlist, che conferma quanto questo album sia un punto focale di questo tour. Dopo la sempre commovente “Jack of all trades” ecco che spunta una devastante “Youngstown” con un solo di Nils Lofgren lacinante che ci trascina in una veemente “Murder Incorporated” che ci riporta ai tempi della reunion di Bruce con la E Street Band dopo un periodo di separazione (i due cd di quel periodo “Human Touch” e “Lucky Town” sono al momento assenti dalle setlist di questo tour). A Firenze si mormorava di una presenza sul palco di Patti Smith e si favoleggiava sugli spalti di una “Because the night” assieme, ma il super classico di Bruce e Patti compare qua a Trieste con uno stadio che da il benvenuto al riff di piano iniziale con un boato. Il solo viene lasciato a Little Steven avendo avuto Nils lo spazio in “Youngstown”. Il tutto sempre dopo una “The River” commovente come al solito. La prima parte del set finisce con un’altra entusiasmente doppietta, a una “Thunder Road” cantata da tutto il Nereo Rocco ecco che evocata da un cartello (Rosie for Ma & Pa) è “Rosalita” ad uscire di casa, Bruce e Little Steven sono scatenati, e lo stadio intero bella su questa perla che raramente illumina le set list e ci porta indietro negli anni 70 e a “The wild, the innocent and The E Street Shuffle”. La seconda parte dello show non porta novità sostanziali tranne una fugace apparizione di Elliot Murphy sul palco per “Born to Run”. La festa triestina raggiunge uno dei suoi apici durante “Dancing in the Dark” dove sul palco salgono diverse persone, sia a ballare con Soozie, che con Cindy e con Little Steven, nonchè con Bruce. Una fine di tour scintillante, con una E Street band a pieni giri.
Un rapido calcolo: Tre concerti: piu di 10 ore di musica suonata, quasi 100 brani in scaletta, qualche rarità assoluta, cover bellissime, bagni di folla, commozione imperante, rock, blues, folk, gospel, country e quant’altro…folle stremate, uragani di pioggia, 3 generazioni nell’audience, una travellin people calorosa come non mai…questo tour rimarrà sempre indelebile per chi l’ha vissuto e già si mormora di un ritorno del tour in Italia nel 2013. Ci si sta lavorando ufficialmente.
Bentornato tra noi Bruce e la “booty-shakin’, earth-quakin’, love-makin’, history makin E Street Band!”
Recensione di Fabrizio Fontanelli
Foto di Firenze: Francesco Lucarelli