Lúcia de Carvalho è un’alchimista, una ricercatrice di senso, un’accenditrice di essenze. La sua voce trasmette vibrazioni che guariscono e trasformano; il suo tamburo trasmette la voce degli antenati, invitandoci a riconnetterci con il nostro io più profondo. Voce e ritmi si uniscono al servizio della bellezza: la bellezza che ci abita e la bellezza che ci circonda.
Pwanga (‘Luce’) è il titolo del nuovo album di Lúcia de Carvalho. Proprio come quelle donne, associa la dolcezza alla potenza, il significato all’essenza, la luce alle radici profonde di un albero nato in Africa, i cui rami abbracciano il mondo, i cui fiori appaiono come canzoni.
Abbiamo raggiunto telefonicamente Lùcia, che ci ha parlato del disco e di molto altro: ecco il resoconto della nostra chiacchierata.
Ciao Lùcia e grazie per essere con noi; comincia col raccontarci in poche parole la tua storia personale e professionale.
È difficile farlo in poche parole, diciamo che ho iniziato con la danza quando avevo 16 anni in una band tradizionale brasiliana in Francia, poi per un po’ ne sono stata la cantante finché non ne hanno trovata una ‘ufficiale’, tutto ciò è durato per ben sette anni, dopo di che ho iniziato il mio progetto personale, mi sono esibita per la prima volta da solista nel 2009 e poi..eccoci qui!
C’è un nuovo album in uscita, intitolato Pwanga, giusto? Cosa vuol dire questa parola?
É una parola in lingua Chokwe (una lingua comunemente parlata in Angola, Congo e Zambia) che significa luce e trae origine da un’usanza, quando si scatta una foto con persone che se ne vanno, quindi una foto di addio, il fotografo per far ridere i soggetti domanda “Pwanga Ni Puy?”, che vuol dire “Luce o Tenebre?” al che le persone rispondono Pwanga! Come quando si dice “Cheese”…L’espressione l’ho presa da una mia amica che utilizza questa domanda per far crescere l’autostima nelle persone e farle sorridere..ho trovato questa storia molto bella e ne ho tratto ispirazione per il titolo dell’album.
Ti confesso che la prima cosa che mi ha colpito è stata la copertina dell’album, un’immagine davvero potente, un tuo ritratto circondata, quasi incoronata dai fiori, complimenti per la scelta!
Bè il fotografo Franck Loriou ne sarà contento, grazie!
Forse saprai che in italiano il tuo nome Lucia, deriva dalla parola luce, quindi sembra una sorta di prosecuzione dell’idea originale del titolo…
Sì, sono d’accordo e l’album nasce dal desiderio di mettere luce all’essenza delle cose, mentre col precedente intitolato Kuzola volevo evidenziare le mie origini, le mie radici, la mia identità e quindi dopo questa richiesta di identità lo step successivo è: ok, a parte il fatto che sono nera, che sono angolana, che sono una donna, senza pensare che vivo in Francia, cosa rimane? Quali sono le cose che mi caratterizzano, che mi fanno dire io sono me, che mi fanno capire quanto sono vicina agli altri esseri umani, e arrivare all’essenza delle cose, appunto.
Forse un’altra ragione di questo titolo sta nella situazione nella quale ci troviamo da due anni e la luce di cui parla potrebbe essere quella in fondo al tunnel, che speriamo sia vicina..
Sì, è sorprendente pensare che tutte le canzoni sono state scritte prima della pandemia e si adattano perfettamente a quello che poi è successo, ma l’ispirazione è arrivata prima!
È il momento giusto per far uscire il disco! Ora dicci qualcosa sui musicisti coinvolti nel progetto
Innanzi tutto voglio menzionare il chitarrista Edouard Heilbronn: io scrivo le canzoni, mi occupo della composizione e lui cura gli arrangiamenti, è quello che suggerisce le idee agli altri musicisti, suonando insieme soprattutto all’importante percussionista brasiliano Zé Luis Nascimento, che ha suonato con gente come Mayra Andrade, Cesaria Evora; lui ha proprio grandi idee, ha preso le canzoni e le ha portate molto oltre quello che immaginavamo. Per la traccia di apertura, la canzone Somahaka avevamo bisogno di un’impronta più tipicamente angolana, quindi siamo volati a Lisbona dove abbiamo contattato : il percussionista Galiano Neto e il produttore-chitarrista Betinho Feijo e quando abbiamo suonato insieme abbiamo passato momenti davvero unici. Ovviamente abbiamo anche degli ospiti speciali come il cantante brasiliano Chico César e la cantante Anna Tréa, una cara amica, sai le voci hanno una grande importanza nelle mie canzoni, quindi avevo bisogni di questa voce africana che mi ricordasse gli inni sudafricani, insomma una gran bella squadra! Si tratta di materiale eclettico, in diversi stili e quindi non potevamo utilizzare sempre gli stessi musicisti per poter variare le fragranze, i sapori, anche grazie al lavoro di Jean Lamoot, negli studi Ferver di Parigi dove abbiamo registrato molti brani, mentre altri sono registrati a Lisbona. La cosa particolare è che quando è arrivata la pandemia, mancavano la mia voce e la chitarra, ed è stato un bene, perché l’ho potuto fare a casa, prendendomi tutto il tempo, e così è stato per il chitarrista, fortunatamente il resto era già pronto.
Forse quella è l’unica cosa che ci manca del lockdown, la calma e il tanto tempo a disposizione, la possibilità di fare le cose senza fretta, apprezzando anche i piccoli momenti che avevamo a disposizione a casa.
Certo mi auguro di trovare un equilibrio tra le due situazioni, è bello poter riprendere a fare le cose in modo normale ma sarebbe bello recuperare anche un po’ di quella rilassatezza
Una domanda che sono solito fare agli ospiti di altri paesi: cosa conosci della musica italiana, passata o presente?
Devo confessare che è qualcosa che riguarda il passato, non so se è il caso di cantarla “Lasciatemi cantare….” è divertente! Più seriamente, mi ricordo che mia madre in Angola era solita cantarmi questa canzone quando ero piccola “santa lucia”. Conosco solo canzoni vecchie, tra quelli più recenti ricordo Zucchero, c’è un suo album che ho sentito parecchio quello dove c’è “I’ve Got the Devil in Me”
Ci sono programmi futuri per la presentazione dell’album dal vivo?
Suoneremo principalmente qui in Francia, in alcuni festival e penso di riuscire a essere in Italia all’inizio di Agosto, incrocio le dita sperando che Bianca e il suo management di Tourbillon riusciranno a farmi essere là.
Sarebbe bello, perché anche se l’ascolto delle tue canzoni sul disco è di grande impatto, un tuo spettacolo live darebbe tutto un altro significato ed energia a ciò che hai scritto e cantato.
Adoro esibirmi dal vivo, l’energia e l’emozione della contatto col pubblico che si trasmette di cuore in cuore: cantiamo insieme, balliamo tutti insieme e alla fine dello show facciamo tutti parte di una grande famiglia, e poi dopo tutto questo tempo passato da reclusi abbiamo tanta vitalità da esprimere!
Intervista di Fabrizio Forno